
DAGOREPORT - CHI SONO I VERI OPPOSITORI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI? L'AMMUCCHIATA SCHLEIN-CONTE? I MISSILI DI RENZI, "BAGNATI" PER LE SPACCONATE DEL PASSATO? QUEL SINDACATO DI PENSIONATI DI LANDINI? L’”ODIO E VIOLENZA” DI IMMAGINARI SINISTRELLI? I QUOTIDIANI DE SINISTRA? LA7? - CERTO, UN FATTO CHE DESTABILIZZA LA STATISTA DI COLLE OPPIO È LA VANNACCIZZAZIONE DI MATTEO SALVINI. MA IL VERO OPPOSITORE ALL'AUTORITARISMO DEL GOVERNO MELONI È IL COSIDDETTO DEEP STATE (QUIRINALE, MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, RAGIONERIA GENERALE, MILITARI, ETC) – LO SCONTRO CON GLI APPARATI ADDETTI AL CONTROLLO E ALLA VIGILANZA DEGLI ATTI DELL'ESECUTIVO VA AVANTI DA TRE ANNI: DAI RILIEVI CONTABILI DELLA CORTE DEI CONTI SULLE SPESE DEL PNRR AL PONTE SULLO STRETTO, ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DI NORDIO CHE E' RIUSCITA A COMPATTARE TUTTE LE CORRENTI DELLA MAGISTRATURA - PURTROPPO LA DUCETTA E' NATA ALLA GARBATELLA E NON IN AMERICA, DOVE LA DEMOCRAZIA PERMETTE DI ELEGGERE UN TIRANNO CHE FA FUORI TUTTI COLORO CHE OSANO CONTRADDIRLO...
DAGOREPORT
giorgia meloni e matteo salvini alla camera
Chi è il primo vero ‘oppositore’ dell’armata Branca-Meloni? Il centrosinistra di Schlein e Conte-Fratoianni? i missili terra-aria di Renzi, azzoppato per le spacconate del passato? Il sindacato dei pensionati di Landini? O magari l’”odio e violenza” da Brigate Rosse” di immaginari sinistrelli?
Finora un elemento che destabilizza la Statista della Sgarbatella è il suo fumantino alleato di maggioranza Matteo Salvini, a capo di una Lega che si è ritrovata spiazzata dalla camaleontica mossa di Meloni di democristianizzare qui e là, secondo le opportunità tattiche del momento, la ‘’destra sociale” erede del Msi collocando Fratelli d’Italia in una posizione centrista, che non poteva non erodere voti a Lega e Forza Italia.
MATTEO SALVINI E ROBERTO VANNACCI - PONTIDA 2025
A quel punto, davanti all’invasione centrista della Zelig della Fiamma, Salvini pestò il merdone: decise di rispondere in modo uguale e contrario, buttandosi a destra per recuperare il terreno risucchiato dai Fratellini d’Italia.
Anziché posizionarsi a sinistra del centro moderato di Forza Italia, recuperando il credo bossiano che dette vita nel 1991 al Carroccio, che attirarò un elettorato del tutto anti-fascista, legato al mondo operaio e dell’agricoltura del nord Italia (all’epoca Giorgio Bocca fece scalpore per i suoi articoli su “Repubblica” a favore del Bossi in canottiera), gettata in cantina anche l’esperienza leghista col primo governo del para-grillino Giuseppe Conte, Il “Capitone” ce lo siamo ritroviamo arzillo e ballerino con l’ultra destra sovranista e populista di Putin, Orban, Marine Le Pen.
Guido Carlino - presidente della corte dei conti
Una mossa suicida che l’ha poi costretto a imbarcare un gerarca di ritorno, il generalissimo Vannacci, ritrovandosi oggi con un partito spaccato come una mela: da una parte è rinnegato dalla base storica leghista capitanata dai tre governatori, dall’altra si è ritrovato succube delle mattane fascistoidi dell’ex parà della Folgore, già addetto militare all’ambasciata italiana di Mosca, che non nasconde l’obiettivo di impossessarsi prossimamente del partito della fu Padania.
La notizia di ieri, a proposito della decisione della Corte dei Conti di rispedire al governo la delibera sul Ponte sullo Stretto, esigendo chiarimenti su pubblico interesse, spese e rispetto delle norme Ue, è l’ultimo tassello del quadro che rappresenta realisticamente l’opposizione al governo Meloni.
Lo scontro tra poteri dello Stato, vale a dire gli apparati burocratici, il cosiddetto Deep State (Quirinale, magistratura, Corte dei Conti, Consulta, Ragioneria Generale, militari, Servizi eccetera), e gli inquilini di Palazzo Chigi è sempre stato un tema all'ordine del giorno sin dalla nascita della Repubblica.
Il ventennio di dittatura mussoliniana aveva lasciato una ferita profondissima nel corpo dello Stato (di cui gli italiani non hanno mai elaborato il lutto: prima 45 milioni di fascisti, dopo il 25 luglio 45 milioni di antifascisti) che spinse i due maggiori partiti, Democrazia Cristiana e Partito Comunista, a creare un contrappeso legislativo di controllo tale da controbilanciare, vanificandole, eventuali spinte autoritarie dell'esecutivo.
Già Pietro Nenni nel 1963, nel primo governo di centrosinistra, scoprì che a Palazzo Chigi la fatidica "stanza dei bottoni" non esisteva e che il presidente del Consiglio non poteva fare il cazzo che voleva.
