sangiuliano vespa santoro chiagni e fotti

L’ITALIA, UNA REPUBBLICA FONDATA SUL “CHIAGNI E FOTTI” – DA FAZIO A “SANT’ORO”, DA VESPA A MENTANA, PIROSO VERGA UN MANUALE SEMISERIO DEI CULTORI DELL’ANTICA ARTE DEL PIAGNISTEO: “QUELLI CHE FANNO DEL VITTIMISMO UNA POSA PER UNA BUONA CAUSA: LA LORO” – PICCININI SMASCHERA IL CHIAGNIFOTTISTA ANTONIO CONTE (“SE VINCE È MERITO SUO, SE PERDE LA COLPA È DI QUALCUN ALTRO”), ENZO IACCHETTI È ACCUSATO DI APPROFITTARE DELLA POPOLARITÀ CONQUISTATA COME PALADINO PRO-PAL PER PROMUOVERE IL SUO LIBRO - "ALLA FINE, SE C’È UNO CHE HA PIANTO DAVVERO AL TG1 PER IL CASO BOCCIA È STATO SANGIULIANO, MINISTRO, POI CORRISPONDENTE DELLA TV DI STATO, QUINDI DI NUOVO IN POLITICA PER LE REGIONALI IN CAMPANIA. SONO LE 'PORTE GIREVOLI RAI' CHE RESTANO IL MIGLIOR SIMBOLO PLASTICO DEL CHIAGNI E FOTTI…"

 

Antonello Piroso per la Verità - Estratti

 

Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.

L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.

genny sangiuliano

Che fa del vittimismo una posa.

Per una buona causa: la loro.

 

Trattasi dei «chiagnifottisti», esponenti di quella corrente culturale mainstream chiamata «chiagnifottismo» (hashtag da social: #Cf), declinazione parte-nopea parte-volgare, ma che dà l’idea.

I suoi esponenti allignano in ogni corporazione, dal parlamento allo spettacolo, maxime in tv.

 

 

Prendete Fabio Fazio: «Dopo Rai 1 siamo stati puniti e messi su Rai 2, quindi puniti e messi ancora su Rai 3. Poi per fortuna accolti sul Nove», ha pigolato il 24 ottobre, al festival dello Spettacolo di Tv Sorrisi e Canzoni.

 

È in video quasi ininterrottamente da più di 30 anni, visto che Quelli che il calcio, il suo primo programma di peso, debuttò nel 1993.

Ciò nonostante, ciclicamente si lascia andare al pianto greco sul destino cinico e baro che l’ha colpito, lacrime che si sono sempre rapidamente asciugate sulla carta assorbente dell’ennesimo contratto (beato lui).

«Fazio ha detto di essere stato 40 anni in Rai, ma non è vero: andò a lavorare a La7, all’epoca di proprietà della Telecom. Non fece manco una puntata, quella esperienza si concluse e andò via con una paccata di miliardi, devastato, ma molto più ricco di prima»,

fabio fazio marino bartoletti carlo sassi

 

lo infilzò Michele Santoro su La7.

Da che pulpito...

Ma ve li siete dimenticati i tormenti del Paese tutto quando ogni due per tre Sant’Oro doveva decidere se rimanere a viale Mazzini, dove secondo lui tutti lo odiavano, oppure traslocare a Mediaset (cosa che in effetti farà, nel triennio 1996-1999 per 12 miliardi, per poi tornare tra le braccia di mamma Rai)?

 

Più si lagnava, e più era sotto i riflettori, finendo fuori mercato solo quando Silvio Berlusconi andò incontro all’autunno del patriarca.

Dimostrando vieppiù che il Cavaliere aveva un doppio delitto sulla coscienza: aver creato i berlusconiani e gli antiberlusconiani, entrambi a lui devoti per una buona causa (sempre la loro).

 

(…)

michele santoro

Ha chiosato Umberto Eco: «Una dose di vittimismo è indispensabile per non galvanizzare gli avversari. Beppe Grillo ha fatto una campagna da vincente, ma è riuscito a dare l’impressione che lo escludessero dalla tv e dovesse rifugiarsi nelle piazze - e così ha riempito i teleschermi prendendo le parti delle vittime del sistema».

Solo lui, un #Cf?

Ma no: sapevano piangere Palmiro Togliatti, che presentava i lavoratori come tenuti fuori dalla stanza dei bottoni dalla reazione in agguato. Marco Pannella che, lamentandosi sempre che i media ignorassero i radicali, riusciva a monopolizzare l’attenzione costante di giornali e televisioni. E naturalmente Berlusconi, che si è sempre presentato come perseguitato dai giornali, dai poteri forti e dalla magistratura, e quando era al potere si lamentava che non lo lasciassero lavorare e gli remassero contro. È il fondamentale principio del «chiagne e fotti».

Sul Cav si esercitò anche Indro Montanelli, dopo il suo trionfo nelle urne: «A Berlusconi nulla riesce tanto bene quanto la parte di vittima e perseguitato. “Chiagne e fotte”, dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara a farlo per cinque anni di seguito».

Lo stesso Montanelli si beccò però lo stesso capo d’imputazione quando gli rinfacciarono il voltafaccia nei confronti del Signore di Arcore che aveva ripianato per anni le perdite del Giornale.

 

(...)

Chiagnifottisti a frotte nello showbiz.

bruno vespa

Mara Venier è cintura nera della specialità.

«Questa è davvero la mia ultima Domenica In, anche se lo ripeto da sei anni», giurò nel settembre 2024, alla vigilia della ripartenza per la sua sedicesima conduzione del programma, la settima consecutiva (dal 2018; la prima in assoluto fu nel 1993).

