LISTA TSIPRAS, OVVERO UN PARTITO A TRE CULI: QUELLO GETTATO NELLA MISCHIA DALLA BACCHIDDU, QUELLO DI SUPERARE LO SBARRAMENTO DEL 4% E QUELLO CHE ORA SI STANNO FACENDO GLI UNI CON GLI ALTRI, VENDOLIANI E SPINELLIANI

Stefano Di Michele per "il Foglio"

 

Adesso stanno lì che se la tirano tanto (e tante se ne dicono), con petulante sdegno, con lagnoso scorno: l’Altra Europa, l’Altra Italia – se gli gira, pure l’Altro Mondo… Sempre siderali, loro, mai contingenti. Guerre stellari, più che elettorali.

 

BARBARA SPINELLIBARBARA SPINELLI

Artisti, femministi, giuristi, velocipedisti, un filino comunisti, un tantino (bene)comunisti, sostanzialmente fochettisti (da Largo Fochetti, incrocio Cristoforo Colombo, prima di Tor Marancia), con la loro personale Livorno di fondazione c/o il TeatroValleOccupato/ BeneComune – chiusi i Fori, vorrà apporre apposita targa marmorizzata e commemorativa il sindaco Marino? – ove il maschio piede pose e vibrò liberatrice e alta la voce del compagno Tsipras, “O Megalexis” nostro.

 

Letterariamente un groviglio, un garbuglio, uno gnommero – politicamente un pasticciaccio, un sauté, una sbrisolona. Si offrono ai massimi sistemi, alla risoluzione di continentali assilli, a far barriera a destra, a far argine al centro, a dar lezione a sinistra; all’ortofrutta nella stagione primaverile (“aver piantato più di un seme”, si esaltò il compagno Nichi con mistica vivaistica), alla salumeria all’avvicinarsi di quella estiva (“trattati come carne da macello”, quasi ulula il compagno Furfaro, lasciato appiedato dai turbamenti e dai ripensamenti parigini della sovrastante capolista Barbara Spinelli, assolutamente “la Reine” della lista messa insieme da italiani con nome greco e forse epilogo in terra francese).

BARBARA SPINELLIBARBARA SPINELLI

 

Tra loro si filano e soprattutto si sfidano molto; tutti gli altri (Altra Europa/Altra Italia/Altro Mondo, ecc. ecc.) se ne stanno vilmente indifferenti. Eppure è trama più che partito, questa lista Tsipras italico/ellenica – un po’ Angelopoulos, per ascendenza e tedio; un po’ Feydeau, per formidabili entrate e uscite e assicurato divertimento; persino una spolverata del più nazionale Verdone, classico filmico e di vita: maledetto il giorno che ti ho incontrato! Lettere non spedite, cornette non sollevate – drin-drindrin!!!!!, cazzo, rispondi!!!!! –, appuntamenti mancati, telefonate non fatte, risposte non avute, ripensamenti tanti e conturbamenti molti.

 

key14 to padoa schioppa barbara spinellikey14 to padoa schioppa barbara spinelli

E adesso un rodersi di fegato, un mal di testa che atterra, un rinfacciarsi promesse, tutto un negarsi e un cercarsi, uno scriversi e dirsi addio con gucciniana dolenza, “non andare… vai… / non restare… stai… / non parlare… parlami di te…” – pure di me, soprattutto.

 

Il partito con il maggior spolvero di garanti, pattugliamento di occhi vigili e allerta democratica, attruppamento come nemmeno gli Apostoli sul frontone della locale basilica romana, e alla fine con la garanzia già in discussione quando l’elettrodomestico nemmeno è entrato in casa. Che poi, forse è stata tutta una questione di culo. Anzi, di culi. Il primo, quello gettato generosamente nella mischia; il secondo, quello che si è mostrato a risultato scrutinato; il terzo (e i successivi), quello che si stanno facendo gli tsipras/tisti tra di loro.

