1. LA GUERRA DELLA MONNEZZA FA VOLARE GLI STRACCI TRA I POTERI FORTI DELLA CAPITALE: IL “SUPREMO” MANLIO CERRONI VA ALLO SCONTRO FRONTALE CONTRO CALTA-RICCONE! 2. DOPO GLI ARRESTI, CONTRATTACCO DI CERRONI: GLI INTERESSI DI CALTAGIRONE PER I RIFIUTI E IL RUOLO DI ACEA, DI CUI È SOCIO FORTE, IL BUSINESS ENERGETICO DELLA MONNEZZA 3. CERRONI: “RILEGGETEVI GLI ARTICOLI AL VETRIOLO DEL ‘’MESSAGGERO’’. LA RISPOSTA LA TROVATE LÌ. HANNO SUONATO LE CAMPANE A MORTO MA IO SONO PIÙ VIVO CHE MAI” 4. IL PD DOPO LE NOMINE ACEA SI PREPARA A FARE LA FESTA A SOTTO-MARINO E AL SISTEMA BETTINI. L’ACCUSA? “IL SINDACO SI SCAMBIA TELEFONATE A NON FINIRE CON CALTAGIRONE”

1. PARLA MANLIO CERRONI: «AFFARI E POTERI FORTI, COSÌ MI HANNO FATTO FUORI»
Dall'intervista di Ivan Cimmarusti, Erica Dellapasqua, Matteo Vincenzoni a Manlio Cerroni per "Il Tempo"


Ecco la seconda parte dell'intervista a Manlio Cerroni, re delle discariche, indagato dalla procura di Roma per l'affaire rifiuti. Nella prima parte del botta e risposta con Il Tempo, Cerroni ha affrontato vari capitoli scottanti. Ha parlato di un complotto ordito ai suoi danni, della politica (di destra, di centro e di sinistra) che dopo aver beneficiato dei suoi finanziamenti ha fatto finta di non conoscerlo, ha spiegato il perché della chiusura della discarica di Malagrotta e dei tentativi di aprire altri siti per non far soffocare Roma sotto la monnezza.

Alla fine della prima parte Cerroni lasciava intendere che dietro al complotto che starebbe all'origine del suo disarcionamento dal business dei rifiuti, potevano esserci varie "entità" politiche, economico-finanziarie, persino giudiziarie. Accuse pesanti. Riprendiamo proprio dall'ultima frase con quell'accenno all'Acea che per la giornata di ieri ha mandato in fibrillazione la politica romana incuriosita da ciò che state per leggere.

«Buono, il caffè... allora ragazzi, dove eravamo rimasti?»

All'Acea avvocato, e al complotto messo in piedi dalla politica e dall'alta finanza per farla fuori dal business dei rifiuti. Così almeno ha detto lei. Che fa, ritratta?

«No, no, ma che ritratto. Anzi. Rilancio. Osservatori attenti non fanno fatica a intravedere un guadagno enorme, pazzesco, per chi riuscirà - se mai ci riuscirà - a soppiantarmi. I rifiuti sono oro, e certa gente lo sa bene, per questo punta a prendersi il mercato che era, anzi è, mio».

Si va bene, avvocato, ma l'Acea che c'entra?

«Ci arrivo. Non vi dice niente che nel consorzio Coema (istituito per gestire il gassificatore di Albano, ndr) io ho solo l'8 per cento delle quote, mentre Ama e Acea hanno il 67 per cento? Qualcuno ha favoleggiato sui rapporti tra me e l'ingegner Caltagirone, che è in Acea. Dicono che io ho contattato lui, che lui ha contattato me, che ci odiamo, ci amiamo. Hanno detto di tutto, ma una cosa è certa anche perché non l'ha mai nascosta: Caltagirone ha un grande interesse per i rifiuti».

È un imprenditore. Fa affari sui rifiuti all'estero. Che c'è di male?

«Nulla. Peccato che il suo giornale a un certo punto ha preso ad attaccarmi in modo pesante».

Tutti, noi compresi, non le abbiamo risparmiato critiche.

