GRILLOLOGY! - LA SENATRICE ESPULSA SI ACCORGE DI ESSERE FINITA IN UNA “SPECIE DI NAZISMO INFORMATICO”

1 - L'ULTIMO GIORNO DA GRILLINA "È NAZISMO INFORMATICO"
Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"

Adele Gambaro si è svegliata di colpo, bruscamente: «Questo è una specie di nazismo informatico». In privato la senatrice ha scelto parole pesanti come pietre. Perché in un attimo l'incantesimo grillino si è spezzato. La Rete, la democrazia diretta dei cinquestelle, l'immagine tranquillizzante dei parlamentari-portavoce che docili si lasciano guidare dai consigli degli attivisti del movimento. Tutto evaporato. L'hanno processata, insultata, buttata fuori. Lei ha osservato l'escalation sentendosi già lontana. E nel momento più cupo dell'epurazione si è lasciata andare: «Questa è una gabbia di matti».

In pubblico, però, Gambaro ha scelto un profilo diverso. Quasi sempre silente. Si era già spinta troppo in avanti, sfidando il leader assoluto. Ha ascoltato chi l'ha difesa fino alla fine e chi le ha chiesto di togliere il disturbo per un'intervista. Ha dimostrato doti di grande incassatrice. Mai scomposta, mai sopra le righe: «Lo devo - ha confidato - a quelli che mi sono stati vicini. Ai colleghi che mi hanno accompagnato».

L'ormai ex parlamentare grillina si è confrontata a lungo con chi ha condiviso con lei i giorni più difficili. «Ho sofferto, ho sofferto tantissimo». Ora che tutto è finito, però, non riesce a scacciare lontano i timori per l'andamento del dibattito interno al pianeta grillino, né l'angoscia per il futuro: «Nessuno deve sottovalutare questa situazione, che è davvero preoccupante sotto il profilo democratico».

L'ultimo giorno a cinquestelle, Gambaro ha deciso di viverlo almeno un po' al Senato. Accanto ai suoi ex compagni di strada. Anche a quelli che le hanno voltato le spalle. L'esito dello spoglio virtuale l'ha atteso però lontano da tutti, mentre in Aula proseguiva il dibattito. In fondo, la Corte del web doveva ancora pronunciarsi, ma la senatrice già sapeva come sarebbe andata a finire: «L'esito è scontato - ha detto ad alcuni senatori - Come volete che vada a finire?».

È finita con la senatrice Adele Gambaro da Bologna fuori dal gruppo grillino del Senato. La prossima destinazione è già fissata, l'accoglierà il gruppo Misto. E come spesso accade quando una storia finisce male, i titoli di coda hanno il vantaggio di sembrare quantomeno liberatori: «Finalmente è finita... Non vedevo l'ora che questa pantomima terminasse».

I rapporti umani con molti dei senatori restano ottimi. La maggioranza dei colleghi di Palazzo Madama si è esposta per lei, rischiando nuove scomuniche. Ieri la senatrice ha ringraziato parecchi di loro. Ma il giudizio sul movimento e sulle dinamiche che l'hanno stritolata, quello è cambiato radicalmente: «Io sono una persona per bene, ma alcuni di questi sono personaggi assurdi. Attenzione - ha avvertito in privato - non dovete sottovalutarli».

Il processo l'ha lasciata a tratti senza fiato. E un po' l'ha fiaccata: «Mi è molto pesato, umanamente, essere finita in prima pagina per un'intera settimana. Io sono schiva, riservata. È stato un vero tritacarne. Mi ha fatto soffrire».

