tullio del sette1

INCHIESTE BOMBA SULL'ARMA DEI CARABINIERI - FITTIPALDI SULL’”ESPRESSO: ''LO SCANDALO CONSIP HA TRAMORTITO TUTTI. DAL COMANDANTE GENERALE TULLIO DEL SETTE (INDAGATO PER FAVOREGGIAMENTO) AI CAPI DI STATO MAGGIORE, ASCOLTATI COME TESTIMONI; PASSANDO AI COMANDANTI DI REPARTI SPECIALIZZATI, ACCUSATI DI DEPISTAGGIO; E AI CARABINIERI ISCRITTI NEL REGISTRO PER FALSO IDEOLOGICO E MATERIALE; PER FINIRE CON LA CADUTA DI EROI SIMBOLO DELL’ARMA COME IL COLONNELLO SERGIO DE CAPRIO, MEGLIO CONOSCIUTO COME “CAPITANO ULTIMO”

FITTIPALDIFITTIPALDI

Emiliano Fittipaldi per l’Espresso

 

Chiunque arriverà, «dovrà rimboccarsi le maniche. Perché troverà macerie: erano decenni che l’Arma dei Carabinieri non soffriva di una crisi così grave». Il militare che lavora al Comando Generale di Roma forse esagera, ma non è l’unico a pensare che la Benemerita stia vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia recente.

 

sergio de caprio  ULTIMOsergio de caprio ULTIMO

Una crisi latente da tempo, esplosa con l’indagine Consip. Uno scandalo che ha tramortito, in un domino di cui ancora non si vede la fine, tutti. Dal comandante generale Tullio Del Sette (indagato per favoreggiamento) ai capi di stato maggiore, ascoltati come testimoni; passando ai comandanti di reparti specializzati, accusati di depistaggio; e ai carabinieri iscritti nel registro per falso ideologico e materiale; per finire con la caduta di eroi simbolo dell’Arma come il colonnello Sergio De Caprio, meglio conosciuto come “Capitano Ultimo” per aver arrestato Totò Riina, allontanato su due piedi lo scorso mese da una delle nostre agenzie di intelligence perché considerato improvvisamente «non più affidabile».

alessandro ruben mara carfagnaalessandro ruben mara carfagna

 

DEL SETTE iDEL SETTE i

Leggendo le carte e le accuse dei magistrati - tutte ancora da provare - sembra che sul caso Consip l’Arma si sia spaccata a metà. Con il vertice della piramide impegnato a rovinare attraverso fughe di notizie insistite un’indagine giudiziaria che rischiava di compromettere l’immagine del Giglio magico di Matteo Renzi, e la base - rappresentata dagli investigatori del Noe - concentrata al contrario a costruire prove false pur di inchiodare Tiziano Renzi, il padre del segretario del Pd.

carrai renzi carrai renzi

 

Un cortocircuito mai visto nel Corpo, un disastro giudiziario e mediatico che ha indebolito ancor di più la posizione del numero uno Tullio De Sette, indagato dallo scorso dicembre a Roma per favoreggiamento e divulgazione di segreto istruttorio, con l’accusa di aver fatto trapelare a soggetti terzi (come l’ex presidente della Consip Luigi Ferrara) l’indagine sulla stazione appaltante dello Stato su cui stavano lavorando i pm di Napoli.

RENZI DEL SETTE eceb71372RENZI DEL SETTE eceb71372

 

Per lo stesso reato sono iscritti anche il ministro Luca Lotti e il generale Emanuele Saltalamacchia: il comandante della Legione Toscana, è stato accusato di aver spifferato informazioni segrete sia da Luigi Marroni (l’ex ad di Consip ha detto che era stato anche Saltalamacchia, suo amico, a dirgli «che il mio cellulare era sotto controllo») sia dall’ex sindaco Pd di Rignano sull’Arno Daniele Lorenzini. «Durante una cena a casa di Tiziano», ha specificato in una deposizione, «sentii Saltalamacchia» suggerire al papà dell’ex premier «di non frequentare un soggetto, di cui tuttavia non ho sentito il nome, perché era oggetto di indagine».

Gallitelli - Del-SetteGallitelli - Del-Sette

 

Se gli ultimi mesi sono stati difficilissimi, va evidenziato che Del Sette, nato 66 anni fa in Umbria, a Bevagna, era inviso a pezzi dell’Arma anche prima dell’iscrizione nei registri della procura, e che fonti del Comando generale non negano come molti generali, davanti ai guai giudiziari del loro capo, non si siano certo stracciati le vesti.

