E SE BERLINO VOLESSE L’EUROCRAC? - HOLLANDE E MONTI TEMONO CHE LA CANCELLIERA, AL DI LÀ DELLE CHIACCHIERE, VOGLIA “TAGLIARE” ATENE (E POI QUALCHE ALTRO PAESE) PER AVERE UN EURO PIÙ RISTRETTO E PIÙ FORTE - FRANCIA E ITALIA, CHE CONTRIBUISCONO PER IL 40% PER L’ASSISTENZA ALLA GRECIA, MANDANO UN ‘PIZZINO’ ALLA MERKEL: NIENTE DOPPIO GIOCO, SENNÒ SALTA LA BARACCA (SI STIMA UN CONTO DI OLTRE 1000 MLD €)…

Fabio Martini per "la Stampa"

C' è un sospetto che si aggira tra Parigi e Roma: che la Germania dietro le quinte stia già lavorando al "taglio" della Grecia, primo atto di un nuova stagione, quella di un euro più ristretto e più forte. Uno scenario temuto da Francia e Italia per gli incalcolabili costi materiali e psicologici di una secessione che finirebbe per coinvolgere anche altri Paesi. A cominciare dal Portogallo.

Nel corso del loro colloquio a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Mario Monti e il presidente francese François Hollande ne hanno discusso, anche se ovviamente non ne hanno fatto cenno quando si sono presentati per la conferenza stampa congiunta. Nello scenario inusuale e austero del cortile di Palazzo Chigi (l'ultima volta vi si erano «esibiti» il presidente Bush e Silvio Berlusconi), Monti e Hollande non hanno esplicitato il loro sospetto per due motivi molto seri: il fatto che alle elezioni in Grecia manchino oramai 48 ore e che pur sempre di sospetto si tratta, anche se si aggira in tutte le diplomazie europee.

Un tam-tam poco apprezzato negli Stati Uniti: proprio dall'amministrazione americana sarebbe partito un monito, informale ma grave. Attenti a mollare la Grecia, potrebbe diventare la Lehman Brothers europea.

Eppure la necessaria prudenza su una questione esplosiva come questa non ha impedito a Monti ed Hollande di fare espliciti, interessanti riferimenti alla questione greca. Assieme ad affermazioni apparentemente rituali («Desideriamo che Atene rimanga nella zona euro», ha detto Monti e Hollande si è espresso negli stessi termini), entrambi hanno usato concetti e parole inconsueti.

Per Monti «il popolo greco ha già fatto grandi sforzi che in situazioni normali avrebbero richiesto una generazione», affermazione empatica abbastanza inusuale nel premier tecnocrate. Tanto più che subito dopo Monti, ha aggiunto: «I nostri due Paesi, Presidente, presi insieme contribuiscono per circa il 40% per l'assistenza alla Grecia e agli altri Paesi» interessati agli aiuti.

Frase apparentemente anodina ma che oltre all'inciso «confidenziale» ha consentito a Monti di rivelare un dato «pesante»: Francia e Italia da sole rappresentano quasi la metà della massa critica del sostegno ai Paesi in affanno. Come dire: non pensi Berlino di procedere contro Parigi e Roma. Anche Hollande non si è limitato ad un generico auspicio e ha detto: «I greci sono sovrani, devono decidere loro. Li dobbiamo rispettare. Hanno fatto sforzi considerevoli da mesi per mettersi ai livelli richiesti».

Ma oltre al rispetto per i greci, Hollande ha fatto esplicito riferimento ad una promessa: «L'Europa deve fare il suo dovere in termini di crescita rispetto alla Grecia», in particolare assicurando «fondi strutturali che possano avere ricadute» concrete su quel Paese. Sulla Grecia parole importanti sia di Monti che di Hollande che, ovviamente, hanno concluso le perorazioni a favore dell'«imputato» greco, con inviti a rispettare gli impegni a suo tempo assunti con l'Unione europea: «Abbiamo fiducia nel popolo greco e il popolo greco deve avere fiducia nella Ue - ha detto Hollande - ma ognuno deve mantenere i propri impegni».

Dunque, lo spettro dell'uscita della Grecia dall'euro. Non si tratta di una novità, se ne parla da tempo, le previsioni sulla concreta possibilità sono controverse e anche i calcoli circa il costo per l'economia internazionale. Si oscilla tra la stima di oltre 1000 miliardi di euro fatta pochi giorni fa dalla Federazione internazionale delle banche, fino a valutazioni meno corpose ma comunque imponenti proposte da altri organismi.

La novità riguarda la «scommessa» - l'azzardo a seconda dei punti di vista - fatta dalla Germania. Nelle settimane scorse le più attendibili stime sui costi del divorzio, per un paese come la Francia, oscillavano tra i 40 e i 60 miliardi e naturalmente anche la Germania dovrebbe pagare un salatissimo pegno.

Ma il più recente tamtam , che i francesi prendono molto sul serio (giorni fa, a Roma, ne aveva parlato a Monti anche il ministro degli Esteri Laurent Fabius), riguarda il lavorio dei tedeschi, convinti che l'uscita della Grecia sia gestibile e comunque attratti dallo scenario di «resettare» l'intero sistema. Puntando ad un euro più ristretto e più forte, proprio per questo capace di aprire la strada a quella mutualizzazione del debito che oggi i tedeschi considerano un insopportabile azzardo.

 

 

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