“MANDAMMO MANGANO DA DELL’UTRI E BERLUSCONI” - I RACCONTI DI BRUSCA, IL “ROBBOTTINO” DI TOTÒ RIINA, CHE SCIOLSE UN BIMBO NELL’ACIDO

1. UNO CHE SCIOLSE UN BIMBO NELL'ACIDO ASCOLTATO COME UN ORACOLO DAI GIORNALI
Lettera di Frank Cimini a "Il Foglio"

Un signore, si fa per dire, che sciolse un bimbo nell'acido e che gira libero perché un Parlamento di pagliacci istigati dai magistrati approvò una legge sciagurata e incostituzionale, sta riscrivendo la storia d'Italia in un'aula bunker. E tutti i giornali a fare da divulgatori come se si trattasse di un oracolo...uno schifo di livello mondiale... e nessuno dice niente.

2. "MANDAMMO MANGANO DA DELL'UTRI E BERLUSCONI" - CON IL CAPOMAFIA BAGARELLA NEL 1993 AVVICINARONO L'EX PREMIER PER PRESENTARGLI IL PATTO CON LO STATO DOPO LE STRAGI
Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"

Bombe, tradimenti e nuovi interlocutori politici. Ovvero il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica secondo Cosa nostra: al secondo giorno d'interrogatorio, Giovanni Brusca parla più distesamente di Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi, ma anche di Carlo De Benedetti, della "sinistra da indebolire" e della "sinistra che sa". Al processo sulla trattativa Stato-mafia in trasferta da Palermo a Milano, ieri è stato il pubblico ministero Francesco Del Bene a porre le domande al collaboratore di giustizia già fedelissimo di Totò Riina nella stagione delle stragi ("Ero il suo robottino").

Le risposte ricostruiscono la caccia ai nuovi referenti politici dopo l'esaurimento della vecchia alleanza con la Dc andreottiana, a cui Riina dichiara guerra perché non ha saputo mantenere le promesse (la salvezza dalle condanne del maxiprocesso). Cosa nostra prova a fare un partito in proprio: è Sicilia Libera, movimento che tenta contatti con la Lega di Umberto Bossi e con le altre Leghe del Sud.

"È un movimento che Leoluca Bagarella mi disse di aver costituito insieme ad altri. Io mi diedi da fare per aiutarli", racconta Brusca. "Venuto meno il riferimento di Andreotti", Cosa nostra progetta "d'indebolire la sinistra. Avevamo individuato in Carlo De Benedetti il sostenitore della sinistra. Parlando con Riina, c'era il progetto, mai concretizzato, di eliminare questo ostacolo per indebolire quella parte politica e realizzare il nostro progetto politico".

Ma il sogno di Cosa nostra di farsi partito non va in porto: "Bagarella mi disse: ma no, guarda che sono una banda di squinternati, non vanno da nessuna parte". È su Forza Italia, allora, che puntano i boss. Il mediatore è ancora una volta Vittorio Mangano, forte dei suoi rapporti di vecchia data con Dell'Utri e Berlusconi. I contatti con Milano erano stati riavviati già nel 1991: "C'era interesse a contattare Dell'Utri e Berlusconi perché attraverso loro si doveva arrivare a Bettino Craxi, che ancora non era stato colpito da Mani pulite, perché influisse sull'esito del maxiprocesso".

Quando poi un boss di Cosa nostra, Ignazio Pullarà, mette a segno un attentato a Berlusconi, Riina lo punisce destituendolo dal vertice del suo mandamento. Berlusconi già pagava a Cosa nostra un pizzo di 600 milioni l'anno, racconta Brusca. Poi la Prima Repubblica implode, la Dc "tradisce", il Psi sparisce.

Nel 1993, parte la grande ambasciata. "D'accordo con Leoluca Bagarella, incaricammo Vittorio Mangano di andare da Berlusconi e Dell'Utri per affrontare intanto il problema del carcere duro, che andava indebolito, e poi di avviare contatti per fare leggi nell'interesse di Cosa nostra, altrimenti avremmo proseguito con la linea stragista. Mangano fu contento di andarci e ci disse che era un modo per riprendere i rapporti con loro, che erano rimasti buoni nonostante lui avesse dovuto lasciare la villa.

Dopo una decina di giorni, mi disse che aveva incontrato Dell'Utri in un'agenzia di pulizie di una persona che lavorava per la Fininvest e che gli era stato detto: vediamo cosa si può fare". Intanto però, fino al 1994, sono al governo i tecnici e i ministri del centrosinistra. "Dissi a Mangano", racconta Brusca, "di riferire a Dell'Utri che la sinistra sa". La trattativa era infatti aperta da tempo: tanto che il papello con le richieste di Riina, secondo quanto riferito da Brusca nel primo giorno del suo interrogatorio, era arrivato nelle mani dell'allora ministro dell'Interno Nicola Mancino.

"La sinistra, a cominciare da Mancino, ma tutto il governo, in quel momento storico, sapevano quello che era avvenuto in Sicilia", ha aggiunto ieri Brusca. "Gli attentati del '93, il contatto con Riina. Sapevano tutto. A Mangano spiegai che le stragi servivano per tornare a trattare sul famoso papello". Così "potè riprendere quello che era stato interrotto. Per noi l'obiettivo era agganciare un altro canale politico. Il nostro messaggio era diretto a Berlusconi, ma Mangano incontrò solo Dell'Utri.

Mi disse però che avrebbe dovuto incontrare direttamente Berlusconi, che doveva venire a Palermo per un comizio. Si sarebbero dovuti vedere nello scantinato di un ristorante sulla circonvallazione, ma non so se l'incontro ci fu". Poi la parola passa, per il controesame, agli avvocati. Puntiglioso quello di Basilio Milio, difensore dell'ex generale del Ros Carabinieri Mario Mori, imputato (come lo stesso Brusca) di minaccia a corpo politico dello Stato.

Fu Mori, da vicecomandante operativo del Ros, ad arrestare il capo dei capi. Secondo la Procura, la cattura fu frutto dell'intervento di Bernardo Provenzano, che consegnò il compaesano ai carabinieri, al culmine di un'ulteriore trattativa avviata con pezzi dello Stato. Milio tenta a lungo di mostrare le contraddizioni temporali in cui Brusca sarebbe caduto nei suoi racconti, nei diversi processi in cui ha testimoniato. Alla fine del controesame, malgrado i richiami del rigoroso presidente della Corte d'assise, Alfredo Montalto, Brusca saluta così l'avvocato: "Ringrazi il generale Mori per avere fatto fare a Riina la fine del topo".

 

Silvio berlu silvio berlu occhiali GIOVANNI BRUSCAgiovanni bruscaVittorio Mangano in tribunale nel 2000BagarellaBERLU E Andreotti thumb x jpegcraxi berlusconi maccanicoDeBenedetti Bazoli Geronzi BERLUSCONI E STEFANIA CRAXI

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")