meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - GENERALI, MEDIOBANCA, MPS, BPM: NESSUN GOVERNO HA MAI AVUTO UN POTERE SIMILE SUL SISTEMA FINANZIARIO ITALIANO - MA LA VITTORIA DI OGGI DEI CALTA-MELONI PUÒ FACILMENTE DIVENTARE LA SCONFITTA DI DOMANI: “SENZA UN AZIONARIATO DI CONTROLLO STABILE IN GENERALI, NON BASTERÀ LA SBILENCA CONQUISTA DI MEDIOBANCA PER METTERE AL SICURO LA GESTIONE DEL RICCO RISPARMIO ITALIANO (800 MLD) CHE TUTTI VORREBBERO RAZZIARE” - L’ULTIMA, DISPERATA, SPERANZA DI NAGEL GIACE TRA I FALDONI DELLA PROCURA DI MILANO PER L'INCHIESTA SULLA TORBIDA VENDITA DEL 15% DI MPS DA PARTE DEL MEF A CALTA-MILLERI-BPM – UNA SGRADITA SORPRESA POTREBBE ARRIVARE DAGLI 8 EREDI DEL VECCHIO CHE SPINGONO IL LORO MANAGER MILLERI AD OCCUPARSI DEGLI OCCHIALI ABBANDONANDO GLI INVESTIMENTI FINANZIARI AL GUINZAGLIO DELL’82ENNE CALTARICCONE - PIAZZA AFFARI? SI È FATTA GLI AFFARI SUOI: METTERSI CONTRO PALAZZO CHIGI PUÒ NUOCERE ALLA SALUTE DI UNICREDIT, BENETTON, MEDIOLANUM, FERRERO, LUCCHINI, UNIPOL, ENTI PREVIDENZIALI, ETC. – L’ERRORE DI NAGEL E GLI ''ORRORI'' DI DONNET: DA NATIXIS AL NO ALLO SCAMBIO DELLA QUOTA MEDIOBANCA CON BANCA GENERALI…

alberto nagel

DAGOREPORT

E’ finita così: con la bocciatura del piano di Alberto Nagel di acquisire Banca Generali distribuendo ai soci il 13,1% che Mediobanca detiene nelle Generali, la vittoria dell’Armata CaltaMeloni sfonda le porte del controllo di tre delle principali istituzioni finanziarie italiane: Generali, Mediobanca e Mps.

 

Con la benedizione “Furbi et Orbi” della Statista della Garbatella (“La nascita del terzo polo bancario potrà avere un ruolo importante nella messa in sicurezza dei risparmi degli italiani”), “nessun esecutivo ha mai avuto una presa simile sul sistema finanziario italiano: 100 miliardi ciascuna sono in pancia a Mediobanca e Banca Generali, 850 miliardi malcontati nel Gruppo Assicurazioni Generali. Fa mille miliardi che potrebbero salire di altri 200 se al “terzo polo” si aggiungesse Banco Bpm con la sua Anima sgr”, secondo il calcolo di Marco Palombi sul “Fatto quotidiano”).

Lovaglio, Nagel, Caltagirone, Milleri

 

L’ultima, e disperata, speranza di Nagel giace tra i faldoni della Procura di Milano, dove i magistrati indagano da mesi sulla torbida vendita, overnight e praticamente senza gara, del 15% di Mps da parte del Mef di Giorgetti alla compagnia Calta-Milleri-Bpm-Anima sgr.

 

La sentenza potrebbe azzerare il “golpe” dell’Armata CaltaMeloni oppure archiviare l'inammissibile vendita della quota del ministero di Via XX Settembre, e dovrebbe essere resa nota dalla Procura diretta da Marcello Viola entro l’8 settembre, data in cui l’Ops di Siena prenderà il potere effettivo su Mediobanca, spalancando così la via per espugnare il Leone di Trieste.

 

giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera

Ma si sa che nulla è più incerto di ciò che può accadere nel palazzo della Procura di Milano (vedi come sono finiti i casi del figlio di La Russa, di Equalize, di Lacerenza-Gintoneria, di Manfredi Catella e compagni).

