I RENZIANI DE’ ROMA LAVORANO AL COLPO GROSSO IN CAMPIDOGLIO: COMMISSARIARE MARINO - DOPO LE SPACCATURE SUL DECRETO SALVA-ROMA, RENZI HA DECISO CHE È MEGLIO SPEDIRE AL PARCO IL ‘SOR IGNAZIO E LA SUA BICI

Claudio Cerasa per "il Foglio"

Al termine di un'appassionante ed emozionante trattativa con lo staff di Barack Obama, ieri mattina, dopo un drammatico inseguimento, Ignazio Marino è riuscito nell'impresa di avvicinarsi per qualche istante al presidente degli Stati Uniti e a farsi scattare un delizioso selfie di fronte all'aeroporto di Ciampino. Clic. I più maliziosi dirigenti del Pd romano, soprattutto quelli renziani, che da qualche mese hanno alcune difficoltà di comunicazione con il sindaco della loro città, dicono che quello di ieri, il selfie, è stato il successo politico più significativo ottenuto da Marino negli ultimi mesi.

Le malizie lasciano il tempo che trovano ma è un fatto che attorno al Campidoglio da alcuni mesi il rapporto tra il sindaco e il Pd è diventato non troppo diverso da quello che all'inizio dell'anno aveva costruito Letta con il suo partito. Ed è un fatto che da alcuni mesi l'idea di trovare una "soluzione per bloccare Marino" è diventata qualcosa di più di un pettegolezzo giornalistico.

I dossier che hanno indebolito la figura del primo cittadino sono molti. Si potrebbe parlare dello scivolone sulla prima nomina del capo dei vigili (scelto senza che questi avesse i requisiti per svolgere quel ruolo). Si potrebbe parlare del rischio default. Si potrebbe parlare delle tensioni con l'assessore al Bilancio.

Ma il terreno sul quale il sindaco ha segnato il suo destino - e sul quale ha aperto una profonda ferita con Renzi - riguarda il dossier sul Salva Roma. In breve la situazione è questa: non appena il decreto sarà convertito alle Camere, il comune avrà 90 giorni per presentare il suo piano di ristrutturazione del debito (800 milioni di euro); e una volta consegnato il piano, la presidenza del Consiglio avrà 60 giorni per valutare la bontà del progetto. Marino sostiene di avere la forza di trovare 800 milioni di euro da qui al prossimo autunno ma a Palazzo Chigi non c'è molto ottimismo.

Marino ha già bocciato il piano di rientro proposto dal suo assessore al Bilancio (che nel giro di poche settimane dovrebbe essere cacciato dal comune); le prime mosse del sindaco non convincono Renzi (Marino ha pensato persino di mandare in pensione 4.000 dipendenti comunali, provando dunque a scaricare sull'Inps parte dei debiti del comune). Ed è anche per questo che alcuni collaboratori del premier non escludono l'opzione "commissariamento soft".

L'idea che in caso di crollo del Pd romano alle europee al sindaco possa essere chiesto un passo indietro è suggestiva ma fragile. Il piano riguarda una possibilità diversa: costruire una troika capace di prendere in mano la città (guidata da Causi, ex assessore al Bilancio, Cosentino, segretario del Pd romano, e Legnini, sottosegretario all'Economia) e lasciare a Marino le funzioni di rappresentanza.

Il dossier non è stato ancora approfondito da Renzi ma la lontananza tra premier e sindaco è testimoniata da un altro fatto che riguarda la più importante municipalizzata di Roma: Acea. Marino sta combattendo una complicata battaglia contro Acea. Ha chiesto di cambiare i vertici. Di ridurre i compensi.

E ha portato Acea in tribunale. Soci di Acea, a parte Caltagirone, sono i francesi di Suez, che come altri azionisti rimproverano a Marino di aver ingaggiato una battaglia ideologica contro l'unica municipalizzata in salute della Capitale (il titolo di Acea nel marzo 2013 valeva 3,7 euro, oggi 11 euro).

Le lamentele sono arrivate all'Eliseo. I consiglieri di Hollande ne hanno parlato a Renzi durante il bilaterale. Il premier si è infuriato e ha promesso che - Marino o non Marino - si occuperà della questione. Sono tutti piccoli ingredienti. Ma utili a capire perché a Roma molti dirigenti Pd hanno cominciato a rivolgersi a Marino con lo stesso tono con cui Renzi si rivolgeva a Letta: Ignazio, davvero, nessuno vuole farti le scarpe: #staisereno.

 

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