DEL SETTEDEL SETTE

 

Già: il comandante generale, arrivato al posto di Leonardo Gallitelli all’inizio del 2015, è infatti stato giudicato fin da subito “troppo” vicino alla politica: anche se la lunga carriera dell’Arma ne faceva un candidato autorevole, in molti non gli perdonavano (e non gli perdonano) i sette anni in cui è stato capo ufficio legislativo del ministero della Difesa, sotto governi sia di destra sia di sinistra; né la scelta, nel 2014, di accettare la chiamata del ministro Roberta Pinotti, per diventarne capo di gabinetto. Non era mai accaduto prima che un carabiniere assumesse quell’incarico fiduciario.

 

A Del Sette viene poi contestato un carattere non facile. Se Gallitelli, mente fredda e raffinata, ha puntato su una guida inclusiva e meritocratica, seppur giudicata da alcuni troppo “curiale”, Del Sette ha preferito un comando verticistico, che per i critici ha finito con l’essere divisivo. «Del Sette è persona di grande valore, molto leale con le istituzioni. Ha lavorato bene con i ministri di ogni partito, come Martino, Parisi, anche con Ignazio La Russa.

PINOTTI DEL SETTEPINOTTI DEL SETTE

 

Molte delle leggi vigenti portano la sua “firma”, compreso l’accorpamento del Corpo forestale ai carabinieri», spiega chi lo stima e ha lavorato con lui al dicastero della Difesa. «Cosa lo ha penalizzato negli ultimi tempi? Su Consip credo si sia trattato di un’ingenuità, e la sua posizione sarà archiviata. Al comando generale invece, non l’ha mai aiutato il suo carattere fumantino. È un uomo capace, che però si arrabbia facilmente. Soprattutto quando si convince che il suo interlocutore non rispetta le gerarchie e i ruoli che lui ha definito».

 

Del Sette viene definito sia dai suoi estimatori (che sono molti) sia dai suoi nemici (che sono ancor di più) un uomo schivo, persino timido, ma poco propenso alla mediazione. Appena nominato dai renziani a numero uno dei carabinieri, ha deciso in effetti di spazzare via la vecchia nomenclatura costruita in sei anni dal suo predecessore, scegliendo di andare allo scontro frontale con alcuni generali fedelissimi di Gallitelli. Molto stimati, però, dalla base dell’Arma.

 

Così, se il Capo di Stato maggiore Ilio Ciceri è stato sostituto da Vincenzo Maruccia (anche lui sentito come testimone dai pm di Roma per la vicenda Consip), e il generale Marco Minicucci è stato sottoutilizzato, un altro pezzo da novanta come Alberto Mosca ha dovuto cedere la poltrona di comandante della Legione Toscana a uno dei pupilli di Del Sette, proprio Saltalamacchia, dovendosi accontentare del comando della Legione Allievi Carabinieri.

 

tullio del sette comandante generale dei carabinieritullio del sette comandante generale dei carabinieri

Clamorosa poi la scelta del colonnello Roberto Massi: l’ex comandante dei Ros considerato uno degli ufficiali più brillanti dell’Arma, e promosso da Gallitelli capo dell’ufficio legislativo nel 2014, dopo una breve convivenza con Del Sette ha preferito fare armi e bagagli e trasferirsi all’Anas nel 2016. All’ente nazionale per le strade Massi ricopre l’incarico di “responsabile della tutela aziendale”. L’unico gallitelliano che è riuscito a stringere un patto di ferro con il comandante umbro è stato Claudio Domizi, ancora influente capo del personale del primo reparto.

 

«Le tensioni interne sono iniziate fin dal suo arrivo, ma sono peggiorate nel tempo. La crisi Consip le ha fatte solo esplodere», ragiona preoccupato un militare con le stellette, che considera i colleghi gallitelliani veri responsabili della spaccatura, perché nostalgici e incapaci di accettare il nuovo corso.

 

Tutti, però, mettono sul banco degli imputati anche il sistema della rotazione obbligatoria degli ufficiali (che costringe pure i carabinieri più esperti e capaci a cambiare reparto dopo due anni) e l’assenza di una vera meritocrazia interna. «Qualche tempo fa a Reggio Calabria durante un giuramento a passare in rassegna i reparti, oltre agli ufficiali, è stato anche un appuntato del Cocer, il sindacato interno dei carabinieri a cui Del Sette si è molto appoggiato dall’inizio del suo mandato», racconta uno degli scontenti «Forse a voi civili sembra una sciocchezza, ma nell’Arma è una cosa inverosimile, che ha fatto accapponare moltissime divise».

luca lotti maria elena boschi al quirinaleluca lotti maria elena boschi al quirinale

 

Ottimi rapporti con Maria Elena Boschi e lo stesso Lotti, qualche incontro con l’imprenditore renziano Marco Carrai (tra cui una cena a casa del compagno di Mara Carfagna, Alessandro Ruben, che ama invitare mimetiche e stellette nel suo salotto), Del Sette ha dovuto gestire anche la patata bollente del colonnello Sergio De Caprio, “Ultimo”.