 

PAOLA BACCHIDDU PER FURFAROPAOLA BACCHIDDU PER FURFARO

Ci vuole culo, in politica – Renzi, per restare al tema e all’ambito, se n’è ritrovato uno che fa provincia da solo – ma poi dello stesso non bisogna abusare. E dunque: si avviò con quello della sveglia e stremata portavoce del format italo/ellenico, la compagna Paola Bacchiddu. Che avendo valutato le precise misure dell’irrilevanza mediatica dei soci nazionali di Alexis, e potendo vantare sue non meno esatte misure fisiche, le seconde scagliò nella lotta. Con impeto rivoluzionario.

 

A bordo barca, mirabile e immacolato bikini su mare turchese, chioma scapigliata, didietro alla causa e scompigliamento testosteronico di una fetta del possibile maschio elettorato. “Ciao. E’ iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo. Votate l’Altra Europa con Tsipras”, il messaggio in bottiglia (diciamo bottiglia) che accompagnava il perfetto inquadramento del soggetto. E’ stato l’atto più rivoluzionario della lista Tsipras.

 

Quasi una rottamazione, potremmo dire. E chi può negare che quello 0,3 per cento che ha fatto varcare il quorum non abbia da essere celebrato e innalzato partendo proprio dal culo di Paola, quasi poeticamente da associare a quello della “Princesa” di De André – “alle mie natiche un maschio si appende”: se si appende il maschio, perché non il quorum? Il secondo culo in questione è, mettiamola così, multiplo. “1.108.457 volte grazie”, recita il sito della lista: i voti arrivati.

PAOLA BACCHIDDU PAOLA BACCHIDDU

 

Certo la saggezza politica li ha instradati. Certo il pattuglione, seppur sguarnito, dei garanti li ha garantiti. Certo la semina vendoliana ha subito fruttato in pochi giorni, come quando si pianta l’erba gatta in casa: una settimana ed è fatta. Sicuro, l’elettore è stato attizzato tanto dal nome in lista della Spinelli non meno che da quello di Curzio Maltese, come da altre preziose adesioni – giardino di Versailles, mirabile aranceto, impeccabile roseto, rispetto alla selva oscura del renzismo/berlusconismo/ grillismo oltre le mura.

 

Perciò, tutto è possibile. La capacità conta, eccome, ma il culo pure – eccome. Perciò: che culo! Ultimo, quello che a urne chiuse (pure a urne non aperte, per la verità) hanno cominciato a farsi tra di loro: società civile (rieccola!), Rifondazione, vendoliani, ecc. ecc. Stanno lì, come nella scena finale di un film di Sergio Leone: l’uomo con la pistola che incontra la donna con il fucile – e si sa come finisce… L’ultima baraccopoli politica della meglio sinistra si appresta a essere smontata pezzo per pezzo dai suoi rissosi edificatori.

 

TSIPRASTSIPRAS

Essendo la lista dei meglio, quella intestata all’ardito del Peloponneso, ognuno dei suoi componenti il meglio si crede: fico del bigoncio, sale della democrazia. Ma va da sé, per unanime riconoscimento, che il nome più pregiato, fra tanti di elevata pezzatura, fosse proprio quello di Barbara Spinelli – tanta la contentezza di averla in lista (e tanta la certezza che poi si sarebbe dileguata) che quasi non pareva vero: con quel cognome, si capisce, con l’Europa tutt’uno fa.

 

Vero che nell’eloquio – per rispettabile timidezza e giammai per spregio dell’interlocutore – trascinante non risultava, ma nella sua scrittura – ah, la scrittura!, e nelle sue idee – ah, le idee!, chi non poteva trovare impeto e consolazione? Pure Nichi il Seminatore, per dire. Pure le ultime scaglie di Rifondazione, sicuro.

 

TSIPRASTSIPRAS

Pure Travaglio, il cuor diviso tra grillini genuini seppur ogni tanto ruttanti e la Spinelli di così alto sentire – e ancor ieri, a naufragio ormai avvenuto, bacchettava i mozzi di Sel e lo sgocciolìo comunista vario, “noti desertificatori di urne”, in rivolta contro simil figura: “Barbara ha una storia di giornalista e intellettuale di respiro europeo che parla per lei”. Parlerà per lei, ma intanto parlano pure tutti gli altri.

 

Per un’intera pagina del Fatto, ove, dopo la “carne da macello”, viene evocato lo “psicodramma Spinelli” e il “suicidio mascherato da sopravvivenza”, chi vuole le scuse per le mancate dimissioni spinelliane a favore di Furfaro (chiiiiii?, poi vediamo) e chi poeticamente evoca i “giorni sbagliati”.

