donald trump rex tillerson

‘IO CASTRATO DA TRUMP? HO CONTROLLATO, SONO ANCORA TUTTO INTERO’ - TILLERSON NEGA LE FRIZIONI COL PRESIDENTE, DOPO AVERLO ‘SFIDATO’ SULL’ACCORDO CON L’IRAN. SECONDO IL SEGRETARIO DI STATO, NON VA TOCCATO. A TRUMP NON FREGA MOLTO, VUOLE SOLO MOLLARE LA PATATA AL CONGRESSO…

 

rex tillerson donald trump

1. TILLERSON, IO CASTRATO DA TRUMP? SONO ANCORA TUTTO INTERO...

 (ANSA) - "Ho fatto un controllo. Sono ancora tutto intero...": con questa battuta il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha risposto a chi gli chiedeva sui presunti dissapori con il presidente Donald Trump che secondo il senatore Bob Corker 'castrerebbe' il capo della diplomazia Usa.

 

 

2. LA SFIDA DI TILLERSON A TRUMP «IRAN, L'ACCORDO NON SI TOCCA»

Flavio Pompetti per il Messaggero

 

«Ho un rapporto franco e diretto con un presidente che è fuori dall'ordinario, e che spesso si esprime con parole e concetti eccessivi». Il segretario di Stato Rex Tillerson ha fatto ieri una rara apparizione in tv per dissipare le voci che da qualche tempo lo danno su punto di rassegnare le dimissioni, e lasciare la poltrona all'ottavo piano del dipartimento di Stato che occupa dallo scorso gennaio. «Non mi sento frustrato, vedo Donald Trump e ci sentiamo tutti i giorni al telefono, e sto cercando di fare del mio meglio per assolvere un compito oneroso, il più difficile della mia carriera di lavoro» ha ammesso l'ingegnere texano, cresciuto in un'umile famiglia con il padre venditore di alimentari su un piccolo furgone.

 

REX TILLERSON

Tillerson ha conosciuto da giovane la fatica dei campi di cotone con la paga di un dollaro l'ora, si è pagato da solo il costo degli studi, e ha poi scalato l'azienda petrolifera Exxon Mobil, da una scrivania di primo impiego fino alla vetta della poltrona di amministratore. Stava per andare in pensione e riscuotere un bonus da 180 milioni di dollari quando è stato chiamato al governo. Ha accettato, e da allora non ha avuto vita facile.

 

LE DIFFICOLTÀ

Il mese dopo averlo nominato, Trump ha tagliato del 30% il bilancio del suo dicastero e al tempo stesso ha destinato una cifra pari all'intera disponibilità finanziaria del dipartimento di Stato, 54 miliardi, al Pentagono, per l'ammodernamento degli armamenti. Il messaggio non avrebbe potuto essere più chiaro: Trump preferisce la deterrenza delle armi all'arte della diplomazia.

TRUMP E IRAN

 

Lo stesso Tillerson da Ceo della Exxon era più abituato a preoccuparsi della certezza delle procedure da impartire ai suoi subordinati che alla pazienza necessaria per sedersi ad un tavolo di negoziato.

 

Il settimanale The New Yorker ha appena riferito che a New York un mese fa, durante una riunione dei sette partner che hanno firmato l'accordo sul nucleare iraniano, Trump avrebbe piegato la testa di fronte alle ripetute obiezioni del ministro degli Esteri di Teheran Javad Zarif, e avrebbe detto: «Forse siamo troppo vecchi e troppo legati alle ferite del passato per trovare un accordo. Forse faremmo meglio a lasciare questo compito alla prossima generazione. Io non sono un diplomatico».

 

LA DIPLOMAZIA

TRUMP E IRAN

La sua frustrazione è evidente, anche sa da bravo uomo d'azienda non lo ammetterà mai, fino alla eventuale rottura. Da quando è plenipotenziario degli Esteri è stato costretto a dividere la scacchiera internazionale con il genero di Trump, Jared Kushner, virtuale primo diplomatico per Gerusalemme e per il Medio Oriente. Tillerson ha lavorato in maniera accorta con cinesi e russi per aprire canali di comunicazione con la Corea del Nord. Trump ha liquidato i suoi sforzi con un paio di tweet. «Stai perdendo il tuo tempo - ha scritto il presidente - Risparmia le tue energie».

 

Due giorni fa Trump ha irritato la Cina, la Russia e l'Europa quando ha minacciato di cancellare unilateralmente il patto con l'Iran. Ora tocca a Tillerson spiegare che gli Usa non si defileranno, ma che chiedono agli alleati appena schiaffeggiati di riaprire il dibattito sui termini dell'accordo.

 

GLI SCOUT

ROHUANI ZARIF 1

Il limite della sopportazione era stato già raggiunto una prima volta a luglio, quando Trump si è presentato al raduno annuale dei boy scout, dei quali Tillerson è stato prima membro, e poi caloroso sostenitore, per pronunciare un comizio politico autocelebrativo. La lettera di dimissioni era sul tavolo, allora, e solo l'intervento dei generali Kelly e Mattis ha impedito che partisse.

 

«Il senatore repubblicano Bob Corker ha detto che Trump la sta castrando in pubblico» gli ha ricordato ieri il giornalista che lo intervistava alla Cnn. «Ho dato una controllata, sono tutto intero» ha risposto il cowboy texano. Ma alle sue spalle si torna già a fare i nomi dell'astro nascente Nikki Haley e del guerrafondaio John Bolton come possibili successori.

john kerry mohammad zarif

 

 

 

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