antonella manzione libro

RENZI TIE'! - BELPIETRO RACCONTA LA STORIA DEL SINDACO DI PIETRASANTA, ACCUSATO DALLA MANZIONE, OGGI BRACCIO DESTRO DI RENZI, PROCESSATO DAL FRATELLO (PRIMA PM POI SOTTOSEGRETARIO RENZIANO), ASSOLTO E ORA RIELETTO SINDACO

Maurizio Belpietro per "Libero Quotidiano"

 

MATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONEMATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONE

Renzi ha l’acqua alta in casa e rischia di essere travolto da una piena di malcontento. Non c’è solo la perdita di Venezia, c’è un governo che, avendo scommesso tutto sulla velocità, ad ogni sconfitta vede rapidamente salire il livello dell’acqua, che già ora gli arriva al collo. Chi avrebbe potuto immaginarlo? Fino a ieri il presidente del Consiglio era un leader incontrastato, tanto da fare temere una dittatura senza controbilanciamento di poteri.

 

Oggi è un leader contrastato, che si difende negando la batosta o addebitandola ad altri. L’uomo che ha costruito la sua irresistibile scalata a Palazzo Chigi parlando direttamente agli italiani, senza ricorrere a mediazioni, senza utilizzare giri di parole, ora cerca scuse come un Forlani qualunque. Ai giornali fa sapere che, se dalle elezioni il Pd è uscito perdendo alcune città storicamente in mano alla sinistra, non è colpa sua, ma di altri. Non è il governo ad essere stato bocciato, ma qualcun altro per ora senza volto.

 

MATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONEMATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONE

Forse pensa di attribuire la responsabilità a Felice Casson, l’ex magistrato che pur non essendo un renziano ha ricevuto per ben due volte il suo soccorso prima del voto? O forse sogna di addossare la batosta sulle spalle del candidato sindaco di Arezzo, una similcopia di giovane rottamatore che aveva ricevuto la benedizione della ministra Boschi? Sta di fatto che la lista di città perdute che si è aggiunta alla Liguria è abbastanza lunga da impedire qualsiasi volontà autoassolutoria.

Domenico ManzioneDomenico Manzione

 

A chiunque infatti risulta evidente che non bastano i motivi locali e personali come la scelta del candidato sbagliato a determinare un simile risultato. C’è altro e non va cercato in laguna o in Maremma, ma semmai a Roma, nei dintorni di Palazzo Chigi. Checché ne dica il diretto interessato, il colpevole numero uno è proprio il premier, con le sue scelte, le sue semplificazioni, le sue furbizie da gran comunicatore. Dal suo miracoloso debutto è trascorso un anno e mezzo, ma 18 mesi bastano e avanzano per mettere insieme un elenco abbastanza lungo di errori che spieghi la débâcle. Alcuni esempi?

 

Tra i più recenti non può non essere menzionata la faccenda delle pensioni. Con la sua decisione (di non restituire i soldi fingendo di farlo), Renzi ha scontentato tutti. Da chi prende pochi spiccioli convinto che gliene sarebbero dovuti essere restituiti di più a chi di euro non ne vedrà neanche uno, perché incassando una pensione di duemilaottocento euro lordi è considerato ricco. In totale, raccontando che avrebbe rimborsato soldi che invece non saranno pagati, Renzi si è messo contro 6 milioni di pensionati.

 

MASSIMO MALLEGNI MASSIMO MALLEGNI

Per non dire poi della scuola: pensando di comprarseli con 100 mila assunzioni, il premier è andato alla guerra con gli insegnanti senza sapere di averla dichiarata. Risultato? Un altro milione di incazzati neri che gliel’hanno giurata. Infine, dopo aver litigato con tutti, dalla sinistra interna all’opposizione esterna, è arrivata come ciliegina l’ondata di immigrati. Come spesso fa, anche in questo caso Renzi ha banalizzato la questione, pensando che, essendo una causa sposata da Matteo Salvini, bastasse questo a renderla materia da estremisti, dunque di poco o nessun interesse per l’elettorato cui si rivolgeva il futuro leader del partito della nazione.

 

Un errore marchiano, che ha avuto le conseguenze note. Prima Renzi ha pensato di mettere nel sacco tutti, partner europei compresi, con un accordo per la distribuzione dei profughi in tutta la Ue. Un successo storico, lo definì. Poi, quando dopo poche settimane si è reso conto che a finire nel sacco era stato lui, il premier ha provato a mostrare i muscoli. Non con l’Europa però, perché a Bruxelles e dintorni lo avevano già fatto nero. Questa volta la prova di forza l’ha fatta con i governatori del Nord, schierando prefetti e carabinieri. Risultato? Un disastro.

MASSIMO MALLEGNI MASSIMO MALLEGNI

 

L’Italia trasformata in un campo profughi a rischio epidemie, frontiere intasate di clandestini che cercano di fuggire, donne e bambini abbandonati a se stessi. Peggio di così probabilmente non si poteva fare, ma Renzi ci è riuscito. Prima ignorando il tema, per non metterci la faccia, ed evitando dunque come la peste i malati di scabbia di Milano (ma anche il capotreno semi amputato da una banda di latinos che avrebbe dovuto essere espulsa).

 

Poi annunciando ad un Corriere della Sera adorante l’esistenza di un piano B per lasciare i profughi liberi di scorrazzare per l’Europa. In realtà il piano B è un piano bamba, perché ai francesi e agli austriaci non basta un pezzo di carta firmato da Renzi per dar via libera ai clandestini. Risultato, l’acqua alta di Venezia (ma anche di Arezzo, di Nuoro, di Fermo e di tante altre località in cui si è votato) lo ha mandato sotto e ora il nostro premier rischia di affogare nello stagno che lui stesso ha contribuito a creare.

 

Lui che credeva di far vedere a Berlusconi i sorci Verdini, in realtà con soldi e voti è rimasto al verde.

MANZIONEMANZIONE

 

PS. Piccola parabola per concludere: la storia di Renzi ha un prologo anni fa a Pietrasanta, quando il sindaco del Comune toscano viene arrestato per una sequela di accuse. Massimo Mallegni, questo il suo nome, è un berluschino finito nei guai a causa di una vigilessa che lo contestava e a richiedere l’arresto è stato il fratello della vigilessa.

 

Passano gli anni e la capa dei pizzardoni della Versilia finisce a comandare gli uomini in divisa del Comune di Firenze, dove guarda caso il sindaco si chiama Matteo Renzi. Il fratello della vigilessa invece diventa onorevole, del Pd naturalmente. Altri anni e Renzi si incorona presidente del Consiglio, la vigilessa fa la sua capa di gabinetto a Palazzo Chigi e il fratello magistrato il sottosegretario. Trascorsi 18 mesi, con Renzi premier, Mallegni, che naturalmente la giustizia ha riconosciuto innocente, si ricandida a Pietrasanta e ottiene la rivincita in casa propria. Anche questo è un segno dei tempi. O, se volete, dei tempi che cambiano a grande velocità.

felice cassonfelice casson

Ultimi Dagoreport

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…