 

marco furfaromarco furfaro

E chi indica quale esatto titolo per riassumere la questione quello di un romanzo di Andrea Camilleri – garante che per primo si defilò, “ti saluto e sono”, come direbbe il suo Montalbano: “Un covo di vipere”. “Quello che prevale, sul web e non solo – il bilancio del pur accondiscendente quotidiano, con fervido spirito da 2 novembre – è un sentimento corposo di delusione, amarezza e sconforto”.

 

La migliore sintesi l’ha fatta nel suo blog il giornalista Riccardo Orioles: “Tutto sommato abbiamo mandato una parlamentare in Europa, e siamo riusciti a farne mandare due a Repubblica”. Sempre meglio di Iva Zanicchi – aggiunge, che poi è tutto da vedere. A maramaldeggiare sulla grande Iva sconfitta è accorso pure Maltese (il cui spirito europeo è stato appena appena appannato da quello sovrastante della Spinelli): “Barbara ci ha ripensato, io sono molto contento di questo, è una grande esperta di temi europei. Meglio lei di Iva Zanicchi o Clemente Mastella”.

 

marco furfaro marco furfaro

E dài! E magari, soprattutto Curzio è pure “molto contento” perché Moni Ovadia ha abdicato lasciandogli il seggio – così, meglio lui dell’attore, si potrebbe dire? Lo stesso, qualcosa del thriller – Camilleri o non Camilleri – questa storia di possibile resurrezione della sinistra, con accuse di trafugamento di seggio, ha. Dopo giorni e giorni di silenzio nell’eremo parigino, Barbara Spinelli ha preso la parola su Repubblica (fornitrice ufficiale di due terzi degli eletti della Real Casa tsipras/tista).

 

Tramite intervista, officiata da Alessandra Longo – che, sempre briosa, nel caso si è mossa con cautela, circumnavigando la questione come l’intervistata, l’illustrissima editorialista sua. Ma già dalle domande il dramma si nota, la sventura s’intuisce, lo spasmo traspare: “Partenza tormentata”, “rigurgito identitario”, “non la spaventa questo nuovo lavoro?”, “risentimento”, “vento populista che fa paura” – più Goffredo di Buglione verso Gerusalemme che eletta verso Strasburgo.

 

E poi, la mirabile annotazione: “La politica è un mestiere duro” (Longo). Risposta: “Anche la scrittura a volte lo è” (Spinelli). Oh, parbleu! Ma al dunque: dice Barbara che non in “una torre d’avorio” si è chiusa, ma anzi “un pieno” c’è stato: “Di contatti, di negoziati dei garanti” – e sempre Furfaro, come il fantasma di Banco, inquieto ad aggirarsi sul Lungosenna, sotto casa.

FLORES D\'ARCAIS E MORETTIFLORES D\'ARCAIS E MORETTI

 

Lettera da Parigi, comitati adunati c/o la Sala Umberto a Roma, chiama tu, no chiama tu, ha chiamato poi?, appello perché Barbara vada, appello perché Barbara resti – “non andare… vai… / non restare… stai…”, e gira la testa, ché persino Sabina Guzzanti sbaglia foglio da firmare: vuole che Barbara vada, ma sottoscrive di prima mattina quello che dice che non deve andare, dopo il cappuccino e il maritozzo l’errore si palesa: volevo che andasse, non che non andasse: “Ho fatto una cazzata, a forza di firmare appelli ho firmato quello sbagliato…”.

 

Barbara scrive, dunque. Tsipras dalla Grecia scrive. Resta, Barbara. Resto, Alexis. Quelli di Sel – che lamentano in privato di aver messo 200 mila euro, di aver raccolto il 60 per cento delle firme – evocano persino “lo ius sanguinis”, l’incolpevole Furfaro (“fai come Kill Bill”, lo esortano) assicura di non aver ricevuto né telefonate né mail, anzi no, “mi hanno chiamato alle due di notte per comunicarmi di dormire tranquillo”, in mezzo “stanze sconosciute”, per la precisione “quattro stanze”, e “campane di vetro” e “logica proprietaria”, e così “c’è qualcosa di disumano in questo” – cose ignote a voi umani.