 

L’attivismo “anarchico” dell’ex vice comandante del Noe (che ha collaborato con il pm John Woodcock a quasi tutte le inchieste più delicate degli ultimi anni su politica e potere, da quelle sulle tangenti di Finmeccanica alla P4 di Luigi Bisignani, passando dalle tangenti della Lega Nord a quelle sulla Cpl Concordia) non è mai stato amato dai piani alti della Benemerita.

scafartoscafarto

 

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è caduta proprio nel luglio del 2015, quando una delle intercettazioni del fascicolo sulla Cpl (una telefonata privata tra il generale della Finanza Michele Adinolfi e Matteo Renzi in cui il segretario del Pd definiva il suo predecessore Enrico Letta «un incapace») è finita in prima pagina sul “Fatto Quotidiano”.

 

alberto manentialberto manenti

Del Sette, dopo un mese di buriane politiche e polemiche infuocate, deciderà di firmare una circolare che toglie ai vicecomandanti dei reparti le funzioni di polizia giudiziaria. Una norma considerata da molti “contra personam”. «Continuerete la lotta contro quella stessa criminalità, le lobby e i poteri forti che le sostengono e contro quei servi sciocchi che, abusando delle attribuzioni che gli sono state conferite, prevaricano e calpestano le persone che avrebbero il dovere di aiutare e sostenere», polemizzò senza mezzi termini “Ultimo” in una lettera di saluto ai suoi uomini.

 

Poi grazie alla mediazione dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Marco Minniti e del capo dell’Aise Alberto Manenti, De Caprio a fine 2016 viene distaccato ai servizi segreti. Per la precisione all’ufficio Affari interni, quello che controlla gli 007 italiani che righino dritto.

MATTEO RENZI E MARCO MINNITI MATTEO RENZI E MARCO MINNITI

 

Se malumori e dissapori sono una costante di ogni struttura gerarchica, la crisi dell’Arma supera i livelli di guardia a inizio del 2017. Alle indagini sulla fuga di notizie si aggiungono prima quelle sul capitano Gianpaolo Scafarto del Noe, accusato dai pm di Roma di aver falsificato le prove nell’informativa. Poi quelle al suo capo Alessandro Sessa, numero due del reparto, incolpato nientemeno per “depistaggio” per non aver detto la verità (questa l’ipotesi della procura) durante un’audizione con i magistrati.

BOSCHI LOTTIBOSCHI LOTTI

 

Infine il tentativo di ritrattazione dello scorso giugno di Luigi Ferrara, il manager Consip che aveva tirato in ballo Del Sette come colui che lo aveva messo sull’avviso in merito a un’indagine giudiziaria sull’imprenditore Alfredo Romeo e la stessa Consip: dopo un confuso interrogatorio, in cui probabilmente il manager ha cercato di proteggere proprio Del Sette, i pm hanno iscritto anche Ferrara nel registro degli indagati. Per falsa testimonianza.

 

La crisi strutturale del corpo “Nei Secoli Fedele” ha toccato nuove vette qualche giorno fa, quando i pm romani hanno scoperto che Scafarto mandava documenti riservati sull’inchiesta Consip a ufficiali ex Noe traslocati con “Ultimo” ai servizi segreti. L’ipotesi investigativa è che questi stessero ancora collaborando alle indagini su Consip portate avanti dagli ex colleghi. “Ultimo” e tutti i suoi uomini (De Caprio aveva portato con se due dozzine di fedelissimi, di cui la gran parte provenienti dal Noe) sono stati così allontanati dal nuovo incarico, e sono rientrati nell’Arma.

MARCO MANCINIMARCO MANCINI

 

Un allontanamento avvenuto senza accuse formali da parte della magistratura, e senza una richiesta esplicita di Manenti. È stato Marco Mancini, un alto funzionario del Dis (il dipartimento che coordina le agenzie d’intelligence) coinvolto in passato nel sequestro dell’imam Abu Omar a chiederne la testa. Dopo aver scoperto che Scafarto e gli investigatori del Noe, sempre nell’ambito dell’inchiesta Consip, lo avevano seguito e fotografato, mandando ai collaboratori di “Ultimo” all’Aise le risultanze dei loro appostamenti.

