
“IL PD NON È PIÙ IL PARTITO DEL COLLE” – “LA STAMPA”: “IL RAPPORTO COL QUIRINALE È CAMBIATO DA QUANDO È ARRIVATA ELLY SCHLEIN. MATTARELLA VIENE BUONO COME BANDIERA QUANDO C’È DA CELEBRARE IL 25 APRILE O SUI GIUDICI, ALTRIMENTI VIENE BEATAMENTE IGNORATO” – “DIFFICILE NON NOTARE LA DISSONANZA SU QUESTIONI ESSENZIALI COME L’UCRAINA” – “PER ELLY, L’IMPORTANTE È INTERCETTARE IL PACIFISMO POLITICO E DA PORTAFOGLIO DI CONTE. NÉ LA SEGRETARIA DEL PD SI PONE IL PROBLEMA DI UN ALLEATO CHE SULL’UCRAINA HA TESI, DICIAMO COSÌ, MOLTO ARDITE. SE DOMANI IL CAMPO LARGO VINCESSE LE ELEZIONI, MATTARELLA…”
Estratto da “Lo spigolo”, la newsletter di Alessandro De Angelis per “La Stampa”
elly schlein vota al referendum - foto lapresse
C’è stato un periodo, piuttosto lungo, in cui il Pd è stato il “partito del Colle”. Che non si significa, tanto per capirci, complicità manovriera o trame politiche, ma una comune idea dell’interesse nazionale.
Quando Sergio Mattarella, in un passaggio drammatico, chiama Mario Draghi, il Pd, sia pur con qualche maldipancia iniziale, si adegua perché “prima il paese”. Andando a ritroso: quando sempre Mattarella stoppa la richiesta di elezioni anticipate da parte di Matteo Renzi, dopo la sconfitta al referendum, arriva il governo di Paolo Gentiloni e lo stesso Renzi si adegua.
Andando ancora più a ritroso, c’è Giorgio Napolitano che, senza quel partito, non avrebbe potuto gestire la crisi dello spread, e così via. Fino ai tempi di Oscar Luigi Scalfaro.
L’obiezione è nota: tutto vero, ma è anche vero che, in nome della famosa “responsabilità”, la sinistra ha donato sangue con esiti non proprio vantaggiosi.
Dopo Monti il Pd si è schiantato, dopo Draghi pure. Mentre la sinistra faceva da stampella del sistema, gli altri macinavano voti sulla protesta, Giorgia Meloni compresa. Si potrebbe contro-obiettare facilmente che tra il non assumersi la responsabilità e fare la stampella ci sono infinite sfumature che attengono alla politica.
SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI
Perché essere un partito con cultura istituzionale non significa, come accaduto, essere per forza subalterni a chi ti porta a governo. In fondo così è stato da parecchio tempo a questa parte, e non solo con i “governi del presidente”. Vai alla voce, ad esempio: Conte 2.
Sia come sia, ora questa storia è a un giro di pagina. Il Pd non è più il partito del Colle, nel senso che di quel rapporto sono mutati i fondamentali di cultura politica.
Innanzitutto viene da chiedersi se ci sia ancora una interlocuzione, fatta di contatti informali, di approfondimenti comuni, di uno scambio di vedute. […] la sensazione è che Elly Schlein, che si è messa a fare Meloni con Meloni, di questo rapporto sembra non avvertire il bisogno, diversamente dai suoi predecessori.
A ben vedere, il rapporto col Quirinale è molto cambiato da quando è arrivata. E riflette in toto la cifra della nuova segretaria in termini di cultura politica, squisitamente identitaria: Mattarella viene buono come bandiera quando c’è da celebrare il 25 aprile o sui giudici, oppure quando, essendo popolare, il suo nome viene speso in opposizione al premierato.
Insomma, quando si è d’accordo c’è l’attitudine a coinvolgerlo nell’agone politico, rischiando cosi di minare la sua terzietà. E forse deve essere arrivato qualche segnale da lassù perché l’andazzo, negli ultimi tempi si è un po’ temperato.
elly schlein vs marini e mattarella
Quando invece non viene ritenuto una bandiera su altri terreni, allora viene beatamente ignorato, anzi viene messa in conto, come se fosse normale, una clamorosa divaricazione di vedute.
Difficile non notare la non banale dissonanza tra Sergio Mattarella ed Elly Schlein […] su […] questioni essenziali […]: l’Ucraina, la minaccia rappresentata dalla Russia, le scelte cui è chiamata l’Europa sul terreno della difesa e della sicurezza.
Ebbene, l’uno (Sergio Mattarella) non perde occasione per ricordare di che entità sia la minaccia russa - la equiparò, in un celebre discorso, alla Germania nazista - e dunque per sollecitare l’Europa a essere “protagonista e non vassalla”, facendo della difesa il primo passo verso una più profonda integrazione politica. In questo quadro, il capo dello Stato considera il “piano di riarmo” un primo passo, insufficiente ma necessario.
L’altra (Elly Schlein), al contrario, ha espunto dal discorso il tema dell’imperialismo russo, polemizza con l’Europa, ne contesta un piano che viene visto come guerrafondaio, chiedendone una “radicale revisione”.
[…] L’importante è intercettare il pacifismo politico e il pacifismo da portafoglio di chi dice “basta sacrifici”, facendo di tutt’erba un fascio: aggressori, aggrediti, esigenza di sicurezza e spirito guerrafondaio. Né la segretaria del Pd si pone il problema di un alleato che sull’Ucraina ha tesi, diciamo così, molto ardite.
Bel problema. Per farla breve, se domani il campo largo vincesse le elezioni, Mattarella si troverebbe a fare qualche domanda in più del solito in relazione alla tenuta di quella cornice attorno a cui si articola l’interesse nazionale.
Ai tempi del Conte 1, si oppose alla nomina di Paolo Savona all’Economia perché voleva uscire dall’Euro. Quando è arrivata Giorgia Meloni, all’Interno non è andato Matteo Salvini, che ha posizioni filorusse, e alla Difesa e agli Esteri ci sono figure affidabili. Insomma, avrebbe lo stesso problema di temperare operazioni fantasiose e assicurarsi un’affidabilità complessiva. Fa un po’ effetto, visto che stiamo parlando del partito che lo ha espresso…