giovanni orsina giuseppe conte enrico letta matteo salvini giorgia meloni

“LETTA HA TROVATO UNA STRATEGIA CHE RITENGO GENIALE: RESTARE IMMOBILE, NELLA CONVINZIONE CHE SARANNO GLI ALTRI A FARSI MALE” – IL PROFESSOR GIOVANNI ORSINA COMMENTA LO STATO COMATOSO DELLA POLITICA ITALIANA: “NESSUNO È IN SALUTE. E NON LO È AFFATTO IL CENTRODESTRA, DIVISO DA FRATTURE PROGRAMMATICHE REALI, IN PARTICOLARE PER QUEL CHE RIGUARDA LA POLITICA INTERNAZIONALE. E POI C'È UN GROSSO PROBLEMA DI LEADERSHIP E LEGITTIMAZIONE” – “IL MOVIMENTO CINQUE STELLE NON HA PIÙ UN'IDENTITÀ, DI FATTO NON ESISTE PIÙ…”

Fabio Dragoni per “La Verità”

 

giovanni orsina foto di bacco (2)

Professore, indipendentemente da come sono finiti i ballottaggi delle amministrative, una domanda devo farla. Hanno perso tutti?

«Qualcuno è uscito un po' meglio degli altri. Tutto sommato, hanno tenuto sia il Pd sia un'alleanza di centrodestra dentro la quale sta diventando sempre più forte Giorgia Meloni. In una situazione come questa, già tenere è un risultato rilevante. Dopodiché, è vero che la situazione politica è talmente sfrangiata, frammentata e disciolta che è veramente difficile capire chi possa approfittarsene».

 

matteo salvini federico sboarina giorgia meloni luca zaia

Gli studiosi di politica, come appunto lei, Professor Giovanni Orsina, dicono sempre che in politica non esiste il vuoto. E se ci fosse lo riempirebbe qualcuno. In questo caso il vuoto c'è?

«In questo momento c'è un vuoto immenso. La destrutturazione del sistema politico è drammatica. Pensiamo alla crisi del Movimento 5 stelle: un partito che solo quattro anni fa ha preso il 32% dei voti e che sostanzialmente si è dissolto. E non si riesce neanche fino in fondo a capire dove siano finiti tutti quei voti.

 

Lì si è aperta una voragine: i voti di protesta che non si collocano a destra e non guardano più al grillismo. Al centro, invece, più che un vuoto c'è un eccesso di pieno. L'area vale forse fra il 10 e il 15%, ma se la dividi fra cinque o sei partiti perde di rilevanza. Insomma: vuoto politico, caos, frammentazione, mancanza di entusiasmo e di forze che siano in grado di catalizzare l'interesse degli elettori. Il risultato ovvio di tutto questo è l'astensione».

 

conte letta

Se il centrodestra ha tenuto quindi è in salute?

«No. Nessuno è in salute nella politica italiana odierna. E non lo è affatto il centrodestra. Innanzitutto, è diviso da alcune fratture programmatiche reali, in particolare per quel che riguarda la politica internazionale. Se si parla di Europa la divisione netta è fra Lega e Fratelli d'Italia da una parte e Forza Italia dall'altra. Se si parla di Atlantico e Nato, Fratelli d'Italia da una parte, la Lega più dall'altra e Forza Italia non si capisce bene dove. E poi c'è un grosso problema di leadership e legittimazione».

 

Mi strappa la domanda che avevo in serbo ora. Ha senso lo schema di gioco classico del centro destra? Tutti uniti ma divisi. Chi prende un voto in più propone il premier. Quasi sempre il leader di quel partito.

di maio conte

«Lo schema secondo cui chi prende un voto in più decide il premier è grossolano. Ma dipende anche dal nostro demenziale sistema elettorale: se hai un uninominale nel quale tutti devono convergere e un proporzionale nel quale tutti si devono dividere, non puoi che ottenere il caos. E questa osservazione vale anche per il cosiddetto Mattarellum. Non puoi dare alle forze politiche incentivi divergenti, la maionese impazzisce.

 

Nel mondo ideale, una sorta di schema-Ulivo avrebbe senso anche per il centrodestra: un'alleanza che decide in anticipo chi sarà il premier. Nel mondo reale è un'ipotesi che non ha nessunissima possibilità di materializzarsi. Resta comunque il problema di un'alleanza il cui baricentro elettorale è molto spostato sulla destra. Piaccia o non piaccia, il tema della legittimazione a livello europeo in Italia ha un peso».

luigi di maio giuseppe conte meme by carli

 

Professore, esiste una spiegazione vagamente razionale dello psicodramma M5s? Di Maio lascia il movimento per rafforzare il governo ma senza che questo abbia di fatto tolto la fiducia a Draghi.

«Si può spiegare razionalmente l'irrazionalità. La cosa in sé è del tutto priva di logica politica: in genere i partiti si spaccano perché su un tema politico cruciale si prendono delle decisioni divergenti.

 

Penso alla scissione di Alfano. Alla fine del 2013 Berlusconi voleva togliere la fiducia al governo Letta. Alfano no. Che su una scelta di questo tipo il partito si spacchi, è comprensibile. Ma se il partito vota compatto, che senso ha che si divida? Dopodiché, questa follia può essere spiegata. Il M5s non ha più un "ubi consistam".

 

Non ha più un'identità, di fatto non esiste più. Nasce come un grande collettore di insoddisfazione e, in positivo, si propone di incanalare la rabbia in un progetto di amministrazione del Paese grazie alla democrazia diretta.