 

L’incarico di Del Sette terminerà il prossimo gennaio. Ed è probabile che il suo successore verrà nominato non dal governo Gentiloni, ma da quello che entrerà in carica dopo le elezioni politiche, previste per la prossima primavera. In pole position ci sono il numero uno del comando interregionale Ogaden Giovanni Nistri (romano, tre lauree, giornalista pubblicista, ex comandante del comando per la Tutela del patrimonio e direttore del Grande Progetto Pompei, che ha ottimi rapporti con il Pd) e il generale Riccardo Amato, numero uno della divisione Pastrengo ed esperto di antimafia, che gode dell’appoggio del Quirinale.

 

GIOVANNI NISTRI GIOVANNI NISTRI

Subito dietro c’è Vincenzo Coppola (chiamato “il paracadutista”, una vita in prima linea nelle missioni di peacekeeping e da marzo promosso numero due dell’Arma), mentre il generale Ilio Ciceri e Riccardo Galletta, capo della Legione Sicilia, sembrano avere tutti i titoli necessari, ma meno chance. Il primo, considerato il miglior uomo macchina possibile, sconta il peccato di essere considerato un gallitelliano, mentre il secondo - all’inverso - un uomo di Del Sette. A chiunque toccherà, risollevare l’Arma non sarà impresa facile.

Ultimi Dagoreport

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…

donald trump vladimir putin benjamin netanyahu volodymyr zelensky

DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN ALASKA, DI FARSI PRENDERE DI NUOVO PER CULO IN MONDOVISIONE DA PUTIN - L’INCONTRO DI BUDAPEST NON POTEVA ASSOLUTAMENTE FINIRE CON UN NUOVO FALLIMENTO, MA DI FRONTE AL NIET DI MOSCA A OGNI COMPROMESSO, HA DOVUTO RINUNCIARE – ORA CI SONO DUE STRATEGIE: O RIEMPIE KIEV DI TOMAHAWK, MISSILI IN GRADO DI COLPIRE IN PROFONDITÀ LA RUSSIA, OPPURE SCEGLIE LA STRADA MORBIDA CHE VERRÀ LANCIATA DOMANI DAL CONSIGLIO EUROPEO (L’INVIO A KIEV DI 25 BATTERIE DI MISSILI PATRIOT) – L’INNER CIRCLE “MAGA” LO PRESSA: “L’UCRAINA? LASCIA CHE SE NE OCCUPI L’UE” –  IN USA MONTA L’ONDATA DI SDEGNO PER LA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA - LA STRIGLIATA A NETANYAHU DEL TRIO VANCE-WITKOFF-KUSHNER… - VIDEO

niaf francesco rocca daniela santanche arianna meloni claudia conte zampolli peronaci

DAGOREPORT: METTI UNA SERA A CENA…I FRATELLI D’AMERICA! -SEMBRAVA DI ESSERE IN UN FILM DEI VANZINA AL GRAN GALA DEL NIAF, 2180 INVITATI, 218 TAVOLI DA 150MILA DOLLARI OGNUNO, OCCUPATI DAI BOSS DELLE PARTECIPATE DI "PA-FAZZO CHIGI" (DONNARUMMA, CATTANEO, FOLGIERO, ETC.), JOHN ELKANN CHE HA TRASFORMATO IL GIARDINO DELL'AMBASCIATA IN UN AUTOSALONE (TRA MASERATI E FERRARI, TRONEGGIAVA UN TRATTORE!), FINANZIERI VARI E DE LAURENTIIS, IL GOVERNATORE ROCCA E SANTANCHÉ - CAUSA SHUTDOWN DEL GOVERNO USA, NON C'ERA ALCUN TIRAPIEDI DI TRUMP: DELUSI COLORO CHE SOGNAVANO, ATTRAVERSANDO L'ATLANTICO, DI BANCHETTARE CON SUA MAESTÀ "THE DONALD" E LA SUA "RAGAZZA PONPON" GIORGIA MELONI - QUELLI DEL NIAF HANNO "COPERTO" IL BUCO DELLE AUGUSTE PRESENZE INVITANDO ARIANNA MELONI, UNICO SEGRETARIO POLITICO PRESENTE, CHE HA COSÌ RICEVUTO IL SUO BATTESIMO NELL'AGONE INTERNAZIONALE - NON POTEVA MANCARE L’ONNIPRESENTE CLAUDIA CONTE CHE SI È FATTA RITRARRE INSIEME ALL’AMBASCIATORE PERONACI, GIA’ CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI PIANTEDOSI, E A QUEL MARPIONE DI PAOLO ZAMPOLLI, INVIATO SPECIALE DI TRUMP - LA PASTA SCOTTA E L’ESIBIZIONE DEL PREZZEMOLONE BOCELLI - VIDEO