“BLOCCO STUDENTESCO” O INTESTINALE? - I PISCHELLI MAL-DESTRI CHE HANNO FATTO INCURSIONE A COLPI DI FUMOGENI NEL LICEO “GIULIO CESARE” ROTTAMANO IL FASCISMO E S’AUTODEFINISCONO “NO GLOBAL DI DESTRA” - IL PANTHEON DI RIFERIMENTO È UN BRIC-A-BRAC DI CAPITAN FARLOCK, PARDON HARLOCK, CORTO MALTESE, D’ANNUNZIO E MARINETTI…

Francesca Paci per "La Stampa"

Chi sono i ragazzi che lunedì mattina hanno fatto irruzione al liceo classico Giulio Cesare di Roma lanciando fumogeni nei corridoi e nelle aule? «Sono i militanti del Blocco Studentesco, violenti, di destra, esibizionisti, da due anni cercano d'infiltrare i loro metodi nei nostri collettivi apolitici ma finora hanno fallito» racconta Eugenio Mastronardi, 16 anni, dialettica erudita da primo della classe e maglietta bianca indossata per dissociarsi dalla polarizzazione novecentesca della protesta studentesca.

Loro, quelli che hanno interrotto la sua lezione di storia dell'arte a colpi di petardi, replicano a distanza di aver voluto «provocare le coscienze in modo futurista, fiumano e dannunziano, seppure forse magari un po' forte». Al Giulio Cesare hanno lasciato un volantino con scritto: «La generazione perduta tifa rivolta contro un governo illegittimo e al servizio delle banche» ma per capire cosa c'è culturalmente dietro uno slogan che potrebbe calzare anche a sinistra bisogna andare al centro sociale neofascista CasaPound, la cornice ideologica a cui fa riferimento il Blocco Studentesco.

«Il blitz non aveva intenzioni violente o intimidatorie, sarebbe controproducente per noi che vogliamo sperimentare nuove forme di protesta tipo quella di qualche giorno fa quando abbiamo srotolato una gigantografia di Monti all'Altare della Patria» spiega il coordinatore nazionale del Blocco Studentesco Rolando Mancini, 24 anni, nessun tatuaggio in vista a differenza dei camerati che salgono e scendono dalle scale tappezzate di foto di Nietzsche ma anche di Leni Riefenstahl, Sibilla Aleramo, Camille Claudel. Lunedì non era tra i 30 giovani e incappucciati agit-prop denunciati dalla Procura di Roma per riunione sediziosa e apologia di fascismo.

Ma qui, al sesto piano del palazzo umbertino occupato nel 2003 dai pionieri dello «squat» di destra, questo nipotino di Filippo Tommaso Marinetti racconta cosa sognano, a chi s'ispirano, che immaginario condividono gli avanguardisti del 2012.

Tanto per cominciare Rolando mostra un video girato con l'Iphone per smentire che durante il blitz qualcuno inneggiasse al Duce: «Non è così perché ci siamo differenziati dall'estrema destra che definiamo terminale. Abbiamo rivoluzionato il nostro immaginario e non usiamo croci celtiche ma simboli nuovi come il fulmine cerchiato del Blocco Studentesco che rappresenta l'energia nella comunità».

Alle sue spalle i manifesti incorniciati illustrano un album di famiglia piuttosto classico da Giano Accame al fondatore di Ordine Nuovo, dai ragazzi di Salò a Benito Mussolini a Julius Evola. Ma ci sono anche icone care ai compagni rossi come il mito beat Kerouac, il pellerossa Geronimo, il forum altermondista di Porto Alegre con una didascalia che spiega come la destra sia «più no global della sinistra».

Tesi, antitesi e poi la sintesi nell'antioccidentalismo occidentale che lampeggia dalla locandina dell'incontro sull'11 settembre 2001: «Lo spettacolo del terrore», un dibattito coordinato dallo scrittore Gabriele Adinolfi (ex Terza Posizione e sostenitore della tesi secondo cui con l'attentato alle Torri Gemelle «i vertici del sistema-mondo, simulando un attacco a se stessi, davano il via a un'offensiva golpistica mondiale»).

Rolando Mancini rifiuta le vecchie categorie destra-sinistra e a quello ideologico preferisce un immaginario pop generazionale popolato di cartoon, Capitan Harlock e Corto Maltese: «Non siamo fascisti usciti dalle fogne, ascoltiamo rock e su molte battaglie siamo dalla stessa parte di quelli di sinistra, ma loro seguono ancora sindacalisti vetero e credono nella lotta di classe mentre noi vogliamo uno stato nazione che sia padre».

Certo, la spiegazione della scelta del Giulio Cesare come target, suona un po' marxista: «E' un liceo fiore all'occhiello della medio alta borghesia romana e i nostri ragazzi, che magari vengono da zone periferiche, volevano spiegare ai coetanei benestanti perchè sono più arrabbiati di loro per il futuro senza posto fisso e senza pensione». Poi però, qui a CasaPound, nessuno rivendica la violenza.

La parola d'ordine è partecipazione (magari «futurista»). Il vicepresidente nazionale Simone de Stefano ne è convinto: «Parteciperemo con i nostri candidati alle elezioni. E parteciperemo anche alle primarie del Pd, abbiamo detto ai nostri 5mila iscritti di votare Bersani. Renzi è un bravo ragazzo, per combattere il Pd voteremo il peggio, ci piace il partito trinariciuto e amico dei poteri forti».

 

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