«C'è modo e modo. Tutta questa storia dell'inchiesta, del Supremo, del Monopolista, del Ras della monnezza - per usare espressioni care al prefetto Pecoraro o alla signora Renata Polverini - ha qualcosa di kafkiano. Voi giornalisti ci avete inzuppato il pane in questo minestrone ma nessuno si è soffermato a leggerle bene le carte giudiziarie perchè le cose sono assolutamente diverse da come le avete raccontate».

E cos'è che non avremmo raccontato?

«Anche dalla cattività, dall'esilio cui sono stato relegato, ho trascorso gran parte delle giornate di questi mesi a leggere documenti, informative, ragionamenti degli investigatori, e soprattutto giornali. Ho letto cose che qualificare come velenose è un eufemismo, cose che difficilmente inciampavano nella verità. Ho scritto a chi ha scritto male di me, spiegando i fatti. Ma la contrapposizione, a ridosso delle indagini poi sfociate negli arresti, si è fatta più intensa. Nonostante le ripetute diffide alla fine li ho dovuti querelare».

Non è per difendere la categoria, ma se poi lei è precipitato nello scandalo rifiuti che c'entrano i giornalisti?

«Lasciate stare quest'argomento che è meglio».

Senta avvocato, sta dicendo che a un certo punto con Caltagirone lei stava per entrare in affari? È così?

«Ho seguito attentamente l'Ingegnere durante la sua campagna d'Oltralpe. Mi era piaciuto».

Si riferisce al braccio di ferro con la società Gaz de France sulle quote di Acea?

«Proprio quella».

Cerroni a questo punto allunga una mano sul tavolo, afferra un bicchiere e butta giù come se avesse attraversato il deserto del Sahara. Due ore filate a ribattere punto su punto. Riparte a sorpresa.

«L'ho incontrato, su suo invito, a marzo del 2012 negli uffici di via Barberini. Abbiamo avuto un lungo incontro e ci siamo salutati con l'intesa di arricchire la documentazione e di rivederci per trovare, se possibile, anche attraverso Acea, soluzioni utili per questa città. Con Francesco (Caltagirone, ndr), ci siamo ritrovati poi per parlare di prospettive mettendo a fuoco anche l'aspetto industriale».

A ottobre dell'anno scorso?

«(allarga le braccia sconsolato). E da allora non ho saputo più nulla».

Seguendo il suo tortuoso ragionamento ci sta dicendo che dopo la politica anche l'alta finanza le ha voltato le spalle?

«Rileggetevi gli articoli al vetriolo del Messaggero. La risposta la trovate lì. Hanno suonato le campane a morto ma io, come vedete, sono più vivo di quanto pensano gli interessati a far soldi sui rifiuti. Il biogas è l'oro del domani».

2. IL SINDACO ABBANDONATO DAL PD NEL LAZIO RISCHIO SORPASSO DI GRILLO E C'È CHI PENSA: "COMUNALI NEL 2015"
Paolo Boccacci e Giovanna Vitale per "La Repubblica - Roma"


Abbandonato a se stesso, alla deriva. A prendere schiaffi sul fronte del salario accessorio da 25 mila dipendenti del Campidoglio infuriati per la possibilità (ormai quasi una certezza) che alla fine di maggio vedranno i loro stipendi tagliati di almeno 200 euro, a prenderne altri dal governo Renzi che non vuole intervenire con un decreto, e altri ancora dai sindacati, tutti schierati come un tempo, Cgil, Cisl e Uil, tutti a dire le stesse cose, che il bilancio di tasse non funziona e che questa storia del salario accessorio è una follia a cui bisognava pensare prima di mandare tutte le carte
al Mef.

I Democratici, dopo il caso Acea, hanno staccato ufficialmente la spina al sindaco Marino. E a poco sono valsi gli sforzi di mediazione del segretario romano Cosentino nell'assemblea sulle nomine decise dal sindaco. Alla fine i toni erano molto tesi e, con poche defezioni, da De Luca a Panecaldo, è passato il cahier de doleance della maggioranza: «Da Irace alla Tomasetti alla Maggini, non si è badato alle competenze, che sono scarse» ha tuonato il capogruppo D'Ausilio, aggiungendo anche un velenoso allarme su «possibili scelte spartitorie».

