L’AMBASCIATOR PORTA PENE? - BOSIO: “NON SONO UN PEDOFILO, HO PORTATO QUEI BAMBINI FILIPPINI SULLE GIOSTRE”, E DICE DI POTERLO PROVARE - VATTANI: “LO CONOSCO, NON MI SEMBRA UN ACCALAPPIA-BAMBINI”

1.‘NEL RESORT COI BIMBI ADESCATI' - ARRESTATO UN DIPLOMATICO ITALIANO
Fiorenza Sarzanini per ‘Il Corriere della Sera'

La comunicazione trasmessa all'Italia assicura che l'arresto è avvenuto all'interno di un appartamento affittato per una breve vacanza nel resort «Splash Island» di Laguna, una località di vacanza che si trova non molto distante da Manila. Le autorità locali smentiscono alcune voci che parlavano invece di una cattura avvenuta in un parco pubblico.

L'unica cosa certa è che Daniele Bosio, 46 anni, dal 2 dicembre scorso primo ambasciatore italiano in Turkmenistan, è stato fermato mentre era in compagnia di alcuni bambini che avrebbero tra i 6 e gli 11 anni. E per questo è adesso accusato di aver violato la legge sulla tutela dei minori. Vuol dire pedofilia, turismo sessuale.

Il provvedimento è già stato convalidato dal giudice che entro una settimana fornirà comunicazioni sui prossimi passi dell'inchiesta. Ma la scelta della Farnesina imposta dal ministro Federica Mogherini di diramare una nota ufficiale per assicurare «massima trasparenza e rigore» sembra accreditare la possibilità che quella delle autorità filippine non sia un'iniziativa infondata. E questo contribuisce a far aumentare l'imbarazzo per una storia che, se confermata, avrebbe risvolti agghiaccianti.

Accade tutto due giorni fa. Il diplomatico è arrivato nella capitale da poco, va a prendere alcuni bambini. Nessuno sa bene dove li abbia prelevati, se vivano presso una casa famiglia o se abbiano i genitori. C'è anche la possibilità che li abbia incontrati per strada, adescati tra le centinaia di piccoli abbandonati e convinti a seguirlo con la promessa di un regalo. In ogni caso trascorre con loro alcune ore prima che la polizia decida di fermarlo.
Ad allertare gli agenti di Laguna è stata una donna australiana impegnata in attività contro la tratta dei minori e questo alimenta il sospetto che l'uomo fosse in qualche modo tenuto sotto controllo, che nei suoi confronti ci siano stati precedenti «allertamenti».

Quando gli agenti lo catturano i bambini sono ancora con Bosio. Il diplomatico viene portato presso gli uffici della polizia, intanto si decide di allertare immediatamente l'ambasciata italiana a Manila. E da lì parte la comunicazione ufficiale per il ministero degli Esteri. Comincia l'interrogatorio preliminare per chiarire alcune circostanze, poi viene avvisato il giudice. I bimbi vengono intanto trasferiti presso la sede della Ong filippina «Bahay Tuluyan», che lavora in coordinamento con la Onlus internazionale Ecpat (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking).

Bosio nega categoricamente di aver adescato i piccoli. Spiega di averli incontrati per strada e poiché lui è impegnato in attività di difesa dei minori ha deciso di portarli con sé per poterli assistere. «È un terribile equivoco», ripete e lo dice anche al funzionario italiano che assiste a tutte le fasi della procedura. Giura di poter produrre la documentazione che prova tutto questo.

La sua difesa non appare comunque sufficiente a scagionarlo, il giudice convalida l'arresto anche se stabilisce che non venga trasferito in carcere. Il diplomatico deve comunque rimanere a disposizione delle autorità, non può lasciare Manila fino a nuove disposizioni. Il suo status probabilmente influisce sulla scelta della misura di adottare, ma non sulla contestazione.

Anche perché non appare affatto chiarito in che modo Bosio sia entrato in contatto con i bambini. E non viene escluso che possa aver versato soldi per tenerli con sé. Nei casi più gravi la legge filippina prevede la reclusione perpetua dell'imputato e in ogni caso punisce con la contestazione di pedofilia «le lesioni fisiche e psicologiche, la crudeltà o la trascuratezza, l'abuso sessuale o lo sfruttamento dei minori di 18 anni». E specifica che per «crudeltà» si intendono tutti quegli atti che «sviliscono, degradano o avviliscono la dignità di un bambino come essere umano».