E tutti i premier, dal Dopoguerra in poi, hanno dovuto fare i conti con il Deep State. Renzi arriva a Palazzo Chigi e fa il suo Giglio Magico con quattro amici fiorentini. Conte, un avvocato del tutto a digiuno di politica politicante, "inventato" da Luigi Di Maio con Matteo Salvini, ha tirato avanti finché relazionava le sue decisioni con il Quirinale (nella persona di Ugo Zampetti, segretario generale della presidenza della Repubblica, già tutor di Di Maio quando Giggino era presidente della Camera).
giovanbattista fazzolari e giorgia meloni
Quando, dopo l'uscita coatta di Salvini dal governo, sostituito dal Pd, Conte2 si cotonò il cervello tagliando il filo con il Colle è naufragato miseramente: gli bastavano appena tre senatori per il Conte-ter, ma il Quirinale l'ha segato con la sua “moral suasion” bloccando i soccorsi di Cesa e Tabacci all’”Avvocato del popolo”.
Quando nel 2020 all’inizio del suo mandato Meloni pensava di mettere come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ricopre il delicatissimo ruolo di referente tra il governo e il Deep State, il cofondatore di FdI, Guido Crosetto, a farlo fuori furono le trame della "parrocchietta" del Colle Oppio, che lo ha sempre considerato un “abusivo” della Fiamma.
Meglio Giovanbattista Fazzolari, “il genio” secondo la Sora Giorgia, uno che nel 2018 era un dirigente di seconda fascia alla Regione Lazio, ma con un pedigree dal punto di vita dell’affidabilità alla destra italica, ma del tutto a digiuno dalla rete di relazioni con gli apparati dello Stato. Tale scelta venne poi azzerata grazie all’esperienza di Gianfranco Fini che consigliò di rivolgersi a Alfredo Mantovano, ex magistrato, ex Alleanza Nazionale, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
ALFREDO MANTOVANO E GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
Anche con il pio Mantovano, i rapporti tra esecutivo e apparati iniziarono col piede sbagliato. Sul Pnrr, per esempio, Mario Draghi aveva creato una task force al ministero dell'Economia che fu subito smantellata istituendo un ministero per gli affari europei, con delega al Sud, capitanato da Fitto. Ovviamente l’operazione non fu per niente gradita e ogni qualvolta Fitto ha avuto bisogno di documenti e dati riguardo lo sviluppo del Pnrr ha trovato la massima indifferenza da parte dei burocrati del Mef.
Essendo i nuovi inquilini di Palazzo Chigi privi di cultura politica rimpiazzata solo da una voglia di rivincita dopo 30 di emarginazione nelle grotte di Colle Oppio e di via Sommacampagna, le decisioni vengono prese senza nemmeno essere precedute da un dialogo, una trattativa e infine da un compromesso con i vertici dell’apparato.
Altri esempi di sgarbi che la Pubblica Amministrazione non digerisce affatto furono la cacciata di Alessandro Rivera, ex direttore generale al ministero del Tesoro, oppure il violento scazzo con i magistrati contabili della Corte dei Conti sulle spese dei 194,4 miliardi di fondi Pnrr.
Anche la scelta di Giorgetti di nominare Daria Perrotta come nuova Ragioniera dello Stato, una figura che non faceva parte dell'apparato, è stata accolta nella maniera peggiore dall’apparato.
ALESSANDRO RIVERA GIANCARLO GIORGETTI
Ignorando che il Deep State è un mondo che non è né di destra né di sinistra, essendo consapevole che tutti i governi passano, ma loro stanno sempre lì, fedeli nei secoli, l’ira funesta dell’Armata BrancaMeloni non si è fatta attendere. Assistiamo da mesi alla guerriglia in atto contro i magistrati, per una volta compatti al di là di ogni corrente politica, contro la Riforma Nordio e la separazione delle carriere.
Certo, la nostra Carta Costituzionale che impone un apparato di vigilanza e di burocrazia, in epoca turbo-digitale, sembra un residuato del Novecento, in Italia ci sono più leggi che abitanti, ma senza il Deep State non ci sarebbe nessuna vigilanza sul governo. Gli apparati puoi adeguarli ai tempi ma non puoi farne a meno.
giorgia meloni e sergio mattarella - consiglio supremo della difesa
Purtroppo per la Ducetta, la nostra non è una democrazia all’americana, dove il presidente Trump, come un Caligola da Far West può permettersi di attuare lo spoils system più folle, facendo fuori, come birilli, tutti coloro che osano contraddirlo.
Davanti a tale stato di impotenza esecutiva (“Qui comando io!” se lo può permettere in via della Scrofa), è spuntata un’idea nella cofana bionda dell’Underdog alla vaccinara, il Premierato. Con la “Madre dei tutte le Riforme”, decapiterebbe gran parte dei poteri che la Costituzione consegna nelle mani del Capo dello Stato. Dopodiché, la marcia sui detestati apparati di controllo sarebbe in discesa…
UNA PESSIMA NOTIZIA PER I NOSTRI MELONI AFFAMATI DI POTERE TOTALE
Al vertice della Corte dei Conti, seconda bestia nera del governo Meloni dopo Mattarella, c’è Guido Carlino, nato in Sicilia, a Canicattì in provincia di Agrigento, nominato nel 2020 con decreto del presidente della Repubblica, su proposta dell’allora governo Conte II, quello della maggioranza giallorossa.
Una volta nominato, il presidente della Corte dei Conti non può più essere revocato dal proprio incarico, dal quale cessa per dimissioni volontarie o per collocamento a riposo per limiti di età. Essendo Carlino nato nel 1958, Meloni deve aspettare due anni…