giuseppe conte beppe grillo

MANDATO A QUEL PAESE – I BIG DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE SONO NEL PANICO DOPO IL VIDEO DI GRILLO CHE RICICCIA IL LIMITE DEI DUE MANDATI: CHE FARÀ CONTE? QUALUNQUE DECISIONE PRENDA, FARÀ INCAZZARE QUALCUNO: O I SUOI FEDELISSIMI, A CUI HA PROMESSO DEROGHE (COME PAOLETTA TAVERNA) O L’ELEVATO, CHE NON VUOLE ROMPERE L’ULTIMO TABÙ - SEBASTIANO MESSINA: "GRILLO SI AGGRAPPA ALL'ULTIMA REGOLA PERCHÉ NON SI DICA CHE SI È RIMANGIATO TUTTE LE PROMESSE. NE FA L'ESTREMO BALUARDO DELLA COERENZA, DOPO AVER APPROVATO UNA PER UNA LE GIRAVOLTE DEI SUOI..."

1 - BEPPE GRILLO L’ELEVATO SI RISVEGLIA PER DETTARE LEGGE. MA ALL’ORIZZONTE C’È SOLO IL TRAMONTO

Sebastiano Messina per www.repubblica.it

 

BEPPE GRILLO

Dai e dai, hanno svegliato Beppe Grillo. Il quale ormai se ne stava tranquillo, chiuso nel suo blog a scrivere di aerei con le piume, di inceneritori senza fiamma e di birra fatta con l'acqua dei depuratori, rifiutando di occuparsi di faccenducole minori come l'agguato del suo Movimento al governo Draghi, quando hanno cominciato a bussare alla sua porta una, due, tre volte per domandargli: insomma, Beppe, vale ancora quella vecchia regola dei due mandati? E lui, "l'Elevato" al quale spetta l'ultima parola - non in quanto garante ma in quanto proprietario del simbolo dei cinquestelle, senza il quale nessuno può presentare le liste - alla fine ha dovuto dare la sua risposta. Vale.

 

conte taverna

La sentenza sul doppio mandato

La sentenza l'ha pronunciata con un video di cinque minuti nel quale non dice una sola parola sulla caduta di quel governo che non sarebbe mai nato se lui non avesse dato la sua benedizione a Draghi, definendolo "un grillino" e chiamandolo "il Supremo". Come se nulla fosse accaduto, Grillo parla d'altro.

 

E non del destino del suo Movimento, che forse ormai "è disintegrato, molecolare o quantico", lui non lo sa e si direbbe che non gliene importi granché. No, lui ha dedicato i suoi cinque minuti al divieto del terzo mandato, spiegandoci che i guai dei cinquestelle, "tutti questi sconvolgimenti, queste defezioni" - ovvero il dimezzamento dei parlamentari grillini, partiti in 339 e arrivati in 165 - sono stati provocati dalla regola che lui dettò 15 anni fa al primo Vaffa Day, due legislature e stop, una regola "che è contro l'animo umano". Ma lui la difende, perché è "la nostra luce in questa tenebra".

 

GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO

Il fondatore, guru e garante dei cinquestelle sembra ormai rassegnato al tramonto non proprio glorioso del Movimento, ma si aggrappa all'ultima regola non ancora violata perché non si dica che si è rimangiato tutte le sue promesse.

 

Ne fa l'estremo baluardo della coerenza, dopo aver approvato una per una le giravolte dei suoi. Dovevano governare da soli, nella loro incontaminata purezza, e invece si sono alleati con Salvini, con il Pd, con Berlusconi, con Speranza e con Renzi perché, come disse lui stesso varando l'alleanza giallo-rossa, "non finiremo come una lavatrice buttata nel fiume, coerentemente in attesa di arrugginirsi".

 

BEPPE GRILLO

Di Maio, cartelletta pronto per la Nato

Colpisce il gelido disprezzo con cui liquida Luigi Di Maio, dipingendolo come "una cartelletta che aspetta di archiviarsi in un ministero della Nato". Un veleno che deve aver dosato con cura, sentendosi tradito da quel trentenne rampante che lui portava in palmo di mano.

 

Era il primo dei "ragazzi meravigliosi". Una delle tre persone "che proseguiranno il mio lavoro perché sono migliori di me" (gli altri due, Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, sono spariti prima). "Non c'è una persona come lui" giurava. "Siamo in buonissime mani" assicurava, spiegando che "l'entusiasmo di Luigi viene propagandato dalla sinistra frou frou come fosse bramosia di potere". E Luigi ricambiava: "Per me Beppe è stato ed è come un padre".

 

luigi di maio mario draghi meme

Ma proprio perché lo considerava il suo erede, Grillo oggi è furibondo con Di Maio. E ripensa ai sospetti che gli erano venuti esattamente tre anni fa - era il 24 luglio 2019 - quando l'allora capo politico dei cinquestelle si inventò il "mandato zero" per aggirare la regola dei due mandati. Quel giorno il garante non disse nulla, ma pubblicò sul suo blog - modificandola - la strofa di una celebre canzone di Julio Iglesias: "Il mandato ora in corso è il primo di un lungo viaggio/ ma di andarmene a casa non ho proprio il coraggio".

