L’URAGANO BERGOGLIO TRAVOLGE LA CURIA: IL PAPA FA CAPIRE CHE NON C’È PIÙ SPAZIO PER GLI AFFARI

Paolo Rodari per "La Repubblica"

Quattro mesi nella storia bimillenaria della Chiesa non sono che un giro di lancette. Eppure, per l'immutabile establishment d'oltretevere, i giorni che sono trascorsi dalle dimissioni di Joseph Ratzinger (11 febbraio) a oggi hanno significato una rivoluzione irreversibile. Per la prima volta la curia romana è stata messa fuori gioco, indebolita nei suoi poteri. Il punto di rottura si è avuto con una decisione di Francesco apparentemente innocua: disertare il terzo piano del palazzo apostolico, abitare nel residence Santa Marta.

Un semplice passo di lato, quello del Papa, che però è stato sufficiente per cambiare le carte in tavola, mutare equilibri che si ritenevano inscalfibili. «Se vivessi isolato non mi farebbe bene», ha detto il Papa il 7 giugno. Parole che confermano che la scelta egli non l'ha fatta perché ritiene l'Appartamento troppo lussuoso, quanto per motivi strategici: lassù sarebbe isolato, impossibilitato a governare con la libertà che desidera.

L'11 febbraio 2013 la Curia romana, potente e litigiosa, è al suo apogeo. Nonostante gli scandali interni, il partito-romano governa con la linea consociativa di sempre: ripetuti ammiccamenti con la sponda laica del Tevere, una banca offshore interna in grado di garantire entrate importanti grazie all'anonimato offerto ai clienti più facoltosi. Ratzinger, non riuscendo a cambiare le cose, pone in essere l'azione di governo più dirompente.

Si dimette e, in un sol colpo, mostra al mondo l'inadeguatezza di una struttura anacronistica ma insieme capace di alimentarsi anche contro gli interessi della Chiesa universale. Al punto che il successivo conclave si gioca tutto in chiave anticuriale. A farne le spese è il partito romano: dopo 150 anni viene eletto al soglio di Pietro un cardinale proveniente da un ordine religioso, un non europeo, per la prima volta un sudamericano.

Jorge Mario Bergoglio, non lasciando le stanze del residence, dà continuità all'ultimo potente gesto del suo predecessore. La Curia è spiazzata. Uno spaesamento di cui si è avuta una rappresentazione plastica il 22 giugno: in un'Aula Paolo VI gremita di monsignori di curia per assistere a un concerto di musica classica, la grande sedia bianca del Papa è rimasta vuota. Uno strappo verso un mondo che fino all'ultimo minuto non si è reso conto di cosa stava accadendo. «Ecco mi dicono che il Papa sta arrivando a piedi da Santa Marta per assistere con noi al grande concerto», ha detto sicura di sé Milly Carlucci, arruolata per l'occasione.

Mentre pochi istanti dopo toccava a monsignor Rino Fisichella prendere in mano il microfono e comunicare l'assenza di Bergoglio «per improrogabili impegni». Francesco ha deciso all'ultimo di non presentarsi, l'ha deciso incurante di tutti, anche dell'Osservatore
Romano che nelle stesse ore in cui avveniva il concerto andava in stampa con la notizia della sua presenza.

Nove giorni dopo il film si ripete. Mancano sette giorni alla chiusura dell'attività ufficiale del Papa. Dall'8 luglio fino al viaggio in Brasile (22-29 luglio), ogni udienza è sospesa. La Curia si appresta a respirare quando, senza preavviso, Francesco annuncia tramite la sala stampa, e dunque bypassando la segreteria di Stato, che il suo primo giorno di vacanza sarà a Lampedusa. Un viaggio lampo nel cuore del Mediterraneo che soffre, sulle sponde di un'isola dimenticata da tutti, in primis dai politici.

È stato soltanto un mese dopo l'elezione che i curiali si sono resi conto che Francesco avrebbe disertato il palazzo apostolico. Una presa di coscienza arrivata insieme a un'altra dirompente decisione: la creazione di un Consiglio di otto cardinali incaricato non solo di coadiuvare il Papa nell'azione di governo, ma anche di riformare una curia i cui capi dicastero, fra l'altro, sono riconfermati "ad interim".

Otto cardinali a formare un kitchencabinet nel quale è stato inserito un solo curiale, Giuseppe Bertello, presente però in quanto espressione del servizio diplomatico e non degli stessi dicasteri di curia. Chi frequenta le stanze del palazzo dice che la sede vacante inaugurata dalle dimissioni di Ratzinger è ancora in atto.

I monsignori vivono alla giornata, consapevoli che in autunno la grande riforma avrà inizio. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, ha già trovato un nuovo alloggio. Andrà ad abitare in una palazzina modesta dedicata a San Bruno, all'interno delle mura leonine. In questo, egli ha agito diversamente dal suo predecessore Angelo Sodano che per mesi, anche dopo le dimissioni, è rimasto nel grande appartamento situato nel palazzo apostolico costringendo Bertone a vivere da esiliato in cima ai giardini vaticani. Anch'egli però, come Sodano prima di lui, ha cercato di resistere alla guida della segreteria di Stato il più a lungo possibile.

