mario draghi giorgia meloni emmanuel macron

LA “MOSSA DEL DRAGHI” SCOMPIGLIA I PIANI EUROPEI DELLA SORA GIORGIA – L’IPOTESI DI UNA CANDIDATURA DI MARIO DRAGHI ALLA GUIDA DELLA COMMISSIONE UE, SECONDO “REPUBBLICA” SPINTA DA MACRON, METTE NEI GUAI MELONI – SOSTENERE SUPERMARIO AUMENTEREBBE LE FRIZIONI CON GLI ALLEATI, VISTA L’APERTA OSTILITÀ DI SALVINI PER L’EX BANCHIERE E L'APPOGGIO DI FORZA ITALIA AL BIS VON DER LEYEN – PER LA DUCETTA SAREBBE PIÙ SEMPLICE AVERE DRAGHI ALLA GUIDA DEL CONSIGLIO EUROPEO, PER NON PERDERE UN COMMISSARIO DI CENTRODESTRA NELLA COMMISSIONE (VEDI FITTO) – MA POTREBBE LA PREMIER OSTEGGIARE UNA SOLUZIONE CHE PIACE NON SOLTANTO AL PRESIDENTE FRANCESE, MA ANCHE ALLA CASA BIANCA? – DALL’ELISEO SI LIMITANO A UN “NO COMMENT” SULL’INDISCREZIONE – FONTI VICINE A DRAGHI: “NON È INTERESSATO”…

LA TRATTATTIVA SU DRAGHI È APERTA NESSUN VETO ALLA CARTA DI MACRON

Estratto dell’articolo di Anais Ginori per “la Repubblica”

 

MARIO DRAGHI E GIORGIA MELONI

La notizia di una possibile candidatura di Mario Draghi alla guida della Commissione Ue scuote l’Europa. In un continente stretto tra due guerre, l’aggressività della Russia e l’indebolimento degli Stati Uniti, Emmanuel Macron è convinto che l’ex premier italiano sia l’asso da calare nella partita sui top jobs che comincerà a giugno, dopo l’esito delle elezioni europee.

Se l’Eliseo sceglie di non commentare il retroscena pubblicato ieri da Repubblica, la prudenza tradisce i negoziati avviati dietro le quinte.

 

«La stima di Macron per Draghi non è un segreto», spiegano nell’entourage del leader francese che ha continuato ad avere contatti con l’ex premier anche dopo l’uscita da Palazzo Chigi. «Macron sta pensando a lui per la Commissione o per la presidenza del Consiglio», prosegue la fonte descrivendo uno scenario in movimento. E anche la precisazione di Draghi — che ieri ha fatto sapere di non essere interessato alla presidenza della Commissione Ue — può apparire come una posizione attendista. «Non fa mai un passo avanti, ma lascia che le cose vadano avanti », commentano nell’entourage di Macron.

 

mario draghi emmanuel macron

Nel risiko europeo per l’estate 2024, il leader francese punta a mettere Ursula von der Leyen alla Nato anche se ufficialmente il candidato resta l’olandese Mark Rutte, che piace a Washington ed è un liberale, la famiglia politica dei macronisti nell’Ue.

 

La Francia però è disposta a offrire a socialisti e popolari la rinuncia a Rutte, tra l’altro azzoppato dall’esito del voto nei Paesi Bassi, per occupare la casella della Commissione europea. Gli argomenti per lanciare Draghi nel “governo” dell’Ue non mancano. L’alto profilo istituzionale dell’ex presidente Bce, già protagonista del salvataggio dell’Europa nella tempesta finanziaria, può mettere in sicurezza l’Europa e portare convergenze in un paesaggio politico che rischia di uscire terremotato dal voto di giugno, coi sovranisti in forte ascesa.

 

meloni draghi

E infatti nelle ultime ore nessuno si oppone al nome di Draghi. Da popolari, socialisti e conservatori non c’è stata nessuna levata di scudi. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadisce che la candidata naturale del Ppe alla Commissione è von der Leyen, ma poi anticipa possibili cambiamenti: «Bisognerà attendere il responso del voto popolare e decidere sulla base di quello che indicheranno i cittadini europei ».

 

Un successo del Ppe nel voto di giugno potrebbe blindare la conferma di un bis per Von der Leyen. In quel caso, come nel gioco delle sedie, Macron punterebbe a Draghi per la presidenza del Consiglio dell’Ue. Ma se invece, come si comincia a temere nelle stanze di Bruxelles, le elezioni consegneranno un Europarlamento in cui le grandi famiglie politiche escono tutte indebolite, allora la candidatura dell’ex premier italiano si rafforzerebbe per Palazzo Berlaymont. Draghi sarebbe l’unico a poter mettere d’accordo tutti, dai socialisti ai conservatori di Giorgia Meloni.

 

mario draghi emmanuel macron sul treno per kiev

[…] Da settimane a Parigi si è incominciato a pensare a una carta di riserva. Macron, forte del rapporto consolidato con l’ex premier, ha così cominciato a testare nei suoi colloqui con gli altri leader il jolly SuperMario. Il piano D. «Credo che Mario Draghi possa svolgere con grande autorevolezza qualsiasi ruolo apicale in Europa», commenta Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe. Il nome di Draghi è ormai sul tavolo, e nei prossimi mesi tutti dovranno misurarsi con questa ipotesi.