 

Nella più assurda e irresponsabile latitanza delle forze di opposizione (da Elly Schlein a Conte), stiamo assistendo così a un fatto epocale: il governo Meloni ha scardinato il rapporto banche e politica, estromettendo di fatto il Mercato economico-finanziario, ridotto oggi al ruolo di remissiva ancella del potere dell’esecutivo.

 

MARCELLO VIOLA IN TRIBUNA A TIFARE INTER CON BEPPE MAROTTA E JAVIER ZANETTI

La “convergenza di interessi” dell’82enne imprenditore-editore romano Francesco Gaetano Caltagirone, con il Ceo dell’impero Delfin della famiglia Del Vecchio al guinzaglio, Francesco Milleri, con i Fratellini d’Italia, non appartiene al gossip malevolo: l’ha espresso ben virgolettato il deputato alla fiamma, Marco Osnato, presidente della commissione finanze, pappagallo di Fazzolari, sulle colonne del “Foglio”: “Basta con i banchieri del Pd. Unicredit e Mediobanca non hanno fatto l'interesse nazionale. il governo deve intervenire”.  

luigi lovaglio giancarlo giorgetti andrea orcel

 

 

 

 

 

Il problemuccio poi di non possedere i requisiti dettati dalla vigilanza della Bce per la governance di una banca è stato presto risolto dal trio Calta-Milleri-Governo con sonoro un fischio in direzione di Siena, ed è arrivato, con le porte spalancate, il taxi della banca guidata da Francesco Lovaglio, di cui il ministero di Giorgetti mantiene ancora una manona sull’istituto di Rocca Salimbeni, con una quota dell’11% a mo’ di presidio per dar vita al fatidico terzo polo bancario, dopo Intesa e Unicredit.

 

SHARON STONE ALESSANDRO BENETTON

E l’antico e venerabile “salotto buono” milanese di Piazza Affari, un dì così orgoglioso della propria autonomia e tanto sprezzante della romanella della politica (dal rigetto del parvenu Silvio Berlusconi all’emarginazione di Leonardo Del Vecchio), che fine ha fatto?

 

Capito come tira il vento, Piazza Affari si è fatta gli affari suoi: mettersi contro l’autoritarismo che alloggia da tre anni a Palazzo Chigi può nuocere alla salute di Unicredit, Intesa, Benetton, Mediolanum, Ferrero, Lucchini, Unipol, fondi istituzionali, enti previdenziali, etc; meglio vendere le azioni di Mediobanca o astenersi.

 

ANDREA ORCEL CARLO MESSINA

Dunque: salvo un colpo di reni della Procura milanese, la strada è asfaltata per intronizzare i Fratellini dell’ex palazzinaro romano al vertice di Assicurazioni Generali, il mitico “Forziere d’Italia”.

 

Anche se sotto il Duomo si accavallano le voci che scommettono sugli umori sempre più negativi che serpeggiano all’interno della folta famiglia degli eredi Del Vecchio (6 figli, più la vedova Nicoletta Zampillo e il di lei figlio Rocco Basilico), proprietari della holding lussemburghese Delfin, grande partner nelle scalate di Caltagirone, che da mesi spingono il loro Ceo Milleri ad occuparsi del core business degli occhiali abbandonando gli invesimenti finanziari al guinzaglio del boss romano del calcestruzzo.

MELONI E MATTARELLA CON FAZZOLARI, TAJANI, GIORGETTI, FITTO E ZAMPETTI

 

Lo scorso luglio l’assemblea di Luxottica a Parigi si è rivelato un inferno per il manager Milleri: almeno la metà degli otto eredi gli ha fatto seccamente presente che se ne fottono delle acquisizioni finanziarie, chiedendo di vendere le partecipazioni in Mps, Mediobanca e Generali: in attesa che si trovi una quadra sul testamento del fondatore di Luxottica, scomparso ormai da tre anni, vogliono soldi, soldi, soldi.

famiglia del vecchio

 

 

 

 

 

Alla fine, l’approvazione del bilancio è avvenuta solo grazie all’intervento della vedova Del Vecchio, e dall’impasse del quattro a quattro si è passati a un risolutivo cinque a tre, dietro promessa di Milleri di farli, dopo il takeover di Mediobanca, ricchi e felici.

leonardo maria del vecchio con la madre nicoletta zampillo 5

 

Di sopportare un altro anno di via crucis con i turbolenti e litigiosi discendenti del patriarca di Agordo alle calcagna, Milleri non ne ha nessuna voglia: quindi, una volta portato a termine la conquista di Mediobanca, il manager dovrebbe mantenere la promessa parigina e distribuire agli otto le loro quote di Mediobanca, che, nel frattempo con il concambio, sono diventate azioni di Mps.