Al Senato i colleghi degli altri partiti l'hanno osservata a lungo con curiosità. Hanno imparato il suo cognome dall'accento che inganna. E di fronte al processo del web, iniziato ben prima della votazione finale, hanno iniziato a rispettarla. Se non altro per la determinazione con la quale ha affrontato il giudizio. Proprio ieri un senatore, lontano anni luce dall'orbita grillina, si è avvicinato a Gambaro. Davanti agli altri colleghi del movimento le ha stretto la mano. E senza abbassare il tono della voce l'ha salutata: «Senatrice, complimenti. Lei è stata coraggiosa». Ha ringraziato, nulla di più. Mai una parola fuori posto, in pubblico.

Parlerà, l'ex grillina. Non ora, ma tornerà a farsi sentire. Forse con un video, sicuramente incontrando la stampa. Intanto ragiona sui numeri, sui tredicimila che l'hanno bocciata e i seimila che hanno tentato di salvarla: «Voglio comunque analizzare cosa significano questi dati. Voglio capire». Con la stessa calma con la quale, dopo aver osato contestare Beppe Grillo in persona, domandava: «Ma cosa ho detto di male?».


2 - LA SENATRICE SERENELLA FUCKSIA CONTESTA LE MODALITÀ DELLA CONSULTAZIONE: "DALLE 11 ALLE 17 LA GENTE LAVORA"
T.Ci. per "la Repubblica"

È una furia. Incontenibile, a tratti. Non si ferma un attimo mentre percorre il Transatlantico del Senato. Appassionata, la senatrice grillina Serenella Fucksia contesta la scelta di aver indetto la votazione per l'espulsione di Adele Gambaro senza un ragionevole preavviso: «Il voto non è rappresentativo. Ma dico, ma si può far votare dalle 11 alle 17? Io avevo da lavorare, non ho potuto neanche votare. Non è una cosa normale».

Lei era contraria alla cacciata. L'ha detto in assemblea, l'ha ribadito davanti ai cronisti. Non pensa che sia un errore e non teme sanzioni: «Io dico sempre quello che penso. L'ho sempre fatto. Mio padre mi diceva di stare un po' più attenta, ma ho sempre fatto così». Lo dice sorridendo, la rabbia va via in fretta.

Senatrice, si calmi. Ripartiamo dall'inizio. Dalla scelta di intraprendere la strada dell'espulsione di Adele Gambaro.
«Io avrei evitato. Ero contraria. Abbiamo creato un caso dal nulla».

Le rimproverano di aver mosso critiche troppo forti.
«Io ero contraria all'espulsione. L'ho detto. Adele non ha detto nulla di rilevante».

Oggi però la Rete ha deciso che Gambaro deve lasciare il Movimento cinque stelle.
«Il voto non è rappresentativo. Ma dico, ma si può far votare dalle 11 alle 17? Io avevo da lavorare, non ho potuto neanche votare».

In tutto si sono espressi in diciannovemila. Tredicimila hanno votato per l'espulsione.
«A quell'ora possono votare solo i cosiddetti fanatici della Rete».

Ne vuole parlare con Grillo?
«Sì».

Ma lei ce l'ha con Grillo?
«Ma ci mancherebbe. Io non ho nulla contro Grillo. Non gli rimprovero nulla. I post li ha sempre fatti. Le parolacce le ha sempre dette. Pure io le dico e va bene così. Io non ho nulla contro Grillo, non ho mai detto nulla contro di lui».

E allora?
«Lui è il nostro megafono. Ma non è più solo il nostro megafono, è anche qualcosa di più».

Non è che lascia il movimento?
«Ma scherziamo? Io penso che il movimento sia l'unica strada».

Non teme che possano cacciarla?
«Io dico quello che penso. Lealmente. Poi se qualcuno vuole, mi può espellere...».

Senatrice, però forse in Parlamento non riuscite a incidere come vorreste.
«Il Parlamento non è solo critica, noi vogliamo e dobbiamo anche costruire».

Resta il caso Gambaro.
«È stato un errore. Un grave errore. Una vicenda iniziata male e finita peggio. Ma...».

Ma?
«Ma il movimento è vivo e dagli errori ci possiamo rinforzare. Per ripartire».

 

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