 

IL DILEMMA DI MELONI CHE NON ESCLUDE IL SOSTEGNO I RISCHI DELLA “MINA” SALVINI

 

Estratto dell’articolo di Emanuele Lauria e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

LA DRAGHETTA - BY EMAN RUS

È un bivio stretto. Peggio, un autentico dilemma. Giorgia Meloni pesa in queste ore i rischi di sostenere l’opzione Mario Draghi. La possibile frantumazione degli equilibri del centrodestra. L’ostilità di Matteo Salvini. L’ombra che gli imporrebbe una figura come quella dell’ex banchiere. Ma valuta anche un vantaggio, ponderandolo assieme a un dato di realtà. Il vantaggio: stringere un patto con chi guida la Commissione potrebbe blindare il suo esecutivo, assai traballante sui conti. Il dato di realtà: può la premier osteggiare una soluzione che piace non soltanto a Emmanuel Macron, ma anche alla Casa Bianca?

 

Difficile, soprattutto se l’amministrazione americana ha rappresentato la principale sponda per resistere allo scetticismo europeo verso la destra italiana. Per questo, evita di esporsi. Non mette la faccia su una frenata. Fa tacere i suoi. E tiene viva la carta di portare l’ex premier a Bruxelles, anche se preferirebbe semmai lanciarlo alla guida del Consiglio europeo.

 

[…] Nessuno potrà mai confermare ufficialmente quanto circola a metà giornata nel governo: Meloni, riferiscono fonti di primo livello, avrebbe scambiato alcuni whatsapp con Emmanuel Macron per capire come gestire la notizia su Draghi, pubblicata da Repubblica.

GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI

 

Di certo, i contatti coinvolgono anche ministri dei due governi. La presidente del Consiglio ne ricava la sensazione di una imminente precisazione dell’Eliseo, utile a raffreddare il clima. Alla fine, però, nulla che vada oltre un generico “no comment” trapela dalla Presidenza della Repubblica francese. E la premier deve gestire le conseguenze di uno scenario che non può escludere.

 

mario draghi emmanuel macron

Nulla è come sembra, dunque è necessario mettere in fila i fatti e pesare gli indizi. Il primo, fondamentale: il rapporto tra Giorgia Meloni e Mario Draghi resta solido. Non magari costante come durante la transizione, a volte macchiato da screzi, ma comunque saldo. I due si parlano, l’hanno fatto anche di recente. Evitano attacchi personali diretti, anche sui dossier più caldi.

 

La premier ha contestato a volte l’impostazione del Pnrr, senza mai nominare Draghi. L’ex banchiere, anche durante l’ultima apparizione pubblica per la presentazione del libro di Aldo Cazzullo, ha evitato critiche dirette all’attuale esecutivo e anzi, parlando della crisi in Medio Oriente, ha detto: «L’Italia ha acquisito credibilità». […]

 

Il problema, a dire il vero, è soprattutto di Meloni, come suo è il bivio. Se infatti la premier dovesse accettare di sostenere — non oggi, ma al momento giusto — la proposta di Macron per portare Draghi alla presidenza della Commissione, entrerebbe in conflitto diretto con il principale alleato, Matteo Salvini.

 

GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI

Ieri nessun leghista si è spinto fino a bocciare l’idea, ma il leader del Carroccio è sul piede di guerra ed è pronto a colpire proprio su questo fianco: Draghi verrebbe brandito come emblema del famigerato inciucio che denuncia, simbolo di un’Europa da combattere assieme a Marine Le Pen, addirittura espressione dell’odiato Macron. Anticamera di una emarginazione che potrebbe avere pesanti ripercussioni anche a Roma, sugli equilibri di governo.

 

È pur vero che Salvini ha sostenuto il governo Draghi, a differenza di Meloni. Ha partecipato con ministri della Lega. Tutti argomenti che Meloni potrebbe ricordargli, di fronte a un conflitto. Resta il fatto che l’ex banchiere attira resistenze anche in altri settori della maggioranza. Non è un mistero che Giulio Tremonti non sia un suo estimatore. E che Forza Italia debba sulla carta sostenere il proprio candidato alla Presidenza della Commissione, che è Ursula von der Leyen.

 

GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI

Meloni, come detto, preferirebbe in realtà dare il via libera a un altro schema. Per la premier sarebbe assai più semplice avallare l’indicazione di Draghi alla guida del Consiglio europeo, assicurandosi così anche un commissario di centrodestra nella Commissione (che manca da cinque anni e potrebbe mancare per altri cinque).

 

Non è un dettaglio irrilevante, perché si tratta di una poltrona ambita da diversi meloniani, ma anche di una moneta di scambio politico decisiva per ridefinire gli equilibri dopo le Europee. Ma la pressione dei partner continentali e atlantici e le possibili garanzie che derivano da una Commissione presieduta da un italiano potrebbero spingere a sciogliere positivamente il dilemma. E ad aprire una fase politica di certo nuova, probabilmente rischiosa. E chiudere una volta per tutte con l’estrema destra di Salvini e Le Pen.

emmanuel macron mario draghi emmanuel macron mario draghi

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...