1. FUORIONDA TOTI-GELMINI: "BERLUSCONI NON SA COSA FARE CON RENZI. HA CAPITO CHE ‘STO ABBRACCIO MORTALE CI STA DISTRUGGENDO MA NON SA COME SGANCIARSI. IL CAVALIERE NON CAMMINA, È CON LE STAMPELLE, È ANGOSCIATO PER IL 10 APRILE. UNO DE ‘LA STAMPA’ MI HA DETTO CHE NON GLI DANNO UN CAZZO, NEANCHE GLI ASSISTENTI SOCIALI, GLI DICONO VADA A CASA, STIA LÌ E NON ROMPA I COGLIONI”. LA GELMINI: "SÌ, UN CONSIGLIO PERFETTO" 2. E' PROBABILE OTTERRÀ UN AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI IL PIÙ BLANDO POSSIBILE. NON PERCHÉ SI CHIAMA “BERLUSCONI”, O MEGLIO NON SOLO, MA PERCHÉ IL SUO CASO RIENTRA IN QUEI PARAMETRI DI LEGGE CHE CONSENTONO AI GIUDICI DI NON CALCARE LA MANO 3. GHEDINI: ‘’BERLUSCONI È OSPEDALIZZATO PER DAVVERO E SE ANCHE DOVESSE DURARE A LUNGO IL SUO RICOVERO, OVVERO NON POTESSE PRESENTARSI ALL’UDIENZA DEL 10 APRILE, NON CHIEDEREMO ALCUN RINVIO’’. NEMMENO PER LA CAMPAGNA ELETTORALE? “MA QUELLA POTRÀ FARLA COMUNQUE E SE CE LO IMPEDIRANNO LA FAREMO SU QUESTO’’

1. FUORIONDA TOTI-GELMINI: ''BERLUSCONI NON SA COSA FARE CON RENZI''
Roberta Rei - http://video.repubblica.it/dossier/governo-renzi/in-imbarazzo-su-berlusconi-renzi-chiama-la-pubblicita/161603/160095?ref=vd-auto

''Berlusconi non sa cosa fare con Renzi. Perché ha capito che ‘sto abbraccio mortale ci sta distruggendo ma non sa come sganciarsi. Il Cavaliere non cammina, è con le stampelle, è angosciato per il 10. Uno de La Stampa di Torino mi ha detto che non gli danno un cazzo, neanche gli assistenti sociali, gli dicono vada a casa, stia lì e non rompa i coglioni. Sì, un consiglio perfetto''
Così Mariastella Gelmini e Giovanni Toti di Forza Italia durante una conferenza stampa con i consiglieri comunali e di zona a Palazzo Marino a Milano

2. IL TORMENTATO ADDIO DI BERLUSCONI - DUE NOTTI AL SAN RAFFAELE PER IL MALE AL GINOCCHIO, FRUSTRATO E DEPRESSO IN ATTESA DELLA DECISIONE SULLA LIBERTÀ
Ugo Magri per La Stampa

Berlusconi al San Raffaele, con l'artrosi al ginocchio, è per i suoi nemici una cruda metafora: il Cavaliere azzoppato, politicamente «out». L'arto davvero gli duole, tanto che il professor Zangrillo l'ha costretto a rinviare gli impegni politici del weekend, compresa una riunione strategica di partito dove si sarebbe discusso il da farsi sulle elezioni, su Renzi, sulle riforme... Il summit è saltato, così pure la puntata lunedì in Piemonte per sostenere Pichetto.

Aggiungono tuttavia, nel giro di Arcore, che il malanno fisico è il meno (oggi sarà dimesso). Preoccupa lo stato di prostrazione psichica. La frustrazione tanto più si aggrava quanto più incombe l'udienza davanti al tribunale di Sorveglianza, tra cinque giorni a Milano. In parole povere, spiegano dalle sue parti, Berlusconi sta «somatizzando», come quando si era ammalato alla vista prima di una comparsa in Tribunale.

L'umiliazione provata nel colloquio con Napolitano, il senso di rabbia davanti alla pena da scontare, l'alzata di spalle con cui il resto del pianeta accompagna i suoi tormenti, tutto ciò si riverbera sulla salute in un circolo vizioso che a sua volta acquista valenza politica.
Già, perché la pena al ginocchio fa saltare una serie di interviste tivù destinate, nelle intenzioni, a contrastare lo strapotere mediatico del premier.

Dovevano suonare la diana della riscossa, ma Berlusconi le ha rinviate a tempi migliori (e pure qui ci vede qualcuno la prova dello scoramento, perché in altri momenti Silvio le avrebbe fatte pure con le stampelle). Altri sostengono che l'uomo tace perché glielo impongono i suoi avvocati: se potesse sfogarsi, altro che affidamento in prova: lo rinchiuderebbero e butterebbero via la chiave...

Si profila un lungo addio. Scontati 10 mesi e 15 giorni di condanna, con l'obbligo comunque vada di tenere una certa misura nei comportamenti pubblici, ecco l'altro tunnel ancora più lungo e oscuro, il processo Ruby. Silenzioso o silenziato, Berlusconi si sente inerme davanti a sondaggi che registrano per il suo partito un calo costante di circa un punto a settimana (alle Europee mancano 50 giorni), oltre 3 milioni di voti che a questo ritmo scivoleranno verso Renzi, ma pure verso la Lega, verso Alfano e i Fratelli d'Italia. I partitini, che dovevano essere sbranati, hanno già in mano coltello e forchetta.