E niente hanno contato le considerazioni per cui molti a Roma sono convinti che il nuovo ad in pectore della Spa, il capo del settore idrico dell'azienda Irace, sia considerato un manager di grande valore e all'altezza della situazione.

È il metodo della non contrattazione che ha scatenato definitivamente il Pd. Tanto che molti ormai parlano apertamente di dimissioni probabili e di un voto da rigiocarsi a Roma nel 2015, insieme con le possibili elezioni politiche.

Insomma, i Democratici lascerebbero il loro sindaco al suo destino. Cosentino ha cercato di rincollare i pezzi del partito scollati e ci è riuscito con grande fatica. Non solo, anche i sindacati, e in particolare la Cgil, attaccano all'arma bianca: «Il bilancio che è stata deciso dalla giunta» ha affermato il segretario di Roma e del Lazio della Cgil Claudio Di Berardino «non tiene assolutamente al centro la crescita dell'economia della città e soprattutto il problema fondamentale del rilancio del lavoro, soprattutto per i giovani »

E intanto circola un ultimo sondaggio elettorale ordinato dal Ncd che per il Lazio fa suonare un campanello d'allarme. Il primo partito sarebbe quello di Grillo, al 32%, seguito a ruota dal Pd al 30, poi da Forza Italia al 17,5 ed infine dal Ncd al 4,6. Il confronto con la Toscana è impietoso: 43,5% al Pd, 23,4 a Grillo, 13,5 a Forza Italia e 3,8 al Ncd. Effetto Marino? Chissà, ma sta di fatto che in quasi nessun appuntamento elettorale che conta dei candidati del Pd alle Europee è stato invitato. E un motivo ci sarà pure.

Nel frattempo, a livello nazionale, il premier Renzi, nonostante pare sia costantemente informato delle mosse di Marino sulle nomine, come quella di Irace, amico del ministro Boschi e con un'esperienza manageriale guarda caso a Firenze, nell'azienda delle acque pubbliche, non sembra voler fare sponda. Tanto da tenerci a precisare: «Non mi attribuite alcun nome, le decisioni sono del sindaco».

Esattamente le stesse parole dette dal governatore Zingaretti dopo che era uscita la rosa dei nomi per Acea. E d'altronde il premier ancora non si è dimenticato di quel Marino che minacciò di portare i romani in piazza se il governo non avesse approvato subito il decreto Salva Roma. «Bloccherò i bus, potranno girare solo i politici con le auto blu», aveva detto lasciando per un primo momento l'inquilino di palazzo Chigi sbalordito e furibondo e subito dopo protagonista di una telefonata "fuoco e fiamme" con il primo cittadino della Capitale.

Così l'aria che tira in Campidoglio non è delle migliori, pur se non tutte le scelte per le municipalizzate del chirurgo impegnato in politica siano considerate sbagliate. Ad esempio anche Daniele Fortini, il nuovo manager di Ama, una delle ultime nomine, è considerato un tecnico di rilievo. Ma a sconcertare i Democratici è tra l'altro il filo diretto che si è stabilito ormai tra il sindaco e Caltagirone, potente socio di minoranza di Acea, con cui si scambia telefonate a non finire anche di fronte ad esponenti del Pd.

E Marino? Ormai si consulta con pochissimi, un piccolo cerchio magico, tra cui c'è Franco Bernabè, per tanti anni ai vertici di Telecom Italia e ora nominato dal Campidoglio presidente dell'azienda speciale Palaexpo, dandosi appuntamenti la mattina presto per scambiare idee davanti ad un buon cappuccino in qualche bar del centro.

Riuscirà a tenersi in sella? Non si sa. Certo è che con lui naufragherebbe anche l'ultima chance del Modello Roma inventato da Goffredo Bettini.

 

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