2. ‘NON SONO UN PEDOFILO - VOLEVO SOLO FARLI DIVERTIRE PORTANDOLI ALLE GIOSTRE
Fabrizio Caccia per ‘Il Corriere della Sera'

L'ambasciatore italiano Daniele Bosio risponde dal suo cellulare quando nelle Filippine, dove si trova, è quasi mezzanotte: «Non sono un pedofilo, quelle contro di me sono accuse infondate», giura con la voce trafelata di un uomo sconvolto.

Da molte ore ormai è ospite del locale commissariato di polizia di Laguna, sospettato di aver violato la legge che punisce gli abusi sui minori. Gli agenti - anche dopo che il giudice ha convalidato il suo arresto - gli consentono ancora di comunicare con l'Italia via telefono e per email. Bosio, nato a Taranto, 46 anni, ambasciatore italiano in Turkmenistan dal dicembre scorso, fino a due giorni fa era un semplice italiano in vacanza a Laguna, pittoresco centro termale tra le colline, a soli 100 chilometri da Manila.

Poi qualcuno è andato dalla polizia a raccontare una storia: l'italiano si sarebbe portato nella sua camera d'albergo un gruppetto di ragazzini per abusarne sessualmente a pagamento. Un'accusa tremenda, ma Bosio al telefono si difende e smentisce: «Non è vero, li ho solo portati alle giostre». La Farnesina, in queste ore complicate, naturalmente confida nella «buona fede» del suo diplomatico e si augura che già stamane «la vicenda si chiarirà e il nostro ambasciatore verrà rilasciato».

Oltretutto, la sua storia umana e professionale indurrebbe a grande cautela: Bosio, infatti, per anni all'estero ha collaborato con illustri Ong impegnate nell'assistenza ai minori (come McDonaldHouse e BigBrothers quand'era console a New York) e pure in Italia (con la Caritas di Roma e l'associazione Peter Pan) ha dato una mano spesso e volentieri nella battaglia contro i tumori infantili.

Insomma, parrebbe molto strano quest'improvviso voltafaccia: da angelo a orco. Che gli abbiano teso una trappola, un agguato? «Non penso - dice lui stesso da Laguna -. Io non ho nessun nemico, perciò non voglio parlare di fango, di sicuro non conoscevo la severità della legge filippina (la massima pena prevista per questo tipo di abusi è l'ergastolo, ndr ), perciò non so cosa possa essere successo. Spero di chiarire tutto». Insomma, a quanto pare, secondo lui si tratterebbe di un gigantesco equivoco.

Bosio, che non è sposato, viene descritto da qualche ex collega come un amico dei bambini, «spesso coinvolto nell'organizzazione di feste alle quali partecipava travestendosi da clown e confezionando palloncini». Non solo: sembra che proprio a Manila avesse contribuito al finanziamento per la costruzione di una scuola.

Inoltre, chi conosce bene le Filippine e ci ha vissuto a lungo anche con importanti incarichi internazionali racconta di vere e proprie bande di ragazzini manipolati da adulti e specializzati nel ricattare i turisti: li attirano con qualche scusa, si fanno fotografare con loro e poi minacciano di andare alla polizia a denunciarli se non ricevono in cambio del denaro. E il più delle volte, per non avere guai, i turisti pagano zitti e subito i loro baby estorsori.

Marco Scarpati, presidente della onlus Ecpat Italia, che si batte da anni contro la prostituzione minorile e il turismo sessuale nel mondo, racconta però che i bimbi trovati in compagnia di Bosio sono stati poi accompagnati nel centro protetto della Ong Bahay Tuluyan di Laguna.

«Ma a me sembra comunque una storia assurda», commenta Mario Vattani, ministro plenipotenziario e già console a Osaka, nel 2011, ai tempi in cui anche Bosio lavorava in Giappone: «Io lo conosco bene - dice Vattani - é una persona molto seria, efficiente, brava, lui era il capo dell'ufficio commerciale di Tokyo, diede una grossa mano alle imprese italiane interessate a investire là. Non lo so, se può valere un'impressione, ecco, direi che io proprio non ci credo che Daniele sia un accalappia-bambini».

Bosio, primo segretario ad Algeri fino al 2002, poi console a New York e quindi primo consigliere commerciale dell'ambasciata italiana a Tokyo dal 2010 al 2013, nel dicembre scorso ha ricevuto il gradimento del governo del Turkmenistan e si è insediato nel suo nuovo ufficio di Ashgabat, la capitale. «Non ho violato quei bambini, giuro, ho pagato loro due-tre giri su una giostra, volevo solo farli divertire», ha ripetuto ieri sera ai vertici della Farnesina. Ma l'ultima parola non è ancora scritta.

 

 

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