 

Andrea Camilleri Andrea Camilleri

Si evoca, ecco, la “borghese piccola piccola”, poi la “cultura progressista tipicamente alto-borghese”, poi la “radical chic” – e Furfaro, che il sonno mai riprese, mette orgoglioso il petto in avanti non meno fiero di Paola che altro schierò: “Io sono figlio di un operaio. E mio padre mi ha insegnato la dignità”.

 

Tiè! E al classico scontro di classe si approda: il figlio dell’operaio e la borghese – “c’è chi guarda dall’alto in basso, chi parla di operai e non sa dove stanno…”. Barbara ha preferito favorire la candidata di Rifondazione, Eleonora Forenza, anziché Furfaro, perché dei vendoliani non si fida.

 

Lo ha raccontato lo stesso Curzio (e meno male che Moni Ovadia di Repubblica si fida): “Trovava inaffidabile Sel”. Del resto, è già un miracolo che gente che si stava così cordialmente sulle palle si sia potuta mettere insieme, sia pure per una triste e illusoria primavera – le signore Stone della sinistra italiana.

 

Vendola aveva definito la lista Tsipras “una scelta last minute”, praticamente a un passo dall’autostop, stava con mezzo cuore per Alexis e con l’altra metà con Martin (Schulz) – non si sa mai con chi farlo ’sto socialismo, garanti che rinfacciavano ad altri garanti di non farsi sentire (del garante che non garantisce, chi può mai garantire?), persino su Luca Casarini si accese la rissa – Guido Viale che cercava Camilleri, trovava solo la segretaria, poi le risposte attraverso Floris d’Arcais, “con testi apodittici, ripetitivi, aggressivi e non certo soavi e ironici come la prosa dell’autore del commissario Montalbano”.

Andrea Camilleri Andrea Camilleri

 

Di chi era la prosa, allora? Dal sospetto politico a quello filologico? Floris, che intanto si mordeva la lingua, “non rispondo per rispetto alle migliaia di persone che stanno raccogliendo le firme”. E adesso, Rifondazione elogia Barbara (te credo!), Sel si danna l’anima, beffata e residuale. Pure il sorteggio è stato prospettato – tanta sapienza per finire alla democrazia del bussolotto, famo la lista Bonolis? Tutto divide, persino le foto per il Gay pride da mettere idealmente sul comò delle belle intenzioni: sul sito del partito di Nichi appare lo stesso col suo fidanzato, pittati con i colori della buona battaglia; su quello di Ferrero ci sono altri due uomini ugualmente pittati, mica la First family di Sel, con al centro una/o bella/o bimba/o che s’intuisce di complesso concepimento.

 

“Larga e plurale”, aveva da essere quest’ultima sinistra rieditata – si erano spesi musicisti e cantanti e vignettisti e giuristi e cultori del bel mangiare. Larga mica tanto, più che altro trazzera dell’avvenire; plurale, troppa grazia. Ora che Barbara parte, e con Eleonora e Curzio s’imbarca, chissà che sarà della lista Tsipras – la Syriza italiana, figurarsi: dopo la gauche caviar, la sinistra alla feta. Molto sinistra, però.

Niki Vendola Niki Vendola

 

E perciò briosa, ma tediosa: il solito suo miracoloso ossimoro. Il colpo di genio (diciamo colpo di genio) della Bacchiddu ha dato tutto quel che poteva dare – pur tra la generale riprovazione delle patronesse ivi più altolocate. Lei racconta che le fu intimato, dopo la sua generosa iniziativa: “D’ora in poi qui dovrai essere molto sorridente, molto gentile e stare zitta il più possibile…” – ben coperta e occhi bassi.

 

Nicki Vendola Nicki Vendola

Iniziativa che nacque durante una di quelle barbosissime riunioni, si svela, “otto ore di discussione per decidere se mettere nel volantino la parola sinistra o scrivere care/cari nell’intestazione. Fu allora che mandai la foto del bikini…”. Clic! Applausi! Fu la prosecuzione della lotta con altri mezzi. Poi tornarono a quelli consueti. I campi e le officine. E il bistrot.

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