I figli non sono la carta di riserva: dai soliti sondaggi emerge che Barbara, la più giovane e vogliosa di battersi, poco convince; laddove Marina, decisamente più popolare, vede la politica come fumo negli occhi. Incombe sul partito un senso di disfatta che, invece di generare coesione, finisce per esacerbare i conflitti con singolari inversioni di ruolo. «Super-falchi» come Verdini e Santanché sono diventati colombe, e predicano moderazione nei confronti di Renzi, spirito costruttivo sulle riforme, laddove il gruppo forzista in senato rumoreggia e Brunetta spara contro il premier a palle incatenate (ieri gli ha gridato «buffone!»).

Sempre più difficile il compito di Toti, il consigliere politico che grazie al suo buon carattere è l'unico in grado di varcare indenne il «cerchio magico» e di invogliare il Cavaliere ai ragionamenti sulla politica. Ieri è stato ore al San Raffaele, e ne sono scaturiti alcuni progetti di politica europea buoni per la campagna elettorale. Il più efficace si richiama alla Thatcher, che pretese indietro il surplus che la Gran Bretagna versava all'Europa: e l'Italia, che nei prossimi 5 anni verserà 100 miliardi di euro per riaverne 72, potrebbe battere i pugni come la Lady di ferro.

E se le comunicazioni col leader dovessero per qualche ragione spezzarsi? Chi reggerebbe il timone? C'è l'ufficio di presidenza appena nominato, è prima la risposta che si raccoglie. La seconda: servirà in quel drammatico caso un comitato ristretto di transizione.

2. MA LA TATTICA DILATORIA SUL RICOVERO PROLUNGATO ORA NON GLI CONVIENE - IN PROCURA SI VIVE SENZA ANSIA LA PROSSIMA UDIENZA
Paolo Colonnello per La Stampa

«Ma di cosa stiamo parlando? Un imputato di 78 anni, senza precedenti, che ha risarcito il danno e deve scontare una pena residua di un anno per frode fiscale. Secondo voi quale tribunale potrebbe decidere misure draconiane? Nessuno».

Negli ambienti di palazzo di giustizia la data del 10 aprile è vissuta con molta meno ansia di quanto si legge in giro. I giudici del tribunale di sorveglianza, davanti a cui Silvio Berlusconi dovrà presentarsi per l'udienza che dovrà decidere il suo affidamento ai servizi sociali oppure agli arresti domiciliari, pur senza dirlo lo fanno capire chiaramente: per l'ex Cav. non ci saranno particolari durezze nelle misure di affidamento.

Anzi. Prima si risolve il problema e meglio sarà per tutti. E pare di capire ne siano consapevoli anche i suoi legali. «Non chiederemo nessun rinvio» taglia corto Niccolò Ghedini che giura di non aver in mente nessuna strategia alternativa. «Tanto, comunque decidono i giudici». Certo il ricovero dell'altra sera al San Raffaele di Berlusconi per un'artrosi al ginocchio con relativo rigonfiamento, ha fatto subito sorgere sospetti di tattica dilatoria.

Un po' come era sembrata la storia dell'uveite durante il processo Ruby, l'infiammazione agli occhi che aveva fatto chiedere rinvii per legittimo impedimento. Solo che questa volta non sono i tempi lunghi a giocare a favore del leader di Forza Italia, semmai, il contrario. L'interesse di Berlusconi è infatti quello di far decidere il più un fretta possibile ai giudici quale sarà il suo destino per i mesi a venire, 9 mesi per l'esattezza, tanto dovrebbe durare la sua pena, compresi i 90 giorni di sconto per i benefici di legge, dovuti a tutti i "definitivi".

Così Ghedini è netto anche questa volta: «Berlusconi è ospedalizzato per davvero e se anche dovesse durare a lungo il suo ricovero, ovvero non potesse presentarsi all'udienza del 10 aprile, non chiederemo alcun rinvio. Non abbiamo nessuna ragione». Nemmeno per la campagna elettorale? «Ma quella potrà farla comunque e se ce lo impediranno la faremo su questo». Più chiaro di così...

Riassumendo: l'ex Cavaliere è davvero dolorante, necessita di cure e riposo, potrebbe anche non presentarsi all'udienza del tribunale di sorveglianza (e i giudici sarebbero prontissimi a concedergli un rinvio) ma questo non cambierebbe i termini della questione. E cioè che con tutta probabilità otterrà un affidamento ai servizi sociali il più blando possibile. Non perché si chiama "Berlusconi", o meglio non solo, ma perché il suo caso rientra in quei parametri di legge che consentono ai giudici di non calcare la mano.

C'è poi un altro motivo, non secondario, che guida la decisione degli avvocati di Silvio: l'appello del processo Ruby, fissato in giugno. Se per malaugurata sorte, a fronte di un'ipotetica richiesta di rinvio, la nuova udienza (trattandosi di un imputato non detenuto e senza particolari problemi) del tribunale di sorveglianza venisse fissata, per esempio, a luglio, allora sì che sarebbero guai.

Perché nel frattempo potrebbe essere intervenuta la conferma della condanna in appello per concussione e prostituzione minorile che, anche se scontata (concussione per induzione anziché costrizione) inizierebbe a creare un "cumulo" di pena imbarazzante anche per gli stessi giudici di sorveglianza. I quali, per effetto della famigerata ex Cirielli che punisce i recidivi, a quel punto non avrebbero più davanti un imputato fino a quel momento incensurato ma un futuro detenuto con un nuova condanna sulle spalle e altre in predicato (Napoli, ad esempio, ma anche il Ruby ter che lo vede indagato per corruzione in atti giudiziari).

E allora, addio servizi sociali. Inevitabilmente verrebbe presa in considerazione l'ipotesi di arresti domiciliari venendosi così a concretizzare l'incubo di questi giorni di Berlusconi. Insomma, meglio un assistente sociale oggi che una prigione, anche se dorata, domani.

 

 

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