INCUBO RECESSIONE PER GLI STATES? - L’ECONOMISTA PREMIO NOBEL EDMUND PHELPS E’ CERTO: IL 2013 SARÀ PIÙ DIFFICILE PER GLI USA CHE PER L’EUROPA - MOTIVO? “IL RISCHIO E’ UNA VEROSIMILE DRAMMATICA IMPASSE A WASHINGTON DOPO L’INSEDIAMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE” - “I CONTRASTI TRA CASA BIANCA E CONGRESSO SARANNO INEVITABILI” - “IN EUROPA CI SARANNO ELEMENTI DI RIPRESA ACCOMPAGNATI DA ELEMENTI DI DECLINO”…

Maurizio Molinari per "La Stampa"

"Il 2013 si preannuncia un anno più difficile per gli Stati Uniti che per l'Europa". La previsione arriva da Edmund Phelps, l'economista della Columbia University premiato con il Nobel nel 2006 ed attento osservatore della salute dell'Eurozona.

Perché ritiene che l'Europa abbia in questo momento delle prospettive migliori?
«Esperti osservatori dell'economia mondiale prevedono segnali di stabilizzazione e anche di miglioramento nel prossimo anno in Europa. La cosa non mi sorprende più di tanto perché non ho mai pensato che l'Eurozona si sarebbe autodistrutta oppure piombata in un vortice inarrestabile di depressione e caos.

I default finanziari di alcuni Stati europei prospettano certamente dei periodi difficili, ma abbiamo davanti una fase di stabilizzazione del prodotto interno lordo che sarà accompagnata da un moderato declino dell'occupazione rispetto a quanto è già avvenuto nel corso del 2012».

Ciò significa che il peggio è passato?
«In Europa vi saranno a mio avviso elementi di ripresa accompagnati da elementi di declino».

A che cosa si riferisce in particolare?
«Al fatto che alcuni settori industriali si indeboliranno ulteriormente ed altri invece inizieranno a progredire. Si tratta di una realtà a metà strada fra crescita e recessione, fatta di tasselli di ripresa e anche di contrazione economica. Un periodo di passaggio e trasformazione. Ma, considerato come è andato il 2012, per l'Europa si tratta di una prospettiva nel complesso positiva».

Gli Stati Uniti nel 2012 sono cresciuti più dell'Eurozona, perché nel 2013 prevede un rovesciamento di situazione?
«Per il fatto che negli Stati Uniti stiamo vivendo da oltre due anni con la possibilità di un ritorno in recessione e credo che tale pericolo resterà nel 2013, aggravandosi sensibilmente».

Quali sono i motivi?
«Il maggior rischio di un ritorno in recessione è legato allo scenario di una verosimile drammatica impasse a Washington dopo l'insediamento del nuovo presidente il prossimo 20 gennaio. A prescindere da chi sarà il presidente, l'impasse appare molto probabile per il contrasto che si annuncia fra Casa Bianca e Congresso.

Di conseguenza i mercati finanziari reagiranno con allarme, spingendo alla cancellazione o al rinvio di molti piani di investimento aziendali già pronti, con il conseguente indebolimento dei consumi da cui dipende gran parte del pil. E' questa dinamica che può portare lo stallo legislativo a innescare una nuova fase di recessione in America anche perché si somma ad un altra tendenza con effetti molto negativi...».

Che cosa è a determinarla?
«Quanto sta avvenendo in Cina. A frenare l'economia americana c'è anche il rallentamento della crescita della Cina, che appare più pronunciato di quanto si riteneva fino a pochi mesi fa. Il 2013 nel complesso per gli Stati Uniti potrebbe dunque essere assai peggiore rispetto al 2012».

Quali potrebbero essere le ripercussioni di un simile scenario globale sull'Italia?
«Se il 2013 sarà un anno di limitata ripresa per l'Europa la conseguenza sarà che le sue nazioni in questo momento più vulnerabili, come la Spagna, il Portogallo e l'Italia, saranno in una condizione migliore per restituire i prestiti e questo migliorerà il clima economico complessivo, schiudendo nuove prospettive».

E' questo, a suo avviso, il motivo per cui agosto non è stato accompagnato dalle tempeste finanziarie annunciate?
«Se in agosto i mercati finanziari sono stati nel complesso più calmi sull'Europa è perché molte brutte notizie erano già state scontate con i precedenti ribassi. Le peggiori previsioni non si sono avverate e dunque questo consente di tirare un sospiro di sollievo anche se la prudenza è d'obbligo perché molti interrogativi sulla possibile ripresa europea aspettano ancora conferme».

 

 

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