
GIULI VS BORGONZONI: CHI COMANDA AL MINISTERO DELLA CULTURA? - DOPO IL PASSO INDIETRO DI CHIARA SBARIGIA, LA PRESIDENTE DI CINECITTÀ VICINA ALLA SOTTOSEGRETARIA LEGHISTA LUCIA BORGONZONI, ARRIVANO LE DIMISSIONI “SPINTANEE” DEL DG CINEMA, NICOLA BORRELLI: PAGA GLI 863 MILA EURO DI TAX CREDIT EROGATI PER IL FILM "STELLE DELLA NOTTE", DI CUI SAREBBE STATO REGISTA FRANCIS KAUFMANN, INDAGATO PER IL DUPLICE OMICIDIO DI VILLA PAMPHILI - GIULI CON LA SUA CORTE VALENTINA GEMIGNANI (CAPO DI GABINETTO) ED EMANUELE MERLINO (CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE, NONCHÉ LONGA MANUS DI FAZZOLARI) HA MESSO GLI OCCHI SUI 700 MILIONI L'ANNO DI INCENTIVI RITENUTI ECCESSIVI PER UN COMPARTO OSTILE ALLA MAGGIORANZA - MA LA BORGONZONI HA SEMPRE FATTO ARGINE…
Giovanna Vitale per la Repubblica - Estratti
Cadono teste come birilli, al ministero della Cultura. Sempre con lo stesso metodo. E col favor delle tenebre. Prima un processo a porte chiuse con domande insistenti, insinuazioni, richieste di spiegazioni minuziose.
Infine le dimissioni "spintanee" dei malcapitati finiti nel mirino del tribunale dell'inquisizione presieduto da Alessandro Giuli, giudici a latere Valentina Gemignani (capo di gabinetto) ed Emanuele Merlino (capo della segreteria particolare, nonché longa manus di Giovanbattista Fazzolari, braccio destro e sinistro della premier a palazzo Chigi).
Era accaduto con Chiara Sbarigia, la presidente di Cinecittà considerata troppo vicina alla sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni e perciò costretta, domenica scorsa, ad abbandonare il ruolo. È successo di nuovo l'altra notte, tra mercoledì e giovedì, quando a essere convocato e sottoposto a un lunghissimo interrogatorio, durato oltre cinque ore, è stato il direttore generale cinema e audiovisivo Nicola Borrelli. Anche lui in odore di complicità con la nemica numero 1 di Giuli: la vice salviniana con delega al Cinema, appunto, che non intende mollare.
Come invece vorrebbero il ministro e la sua ristretta corte meloniana, i quali hanno messo gli occhi sui 700 milioni l'anno di incentivi fiscali, contributi e altri sostegni per produzione, distribuzione e promozione di opere cinematografiche, ritenuti eccessivi per un comparto ostile alla maggioranza di governo. E dunque da punire, mediante un cospicuo taglio ai finanziamenti. Contro cui però Borgonzoni ha sempre fatto argine, proponendosi come interlocutrice privilegiata di attori, registi e produttori. Un attivismo sgradito ai piani alti del dicastero. Decisi a farle terra bruciata intorno. Colpendo il suo sistema di relazioni, costruito negli otto anni di permanenza al Collegio romano, a partire dai fedelissimi, veri o presunti che siano.
Una strategia che anche questa volta è andata a buon fine. In fondo a un estenuante fuoco di fila di quesiti ed esibizione di carte sul cosiddetto caso Kaufman — ovvero il tax credit erogato al film di Rexal Ford, l'alias utilizzato dal duplice omicida di Villa Pamphili — Borrelli ha preferito fare un passo indietro. Essendo venuta meno la fiducia del ministro e dei più stretti collaboratori, come era facile intuire dal clima astioso in cui si è svolto il contraddittorio. A nulla sono valse le pezze d'appoggio fornite dal direttore generale cinema — peraltro da Giuli confermato nell'incarico appena tre settimane fa — per dimostrare che quella pratica era formalmente in regola, impossibile bloccare il credito di imposta poi ceduto a una banca per 640mila euro, a riprova che anche per loro era tutto a posto. E nemmeno le decine di segnalazioni alla Guardia di Finanza, firmate da Borrelli, su 340 milioni di contribuiti dubbi. La diffidenza del "tribunale" era tale e tanta che a mezzanotte inoltrata il dirigente non ha potuto far altro che dire: «Lascio». Preso per sfinimento.
Nel frattempo, il mondo del cinema — già in rivolta contro un ministro che non perde occasione per insultare o irridere attori e operatori culturali — è entrato in agitazione.
Dall'Anica, l'associazione dei produttori, agli esercenti delle sale, tutti hanno ringraziato Borrelli ed espresso preoccupazione per il futuro. «Al ministero della Cultura c'è un accanimento contro settori fondamentali come cinema, teatro, editoria», il j'accuse del Pd: «Viene da chiedersi se sia un attacco deliberato a chi produce pensiero critico e quindi democrazia». Anche se è di Toni Servillo il grido di dolore più acuto: «Ogni giorno c'è una notizia diversa, sono davvero sconcertato», la denuncia dell'attore.
Valentina Gemignani
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Nicola Borrelli
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ALESSANDRO GIULI - LUCIA BORGONZONI
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