salvini giorgetti

GIORGETTI NON FA I PIANI PERFETTI - IL SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA NON SOPPORTA PIÙ I PENTASTELLATI E SOGNA IL POSTO DA COMMISSARIO EUROPEO. DA MESI SUGGERISCE DI STACCARE LA SPINA AL GOVERNO, E IL CASO SIRI È UN PUNTO DI NON RITORNO: SE BASTA UN AVVISO DI GARANZIA PER CACCIARE UN MEMBRO DEL GOVERNO, IL RISCHIO POLITICO È ALTISSIMO

 

 

 

Adalberto Signore per “Il Giornale

 

«Se non cambia qualcosa, io mi chiamo fuori».

È mercoledì mattina e al primo piano di Palazzo Chigi uno sconfortato Giancarlo Giorgetti sembra sempre più convinto che l' esperienza di governo M5s-Lega sia ormai arrivata al capolinea.

salvini giorgetti

 

Da mesi il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio suggerisce a Matteo Salvini di staccare la spina, certo che la parabola dell' esecutivo guidato da Giuseppe Conte sia ormai irreversibilmente discendente. E le ultime settimane di guerriglia continua con Luigi Di Maio non hanno fatto che rafforzare queste convinzioni.

 

D' altra parte - racconta chi ha avuto occasione di incontrare Giorgetti nella lunga riunione che mercoledì ha preceduto il Consiglio dei ministri - è evidente che la scelta del M5s di cavalcare una nuova «questione morale» a danno proprio della Lega certifica una distanza sempre più siderale tra i due azionisti di governo.

 

Perché, in nome di un po' di propaganda e di qualche punto percentuale in più, è il senso dei ragionamenti che si fanno ai piani alti del Carroccio, i presunti alleati non hanno esitato a pretendere e ottenere la testa del sottosegretario Armando Siri. Una sorta di punto di non ritorno, perché è evidente che da ora in poi sarà sufficiente un avviso di garanzia per dimissionare chiunque. Una situazione difficilmente sostenibile, sia dal punto di vista politico che sotto il profilo umano. Ecco perché, con un tono più sconfortato che ultimativo, Giorgetti avrebbe ribadito di non poterne davvero più.

salvini di maio

 

Al punto, questo raccontano i rumors di Palazzo Chigi, che starebbe ragionando seriamente su un incarico in Europa. Dopo le elezioni del 26 maggio, infatti, si ridisegneranno i nuovi equilibri sia all' interno del Parlamento di Strasburgo che della Commissione Ue. Ed è proprio al ruolo di commissario che aspirerebbe Giorgetti. D' altra parte, nel risiko delle nomine in questi quasi dodici mesi di governo, M5s e Lega si sono equamente divisi tutte le poltrone in gioco.

 

siri salvini

E quella di commissario Ue è sempre stata considerata in quota Carroccio. Soprattutto dopo che a marzo Di Maio ha vinto il braccio di ferro sulla presidenza dell' Inps, dove è andato Pasquale Tridico, professore di Economia del lavoro, ex consigliere del leader grillino nonché «padre» del reddito di cittadinanza. Fino a qualche mese fa, però, in pole position per l' incarico di commissario Ue c' era il governatore del Veneto Luca Zaia. Anche perché, dicono i maligni, in Lega è l' unico vero rivale interno di Salvini e mandarlo a Bruxelles poteva essere un modo per allontanarlo dalle vicende italiane.

 

Da qualche tempo, però, il ministro dell' Interno non ha più fatto riferimento all' eventualità che l' Italia possa rivendicare in Europa la responsabilità dell' Agricoltura (poltrona perfetta per l' ex ministro Zaia), ma si è trovato a dire che il nostro Paese dovrebbe puntare ad ottenere un commissario all' Economia o al Commercio. E in molti in Lega hanno pensato proprio a Giorgetti, che ormai da tempo non fa mistero dei suoi mal di pancia. Una partita che si giocherà di qui a neanche due mesi, visto che dopo le Europee del 26 maggio l' indicazione dei commissari Ue - che spetta ai governi nazionali - potrebbe avvenire già prima del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno.

 

pasquale tridico

Che si tratti di un' effettiva tentazione o solo di una suggestione, il solo fatto che nei corridoi di Palazzo Chigi si parli apertamente di un Giorgetti in uscita ha messo in grande agitazione il M5s.

«Non sarebbe altro che la conferma - dicono allarmati - di una Lega ormai decisa a disimpegnarsi dal governo».

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…