
L'ITALIA RISCHIA L'ISOLAMENTO SUL PIANO INTERNAZIONALE. E TAJANI SI INCAZZA CON MELONI E SALVINI – IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DOPO CHE ROMA È RIMASTA FUORI DALLE CONSULTAZIONI DI MASSIMO LIVELLO SULL’UCRAINA (ED E' STATA ESCLUSA ANCHE DAL GIRO DI TELEFONATE DI RUBIO), INVITA A NON USCIRE DAL GRUPPO DI TESTA DELL’EUROPA - NEL MIRINO LA MELONI CHE SI E' COLLEGATA SOLO IN VIDEO CON I VOLENTEROSI E LA PRESSIONE “ISOLAZIONISTA” CHE IL LEADER LEGHISTA CONTINUA A ESERCITARE SULL’ESECUTIVO ATTACCANDO MACRON E CONTESTANDO URSULA – TAJANI MANDA UN AVVISO AL DUPLEX MELONI-SALVINI (“NON FAREI MAI PARTE DI UN GOVERNO ANTI-EUROPEO”) E INFILZA LE PEN, ALLEATA DEL "CAPITONE" ("VUOLE DISGREGARE L'UE") - LA PAURA IN FORZA ITALIA CHE L'ITALIA DIVENTI UNA "GRANDE UNGHERIA"
TAJANI, SEGNALE SU KIEV: “ORA SERVE CORAGGIO PER ESSERE PROTAGONISTI”
Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
ANTONIO TAJANI - MATTEO SALVINI
Non è un ragionamento neutro, anzi: è denso di preoccupazione. Arriva dopo giorni in cui Roma è rimasta fuori dalle consultazioni di massimo livello sull’Ucraina.
Da quelle tra “volenterosi”. Da quelle portate avanti dal segretario di Stato americano Marco Rubio con gli altri big europei. «Bisognerebbe avere il coraggio — dice Antonio Tajani — di giocare un ruolo da protagonisti per la pace in Europa, in Ucraina, in Medio Oriente. E anche fra India e Pakistan».
Parlando nella sede del Parlamento europeo a Roma, il ministro lancia un segnale. A Matteo Salvini, innanzitutto. Ma non solo. Parla dell’Italia, del suo ruolo obbligato di big del continente. E sembra dire, sia pure con tutte le sfumature diplomatiche del caso: attenzione a non perdere terreno, a non uscire dal gruppo di testa d’Europa. Insomma: a restare nei giochi.
MARCO RUBIO ALL'INCONTRO SULL'UCRAINA
Chiede maggiore coraggio, proprio mentre l’antagonismo con Bruxelles — e in particolare con l’asse anglofrancese — ha prodotto frutti diplomatici difficili da gestire. Il problema è che di questo governo Tajani fa parte, e anche con ruoli di massima responsabilità: vicepremier e responsabile della Farnesina. E dunque a chi si rivolge, visto che detiene insieme a Palazzo Chigi la responsabilità della politica estera?
A suo avviso, la difficoltà nasce dalla pressione “isolazionista” che Salvini ha esercitato e continua a esercitare sull’esecutivo: chiedendo di restare fuori dall’operazione dei “volenterosi”, attaccando Macron, contestando aspramente Ursula von der Leyen per il ReArm, che pure l’Italia ha sostenuto in Consiglio europeo.
Sulla presidente del Consiglio il discorso è ovviamente assai diverso.
I due collaborano, condividono ogni passaggio. Non però quello che ha portato Meloni a non viaggiare assieme agli altri leader europei alla volta di Kiev, limitandosi al videocollegamento. In quel caso, ha prevalso la sorpresa. Quando i cronisti gli chiedono se la premier abbia fatto bene a non salire a bordo di quel treno, risponde non a caso con sole tre parole: «Chiedetelo a Meloni».