 

Tre eredi vogliono assolutamente vendere mentre la vedova Nicoletta sarebbe indecisa ancora sul da farsi. Insomma, gli analisti prevedono che un 10% almeno di quote Delfin finirà sul mercato: chi sarà l’acquirente sarà divertente scoprirlo.

 

Va anche detto che una parte della caduta del fu “salotto buono” milanese ricade sulle spalle del Ceo di Generali, Philippe Donnet, che non solo si è inventato, a un mese dal rinnovo della sua poltrona, un accordo per la gestione di gran parte dei ricavi delle polizze con i francesi di Natixis, dando fiato alla propaganda della Compagnia CaltaMeloni di ‘’mettere a rischio il risparmio degli italiani’.

PHILIPPE DONNET ALBERTO NAGEL

 

Il buon ''polizzaro'' italo-francese di Trieste nel contempo ha sempre rifiutato lo scambio proposto da Nagel della quota di Generali di Mediobanca con Banca Generali, quando da anni era chiaro che rappresentava la preda più facile per chi avesse voluto dare l’assalto alle Generali.

 

Se gli ottimi dividendi di Banca Generali facevano gola ai conti di Donnet, allora si domandano i più maligni perché Nagel non abbia venduto nel corso del tempo la quota di Generali a una istituzione amica. Certo, negli affari, non esistono amici; secondo, quel 13% voleva dire potere per piazzetta Cuccia.

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET

 

‘’Un errore di Nagel è stato senza dubbio avallare l’operazione Generali-Natixis, che ha dato ai suoi avversari un’arma formidabile per alzare il livello dello scontro”, aggiunge Gianluca Paolucci su “La Stampa”.

 

E continua: “il vecchio Antoine Bernheim accusava Mediobanca di gestire le Generali come cosa propria, di fatto frenandone lo sviluppo e la crescita. (Bernheim utilizzava una metafora piuttosto cruda, definendo Mediobanca in un libro mai tradotto in italiano “il pappone delle Generali”)’’.  

 

FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO

Dopo l’8 settembre, data fatidica, Il piano dell’esecutivo Meloni di ridisegnare gli equilibri della finanza italiana si sposterà sulla scelta del nuovo vertice di Mediobanca: deciderà Lovaglio, il governo o Caltariccone oppure tutti insieme appassionatamente? Quello che è certo è che il baffuto risanatore di Mps (con i soldi di Stato) gli azionisti di maggioranza della banca senese - Calta, Milleri, Giorgetti -, lo sbolognano quando vogliono. Del futuro di Generali, invece, se ne occuperanno all’assemblea del gruppo nella primavera del prossimo anno.

 

“Per stabilizzare il controllo nazionale su Generali – ed evitare pericolose guerricciole finanziarie – c’è bisogno che nel capitale del gruppo entrino i grandi player italiani, a partire da Banca Intesa e magari pure Unicredit, che ha fatto sapere di voler vendere il suo 6,8%”, avvisa Marco Palombi sul “Fatto”.  

marco osnato giorgia meloni

 

E sottolinea: “Senza un azionariato di controllo stabile in Generali (e in realtà anche in Montepaschi) la vittoria di oggi può facilmente diventare la sconfitta di domani: la gestione del ricco risparmio italiano (ed europeo) è il “parco buoi” che tutti vorrebbero razziare, non basterà la sbilenca conquista di Mediobanca per metterlo al sicuro’’. 

RENATO PAGLIARO ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL - FRANCESCO SAVERIO VINCI - LORENZO BASSANI - GIAN LUCA SICHEL giovanbattista fazzolari giorgia meloni - foto lapressemarco osnato

giovambattista fazzolari - francesco gaetano caltagironeFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI francesco gaetano caltagirone l urlo di munch - fotomontaggio lettera43

 

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