maria elena boschi

FUGA DAL COLLEGIO – MARIAETRURIA BOSCHI COME LA “SORA CAMILLA”: TUTTI LA VOGLIONO NESSUNO SE LA PIGLIA - PER LA COCCA DI RENZI SOLO UN POSTO NEL PROPORZIONALE, TROPPO ALTO IL RISCHIO DI PERDERE NELL’UNINOMINALE – LO STESSO VALE PURE PER GENTILONI: A ROMA IL PD NON HA POSTI SICURI PER IL PREMIER 

 

Goffredo De Marchis per la Repubblica

 

RENZI BOSCHI

Qualcuno dirà che scappa. Qualcun altro che il Pd è costretto a farla scappare, dopo il boomerang della commissione Banche. Il fatto è che Maria Elena Boschi non correrà in un collegio maggioritario. Sarà candidata solo nel listino plurinominale che garantisce l' elezione ed evita il confronto diretto con gli avversari. Niente duelli per la sottosegretaria che gli altri partiti aspettavano al varco per contrapporle un big e dimostrare la sua debolezza. A tredici giorni dal termine per la presentazione delle liste ( 28- 29 gennaio), questo è l' orientamento di Matteo Renzi e dello stato maggiore che lavora con lui alla composizione delle liste.

 

RENZI E BOSCHI

Come è sempre avvenuto, le certezze sulle candidature arriveranno la notte prima dell' ultimo giorno utile. Non manca il tempo per un ripensamento. Ma la pedina Boschi ha già fatto il giro d' Italia sulla piantina dei collegi che hanno in pochissimi. A cominciare dalla Toscana. Arezzo esclusa, Lucca esclusa, si era immaginata una competizione aperta nelle zone di Massa o Grosseto. Ipotesi alla fine cassata.

 

Poi erano spuntati i collegi in Campania, ma il pericolo rimaneva vicino ai livelli di guardia. Alla fine, nessun collegio è sembrato abbastanza al riparo da uno scontro all' ultimo sangue che finirebbe per danneggiare la sottosegretaria e soprattutto il Partito democratico. Molto meglio la ritirata con la garanzia, nella stessa Toscana, di un collegio proporzionale dove la lista è bloccata. In questo modo anche la campagna elettorale della Boschi sarà meno esposta, meno in prima persona.

MARIA ELENA BOSCHI A PORTA A PORTA

 

Se passa la linea sull' ex ministra della Riforme, sarà un nodo in meno da sciogliere. Anche perché, inevitabilmente, ce ne sono altri parecchio intricati. Uno in particolare: la candidatura di Paolo Gentiloni. Il premier e il segretario da alcuni giorni hanno avviato un confronto aperto e senza tensioni su questo punto. Fino a tre settimane fa era certa la corsa del presidente del Consiglio nell' uninominale Roma centro e in alcune circoscrizioni proporzionali.

 

Adesso non è più così. A frenare è proprio Palazzo Chigi. Nella Capitale non ci sono collegi sicuri, una candidatura del premier trasformerebbe quella sfida in un referendum sul governo. E se Gentiloni va sotto? Diventerebbe quasi impossibile tenere a galla l' esecutivo, con il premier azzoppato, in caso di stallo dopo il voto. Sarebbe un guaio grosso anche pensare a un Gentiloni bis come leader di un governo di larghe intese. Verrebbe meno insomma una preziosa carta di riserva.

 

BOSCHI E GENTILONI

Ragionamenti che corrono lungo il filo tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno, attraverso colloqui, sms e mail. Ragionamenti che Renzi condivide ma rispetto ai quali rilancia. Se Gentiloni è «il salvatore della Patria» come fa a non misurarsi con la sfida corpo a corpo e con il consenso personale? Se dev' essere un leader politico in grado di formare un nuovo governo può non passare dal vaglio degli elettori? Il premier ha chiesto quanti ministri faranno l' uninominale, sapendo che molti nicchiano (Minniti e Pinotti per esempio).

 

Renzi ha risposto: non tutti effettivamente. Ma facendo i nomi di Delrio, Franceschini, Orlando, quelli più in vista, sta insistendo per convincere Gentiloni a provarci. La discussione è in corso.

 

giulio santagata 5

Anche il tema delle alleanze non è chiuso. L' accordo con Beatrice Lorenzin è chiuso. La trattativa con Emma Bonino va avanti e Renzi non vuole assolutamente rinunciare ai radicali di + Europa. I dubbi invece crescono sulla lista Insieme di Santagata- Nencini- Bonelli. Qual è l' utilità marginale di un apparentamento con loro, si chiedono i renziani. I voti di Insieme, tolto il valore aggiunto di Pisapia, si sovrappongono esattamente a quelli del Pd. Cioè, glieli tolgono.

 

E in queste elezioni anche qualche decimale potrebbe essere fondamentale per il risultato democratico. Per non dire che se non raggiungono l' 1 per cento, i consensi " ulivisti" finiscono nel cestino e non vanno alla coalizione. Tanto vale dargli qualche collegio uninominale ma senza simbolo. Si ragiona anche su questo.

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