Il dettaglio più allarmante di queste ore, però, è un altro. E risale a lunedì sera. Il segretario di Stato americano Rubio contatta gli alleati. Prima Turchia e Ucraina, poi i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia, Germania. Parla anche con il polacco e perfino con Kaja Kallas, l’alta rappresentante per la politica estera della Commissione Ue fino a poche ore prima letteralmente ignorata dall’amministrazione Usa. L’Italia non è inclusa nella girandola di telefonate. Quando lo chiedono a Tajani, il ministro risponde secco: «È una notizia di ieri». E d’altra parte, non è l’unico formato da cui Roma è rimasta ai margini, nell’ultima settimana.
antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse
Frutto anche della strategia di Macron, che ha tenuto aggiornati i Paesi che collaborano alla pattuglia dei volenterosi, gli stessi con cui è andato in treno a Kiev: Merz, Tusk e Starmer. Insieme, hanno chiamato Trump dalla capitale ucraina, contrattando una linea comune.
Restare ancorati all’Ue, dunque: questa è la linea di Tajani. Per rafforzare il concetto, l’azzurro rispolvera uno slogan già usato nei mesi scorsi. Ancora una volta, si riferisce innanzitutto a Salvini: «Non farei mai parte di un governo anti-europeo. Se qualcuno volesse scardinare la Ue, io e Forza Italia resteremmo con la Ue. Vogliamo gli Stati Uniti d’Europa. Chi fa scelte contro l’Unione europea e la Nato crea un danno ai cittadini ». E dunque: non sono disposto a restare in un esecutivo “anti-europeo”, ma neanche “a-europeo”.
Intanto, Meloni in serata batte un colpo. Sente al telefono il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Discute con lui le «prospettive diplomatiche » del vertice che la Turchia ospiterà domani a Istanbul, reitera «il sostegno per una pace giusta e duratura in Ucraina» e preme su Mosca affinché accetti «un cessate il fuoco totale e incondizionato di 30 giorni».
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E ANTONIO TAJANI A GENOVA
IL GELO DI TAJANI
Ilario Lombardo per la Stampa - Estratti
Istruzioni per l’uso per interpretare Antonio Tajani: se il vicepremier e ministro degli Esteri, alla domanda diretta di un giornalista su Giorgia Meloni – se la premier non abbia fatto male a non essere fisicamente a Kiev al vertice degli altri leader europei – risponde «chiedetelo a lei», vuol dire che sotto la maschera di consueta bonarietà c’è una preoccupazione che difficilmente riesce a contenere.
È un timore misto a irritazione, perché il rischio di isolamento, che Tajani intravede con terrore, si manifesta puntuale nelle cronache di questi complicati giorni di negoziati su una via d’uscita dalla guerra in Ucraina. Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha avuto un colloquio da cui l’Italia è rimasta esclusa.
(…)
Quelli coinvolti da Rubio sono i Paesi, invece, i cui leader erano presenti di persona sabato a Kiev, a dare non solo simbolicamente sostegno a Volodymyr Zelensky, nelle ore cruciali in cui è formalizzata e fatta recapitare a Vladimir Putin una proposta di tregua condivisa dagli europei con Donald Trump. Meloni non c’era. Una scelta che è stata rivendicata – attraverso indiscrezioni del suo staff – per marcare una differenza rispetto al gruppo dei Volenterosi guidati dal presidente francese Emmanuel Macron e dal primo ministro britannico Keir Starmer.
(…) Un senatore, ci raccontano, sintetizza così lo stato d’animo dentro Fi davanti a Tajani: «Totale fiducia, lealtà e amicizia con Meloni. Lei si vede che non vuole fare come Salvini e indebolire l’Europa. Ma dobbiamo evitare comunque, restando fuori dai tavoli, si crei una corrente di isolamento che trasformerebbe l’Italia in una “grande Ungheria”».
ANTONIO TAJANI - GIORGIA MELONI - JD VANCE - MATTEO SALVINI
antonio tajani matteo salvini giorgia meloni
tajani salvini
JD VANCE - GIORGIA MELONI - ANTONIO TAJANI