 

Ma la sentenza sul doppio mandato non riguarda più Di Maio, ormai fuori dal campo. È un atto che mette la parola fine anche alle carriere del presidente della Camera Roberto Fico, della vicepresidente del Senato Paola Taverna, dell'ex reggente Vito Crimi e di molti ministri ed ex ministri, insomma la classe dirigente che il Movimento ha prodotto in questi cinque anni. Come Crono divorava i suoi figli, Grillo caccia via tutti i grillini della prima ora. Per ricominciare daccapo, con altri "ragazzi meravigliosi".

PAOLA TAVERNA BEPPE GRILLO

 

2 -  M5S, IL TETTO DEI DUE MANDATI AGITA CONTE. I FEDELISSIMI: «MANTERRÀ LE PROMESSE?»

Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”

 

Un’ordinaria domenica di caos e veleni: è quella che si è consumata ieri in casa Cinque Stelle . Chat per lo più silenti, ma parlamentari sul piede di guerra. Una guerra senza esclusione di colpi, un tutti contro tutti, che vede contrapposti gli eletti al secondo mandato contro i vertici e contro Beppe Grillo e gli stellati alla prima legislatura contro i colleghi più esperti (e anche contro eventuali «nuovi» ingressi nel M5S come Alessandro Di Battista ). Oggetto del contendere: eventuali deroghe al tetto dei due mandati e l’alleanza con il Pd .

 

Dopo il video del garante a favore del tetto massimo di due legislature, la polemica interna non accenna a placarsi. I tempi sono stretti. Entro dieci giorni la questione andrà risolta in un modo o nell’altro. E tutti aspettano una mossa di Giuseppe Conte . «Che farà? — si chiedono nel Movimento — Andrà contro quanto ha promesso a molti di noi parlandoci di deroghe o andrà contro il volere di Grillo?».

 

ROBERTO FICO ESPLORATORE

La domanda innesca una serie di ragionamenti in seno al partito. C’è chi si chiede «come sia possibile dare il la a questa situazione politica senza aver già deciso una strategia».

 

Parole che fanno crescere il sospetto che «i contiani vogliano fare piazza pulita di tutti». Eppure tra i big a rischio ci sono alcuni fedelissimi del nuovo corso come Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi e i ministri Fabiana Dadone e Federico D’Incà. Chi è entrato in Parlamento per la prima volta nel 2018 solleva interrogativi di carattere opposto: hanno intenzione di mettere radici in Parlamento? Ma non erano cittadini prestati alla politica? Anche su Grillo, oltre alla questione della deroga al finanziamento pubblico, si insinuano dubbi: «Non vorrà rimpiazzarci con qualcuno di sua conoscenza?».

giancarlo cancelleri

 

I veleni vanno oltre la faida tra parlamentari e toccano le liste. «Ci saranno le Parlamentarie?». In teoria il nuovo statuto contiano all’articolo 7, lettera A, le prevede, ma i tempi sono stretti e il Movimento non ha una struttura rodata — dopo l’addio a Rousseau — per vagliare migliaia di documenti. Giorni contati per un iter complesso. E la riunione dei vertici (allargata) per definire una road map verso il voto dovrebbe essere domani. Primo tema sul tavolo: il nodo delle alleanze e le ripercussioni in chiave elettorale.

 

mario draghi federico dinca

Ieri Enrico Letta ha chiuso definitivamente la porta ai Cinque Stelle. Giancarlo Cancelleri, uomo forte del M5S in Sicilia, ha fatto intendere che l’asse con i dem per le Regionali sull’Isola è da ritenersi concluso solo poche ore dopo il voto per le primarie di coalizione. «Lo dico chiaramente, per quanto mi riguarda se il Pd continuerà ad attaccare il Movimento in questo modo possiamo anche mettere un punto a questa esperienza sia nazionale che regionale», scrive Cancelleri in un post. A cercare di ricomporre la frattura interviene Sinistra Italiana: «Lavoriamo per una coalizione progressista, in cui possano trovare spazio, oltre alla sinistra e agli ecologisti, il Pd e il M5S».

BEPPE GRILLO CON UNA BANAN

 

E mentre i vertici traccheggiano, Di Battista si lancia al contrattacco dei dem (e dell’agenda Draghi): «Ora che siamo in campagna elettorale dalle parti del Pd ripartirà la litania del voto utile contro le destre che vogliono colpire i lavoratori. Cioè sognano di fare quel che il Pd ha sempre fatto», scrive sarcastico l’ex deputato. Ma nel Movimento le mosse di Di Battista creano qualche malumore. C’è chi punge: «Ha detto che sarebbe tornato dopo la nostra uscita dal governo Draghi. Gli consiglio di guardare il sito del governo, perché i nostri ministri sono ancora lì», afferma un parlamentare. A un mese dalla presentazione delle liste, l’orizzonte degli stellati è ancora sottosopra.

roberto fico m5sroberto ficoROBERTO FICOBEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?