CARAVAGGIO IN VIAGGIO - DA CUBA A MOSCA, FINO ALLA MOSTRA ROMANA DI PALAZZO VENEZIA, I CAPOLAVORI DI CARAVAGGIO VENGONO FATTI VIAGGIARE PER MEZZO MONDO E STRAPPATI DALLE PALE D’ALTARE DELLE CHIESE, TUTTO PER L’AMBIZIONE DELLA SOPRINTENDENTE ROSSELLA VODRET - L’ENNESIMO INTOLLERABILE CONFLITTO D’INTERESSI: LA CURATRICE CHIEDE I PRESTITI ALLA SOPRINTENDENTE ED ESSENDO LA STESSA PERSONA LI OTTIENE TUTTI - IL SENATORE LANUTTI (IDV) SI CHIEDE COME POSSA RICOPRIRE QUEL POSTO SENZA AVER MAI VINTO UN CONCORSO…

Tomaso Montanari per il "Fatto quotidiano"

Alto tradimento. Roma al tempo di Caravaggio non è solo l'ennesima kermesse caravaggesca promossa da Rossella Vodret nei due anni che sono passati dalla sua nomina a soprintendente di Roma: è letteralmente un atto di alto tradimento, culturale e professionale.

La frenesia caravaggesca della dottoressa Vodret è tale che, al posto del Bacco di Bartolomeo Manfredi, a Palazzo Venezia c'è un cartello che informa che l'opera arriverà solo il 1° dicembre, al ritorno dalla inconsistente mostra su «Caravaggio en Cuba», sempre realizzata su progetto della Vodret. Insomma, per disciplinare il traffico aereo dei Caravaggio movimentati dalla soprintendenza di Roma ormai ci vuole una torre di controllo dedicata.

Ma la cosa più grave di Roma al tempo di Caravaggio è che quasi quaranta opere sacre sono state strappate dagli altari veri che ancora le accolgono nelle chiese per essere esibite a Palazzo Venezia, rimontate su finti altari di finto marmo, in una specie di galleria cimiteriale per cui davvero non c'era bisogno di scomodare Pier Luigi Pizzi.

In questo momento le chiese di Roma sono dunque ridotte ad un colabrodo, anche perché quello di Palazzo Venezia non è l'unico luna park in attività: la stessa Vodret ha, per esempio, autorizzato l'espianto dalla Cappella Cerasi (in Santa Maria del Popolo) e la spedizione a Mosca della Conversione di Paolo di Caravaggio, un atto che distrugge (pro tempore, salvo incidenti) uno dei pochi ecosistemi artistici del tempo di Caravaggio che ci sia arrivato intatto.

E ai musei non va molto meglio: i pochi caravaggeschi dell'appena inaugurato Palazzo Barberini che non sono a Cuba sono stati deportati in Piazza Venezia, e anche la Galleria Borghese e la Corsini hanno pagato un alto prezzo all'ambizione della soprintendente.

D'altra parte, quale sia la considerazione della soprintendenza per i musei, lo dice lo stato del disgraziatissimo Museo Nazionale di Palazzo Venezia, che sembra sempre il parente povero della mostra di turno nello stesso palazzo: un degrado espresso perfettamente dal busto quattrocentesco di Paolo II ridotto a decorazione del guardaroba della mostra.

E sta proprio qua l'alto tradimento: è la soprintendente stessa a lacerare il fragile e unico tessuto artistico romano che è pagata per difendere. In un conflitto di interessi intollerabile, la Rossella Vodret curatrice della mostra chiede i prestiti alla Rossella Vodret soprintendente: e, non sorprendentemente, li ottiene tutti.

Tutto questo per una mostra che non ha nulla - ma davvero nulla - a che fare, non dico con la ricerca scientifica degli storici dell'arte seri, ma nemmeno con un buon progetto di divulgazione. Il presidente della Fondazione Roma, Emmanuele F. M. Emanuele, scrive in catalogo che l'«assunto scientifico dell'esposizione è il confronto tra le due correnti del naturalismo e del caravaggismo»: che, invece, sono la stessa cosa.

Ma non bisogna fargliene troppo carico, perché è davvero difficile capire quale sia, quel famoso assunto: il "tempo di Caravaggio" (morto nel 1610) viene infatti dilatato fino al 1630, dimenticando un secolo di distinzioni storico-critiche e ammannendo al pubblico un polpettone indigeribile.

Fin dalla prima sala (dove tiene banco un confronto, malissimo impostato, tra un capolavoro di Caravaggio e una tela della bottega di Annibale Carracci), la mostra appare dilettantesca, slabbrata, disinformata: una mostra come la si sarebbe potuta fare nel 1922. E nel 2011, con un tavolo pieno di monografie, tre milioni di euro in tasca e una buona ditta di traslochi a disposizione, l'avrebbe fatta meglio un laureando qualunque dei (pessimi) corsi triennali in Valorizzazione dei Beni culturali.

Ciliegina sulla torta, ecco la strizzatina d'occhio al mercato dell'arte. Finalmente tutti possono vedere il quadro lanciato a giugno come un Caravaggio a prova di bomba. L'esame diretto conferma che il Sant'Agostino è un gran bel quadro: ma dipinto trent'anni almeno dopo la morte del Merisi. A parte la curatrice della mostra, il proprietario e la professoressa Danesi Squarzina (che lo ha pubblicato), nessuno crede all'attribuzione a Caravaggio.

Una pattuglia di specialisti autorevoli (tra cui Ursula Fischer Pace) pensa che sia un'opera del cortonesco Giacinto Gimignani, mentre a me ricorda addirittura le primissime prove di Carlo Maratti nella bottega di Andrea Sacchi (1640 circa). Comunque sia, siamo lontani anni luce da Caravaggio: e ora c'è solo da sperare che non si provi a rifilarlo allo Stato italiano per qualche milione di euro .

Non molti sanno che in Senato giace da mesi un'interrogazione in cui il senatore Elio Lanutti (IDV) chiede al ministro per i Beni culturali perché Rossella Vodret ricopra il posto di Soprintendente di Roma senza esser mai riuscita a superare un concorso da dirigente.

Ebbene, dopo il colossale disastro di «Roma al tempo di Caravaggio», la soprintendente di Roma potrebbe prendere in considerazione una soluzione che farebbe risparmiare tempo al Senato e al suo ministro: dimettersi.

 

Rossella Vodret EMMANUELE EMANUELE MARIO RESCA E ROSSELLA VODRETIl presunto Sant Agostino di Caravaggiosole38 gino lanuttiCaravaggio Conversione di San Paolo

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…