GIOVANNI ORSINA

 

Oggi, dopo quattro anni di governo, non può più pretendere di rappresentare la protesta, mentre l'esperimento di democrazia diretta è miseramente fallito - come era logico aspettarsi. Il fallimento del progetto ha aperto la via alle derive più assurde, come, appunto, quella di una scissione priva di sostanza politica».

 

Ne discende che il Pd sta cinicamente aspettando quindi che il Movimento 5 stelle si spenga da solo, di morte naturale. Così non deve scegliere fra Conte e Calenda.

«Appena eletto segretario, Letta ha provato ad agitarsi un po' con proposte tipo il voto ai sedicenni. Dopodiché ha trovato una strategia che ritengo geniale: non fare assolutamente niente. Restare immobile, nella convinzione (fondata) che tanto saranno gli altri a farsi male da sé».

matteo salvini giorgia meloni federico sboarina

 

Il famoso semaforo di cui parlava Prodi interpretato da Guzzanti.

«Esattamente. Non dimentichiamoci che Letta è succeduto a Zingaretti che un anno e mezzo fa - non due secoli - diceva che del suo partito si vergognava. La strategia di Letta ha funzionato a meraviglia. Si pensi alla rielezione di Sergio Mattarella: gli è caduta in grembo.

 

Con l'avvicinarsi delle elezioni, tuttavia, qualcosa il Pd dovrà pur fare. Soprattutto se alla fine il centrodestra si presenta unito. Alla fine, bisognerà pur capire questo "campo largo" Letta con chi lo fa. Rischia di dover imbarcare una miriade di micropartiti o quasi».

Emmanuel Macron Marine Le Pen

 

L'astensione è a livelli record. Ma l'elettore piddino, a differenza di quello di destra, non si astiene mai. Va sempre a votare. Concorda?

«Assolutamente sì. L'elettorato del partito democratico è fatto di votanti soddisfatti, benestanti, che vivono nei centri urbani e hanno un reddito stabile. È un elettorato tecnicamente "conservatore" perché l'ordine delle cose gli va bene così com' è.

 

Gli scontenti invece, quelli che vorrebbero cambiare le cose, stanno più a destra. Ma il cambiamento è complicatissimo da ottenere. E quindi quegli elettori sono più propensi ad astenersi. Poi, più in generale, da sempre gli elettori di sinistra sono più militanti di quelli di destra».

 

jean luc melenchon emmanuel macron

Professore, si aspettava la debacle di Macron a poche settimane dalla rielezione? E che spiegazione si dà, se del caso?

«Non mi ha sorpreso. Macron è stato rieletto presidente con un ampio margine, ma al primo turno aveva comunque preso il 27% dei consensi: poco più di un quarto dei voti validi, e con un'astensione altissima.

 

E poi da tempo la Le Pen ha intrapreso con successo la via della "dediabolisation", della rilegittimazione. Consideri poi che si votava in tanti collegi, non in un unico collegio nazionale, e al ballottaggio c'erano tante possibili combinazioni: Le Pen contro Macron, Mélenchon contro Macron, Le Pen contro Mélenchon. La strategia del fronte repubblicano contro un nemico comune non poteva più funzionare».

 

giuseppe conte enrico letta

Una volta lei, professore, ha detto: «Davo per scontato che la pandemia finisse. Tutto non sarebbe tornato come prima. Ma quasi. Con la guerra no». Che succede alla politica italiana con la guerra?

«La pandemia è stata un trauma profondo. Nessuno lo nega. Inaspettata per molti. Non eravamo abituati a tutto ciò. Ma ho sempre avuto la ragionevole convinzione che saremmo tornati prima o poi alla normalità. Non ho mai creduto a chi riteneva che tutto sarebbe cambiato.

 

salvini meloni

Per non parlare di chi diceva che ne saremmo usciti migliori. Ma figuriamoci. Strascichi importanti ma gestibili. Credo invece che la guerra porti con sé una svolta veramente storica. L'invasione della Russia è un vero "game changer".

 

Dovremo abituarci ad un mondo nel quale le relazioni internazionali saranno molto più dure. Ci saranno molte più pressioni sugli stati nazionali. Presto per prefigurare in quale direzione. Ma temo che così sarà».

 

Rimaniamo in campo internazionale. Parliamo di America. A novembre ci saranno le cosiddette elezioni di midterm. Si rinnova la Camera e un terzo del Senato come ogni due anni. È probabile che vinceranno i repubblicani. Che succederà poi?

«Guerra a parte, cerco sempre di evitare i catastrofismi. E i fatti sembrano darmi ragione: abbiamo digerito quattro anni di Trump; e dopo Brexit, mi sembra che la Gran Bretagna sia ancora lì.

PUTIN BIDEN

 

Certo, le elezioni di midterm non si presentano per niente facili per Biden, il cui gradimento rimane basso. Ma in Usa, basta vedere la sentenza della Corte Suprema, esiste una dialettica fra destra e sinistra. Qualche volta vince l'una, qualche volta l'altra. Se ogni volta vediamo e viviamo la possibile vittoria di una parte come l'anticamera dell'Apocalisse, non credo che stiamo facendo il bene della democrazia».

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI VLADIMIR PUTIN JOE BIDEN - ILLUSTRAZIONE TPIGIORGIA MELONI E MATTEO SALVINIemmanuel macron voto per le elezioni legislative matteo salvini giorgia meloni

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....