 

Quindi la tv ora la guarda da casa?

Macché. La Madonna di Campo de’ Fiori sta sempe mmiez’, altra locuzione napoletana, avendo solo concesso che la conduzione del contenitore diventasse «corale» (uno specchietto per le allodole, ovviamente il timone è saldamente in mano sua) con la presenza dei Fratelli Bandiera, i Sirenetti del dì di festa, Tommaso Cerno, Teo Mammucari e Enzo Miccio.

 

Iscritto d’ufficio al club è anche l’attore Luca Marinelli, che confessò tutto il suo disagio nell’interpretare Benito Mussolini nella serie tv M, tratta dalla saga a firma di Antonio Scurati.

 

antonio conte

A sua volta così o-scurato, per un non possumus di ottusi funzionari Rai, da stazionare per settimane in tv a spiegare quanto gli venisse impedito di parlare.

 

Marinelli raccontò di aver dato un dispiacere a sua nonna: «È la prima persona a cui ho parlato della serie. Non potrò mai scordare la sua faccia.

 

Mi ha chiesto: “Perché?”».

«Ovviamente il patè d’animo t’è passato quando è arrivato il primo bonifico», l’hanno sfregiato i rosiconi del web.

 

Anche nello sport militerebbero i #Cf.

 

Ad esempio, l’allenatore del Napoli Antonio Conte (Sandro Piccinini, 21 aprile 2025: «Chiagne e fotte, il suo non è un miracolo e il Napoli non è una società derelitta.

 

Se vince è merito suo, se perde la colpa è di qualcun altro, ormai lo conosciamo»).

 

Ma pure l’ex ct della Nazionale Roberto Mancini, per aver fatto ammenda: «È stato un errore lasciare gli Azzurri», al suo rientro dopo un breve soggiorno professionale in Arabia Saudita, da cui è ritornato onusto di milioni di petroldollari.

 

Se fate l’errore di aprire i social, allora i chiagnifottisti diventano legioni.

 

Nessuno è risparmiato.

 

Enzo Iacchetti, accusato di approfittare della popolarità conquistato come paladino della causa palestinese per promuovere il suo libro (lui ha replicato: «Venite a dirmelo in faccia, conigli»).

 

enzo iacchetti

Bruno Vespa per aver sostenuto - dopo che nel 2024 ai festeggiamenti per i 100 anni della radio e i 70 della tv sono stati ricordati diversi programmi giornalistici ma non Porta a Porta, che «cambiano le stagioni, ma l’anima profonda della Rai resta sempre dalla stessa parte». Che detto da lui, onestamente, lascia vagamente basiti, essendo lui entrato in Rai nel 1962, avendo iniziato il talk dai bianchi divani nel 1995, avendo aggiunto, con il governo di Giorgia Meloni, financo la striscia di Cinque minuti.

 

Perfino Enrico Mentana, quando in giugno ha scritto su Instagram: «Il 2 luglio saranno 15 anni da quando presi la guida del TgLa7. Devi capire tu quando è il momento di staccare, senza che siano gli altri, o il pubblico, a dirtelo», quasi a preannunciare l’addio, è stato lambito dal sospetto di #Cf.

 

Urbano Cairo sembrò non capire le sue intenzioni, replicando ai microfoni di Super Guida Tv: «Come diceva quella pubblicità? Con quella bocca può dire ciò che vuole», e infatti i due hanno rinnovato gli sponsali per la soddisfazione di tutti, anche di coloro che erano già pronti a gridare allo scandalo.

 

Come il sito di Libero: «Se l’addio di Mentana dovesse concretizzarsi, non si tratterebbe di una prima volta.

 

Tra i fondatori del Tg5, infatti, il giornalista milanese ha guidato il telegiornale della rete ammiraglia Mediaset per 12 anni, prima di essere “cacciato” (e sostituito da Clemente Mimun) a causa di presunte tensioni con Berlusconi nel 2004».

sangiuliano meme

 

Raccontò Umberto Brunetti, direttore di Prima Comunicazione, a Stefano Lorenzetto in un’intervista per Panorama, 2004: «Repubblica il 12 novembre spara in prima pagina: “Mentana licenziato dal Tg5”.

 

Come licenziato? Non è vero! Ma se erano sei mesi che trattava. E poi ti pare che stava 13 anni insieme con Berlusconi senza andarci d’ accordo?

 

Tre miliardi lordi prende questo ragazzo.

 

S’è mai visto uno che resta nella stessa azienda, con lo stesso stipendio, con la poltrona di direttore editoriale, con tre prime serate a disposizione in tv e con una liquidazione della Madonna già garantita nel caso si dovesse stufare? E ha il coraggio di andare in giro a dire: “Mi hanno sollevato dall’incarico”!».

 

Alla fine, se c’è uno che ha pianto davvero - davanti alle telecamere del Tg1- è stato Gennaro Sangiuliano per la nota vicenda.

 

Già direttore del Tg2, quindi ministro, quindi a Parigi corrispondente della tv di Stato, quindi di nuovo in politica per le regionali in Campania.

gennaro sangiuliano 11

 

Sono le «porte girevoli Rai», di cui hanno usufruito in passato anche a sinistra, con Piero Badaloni e Piero Marrazzo.

 

E che restano il miglior simbolo plastico del #Cf nazionale.

mentana cairoANTONELLO PIROSO - CAVALIERE NERO VIRGIN RADIO

 

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