Ma Francesco sembra non l'abbia assecondato. In autunno quel ruolo tornerà a un diplomatico. Il prescelto riporterà il "ministero" a essere una mera segreteria papale, come era nelle intenzioni di Paolo VI quando riformò la Curia. Non avrà più alcun ruolo di mediazione coi palazzi della politica, specie quelli italiani. Tutto ciò, fra l'altro, appartiene già da ora al passato. Lo dimostra la visita di oggi del premier Enrico Letta all'insegna della sobrietà.

Francesco a Santa Marta gestisce la sua agenda da solo. Decide lui quali capi di stato vedere. Gli unici ammessi nelle sue stanze sono tre sacerdoti: don Alfred Xuereb, don Fabian Pedacchio Leaniz e monsignor Assunto Scotti. I primi due lo aiutano nella segreteria particolare. Il terzo nelle messe del mattino.

Il Papa decide autonomamente anche chi non ricevere. Fra questi l'arcivescovo Adriano Bernardini, ambasciatore vaticano in Argentina dal 2003 al 2011. Vicino a Sodano, quando era ambasciatore, Bernardini presentava a Roma terne per le nomine vescovili senza quasi mai considerare i candidati suggeriti da Bergoglio. Fra i due, insomma, una certa distanza, anche di stile: spartana la stanza in cima al seminario diocesano nella quale abitava il futuro Papa, più lussuosa la nunziatura di Bernardini.

Diverse volte Francesco ha tuonato contro il carrierismo che si annida nelle pieghe dell'episcopato. Per i vescovi italiani riuniti in basilica vaticana un mese e mezzo fa ha avuto parole di fuoco. Ha chiesto loro di svestire i panni dei principi della Chiesa e di andare incontro alla gente. Il cardinale Angelo Bagnasco ha ottenuto, poco dopo l'elezione di Bergoglio, la riconferma in sella alla Cei fino al termine del mandato (2017).

Ma i patti sono chiari: molto deve cambiare nella Chiesa italiana. La Cei deve occuparsi del popolo di Dio. Non di altro. Certo, spetta a essa tenere i rapporti col mondo della politica, ma senza cercare favori o vantare influenze. E senza, soprattutto, dirigere da dietro le quinte le sorti dei vari governi del paese.

È una Chiesa- minoranza quella che vuole il Papa, che punta sull'annuncio del Vangelo (kerygma) più che sull'insegnamento dei princìpi. Non a caso egli in questi primi mesi non ha mai usato la formula "princìpi non negoziabili", che spesso ricorreva nei discorsi del suo predecessore. Né mai si è soffermato sui terreni minati che vedono contrapposta la Chiesa alla cultura dominante. Aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, sono parole che la sua predicazione ha fino a oggi evitato di pronunciare.

La Curia romana è in attesa. Due settori più di altri tremano. La "lobby gay" e il mondo che ruota intorno allo Ior, la banca vaticana. Bergoglio ha parlato dell'esistenza di una "lobby gay" durante un'udienza privata con un gruppo di religiosi sudamericani. Era consapevole che le sue parole avrebbero potuto essere riportate in un secondo momento all'esterno? Secondo alcuni, il gruppo di religiosi sudamericani che le ha poi diffuse potrebbe aver svolto in questa circostanza una funzione ufficiosa in una partita effettivamente giocata da Francesco.

Presto lo Ior verrà riformato. Una Commissione istituita a sorpresa dal Papa ha già portato alle dimissioni del direttore Paolo Cipriani e del suo vice Massimo Tulli. Si sono dimessi, certo, eppure ancora ieri erano in sede. Con loro anche l'avvocato Michele Briamonte, che è stato consulente dello Ior nel periodo che è coinciso con il licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi. A fine maggio scorso il presidente Ernest von Freybergha dichiarato che Briamonte non è più consulente dell'Istituto. Eppure ieri era presente, segno che la vecchia governance fatica a concepirsi esautorata.

Difficile dire quale giudizio abbia Francesco di von Freyberg, nominato da Bertone quando già Ratzinger aveva annunciato le dimissioni. Di certo non è contento della modalità con la quale Bertone ha arruolato un altro pezzo da novanta del mondo finanziario vaticano: il direttore dell'Aif (Autorità per l'informazione finanziaria), René Bruelhart, chiamato lo scorso novembre a cercare di risolvere i problemi della trasparenza, prende per la consulenza 30mila euro al mese più cinquemila di spese. Francesco vuole una Chiesa povera e umile, fedele al Vangelo sine glossa.

Anche i curiali, nella sua veltanschaung, debbono fuggire il carrierismo. Egli vuole al suo fianco pastori, non funzionari di Stato in carriera.

 

PAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIO PAPA FRANCESCO BERGOGLIO PAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIO PAPA BERGOGLIO PAPA FRANCESCO - JORGE BERGOGLIOMons Rino Fisichella GIUSEPPE BERTELLOTarcisio Bertone letta Bagnasco Angelo MICHELE BRIAMONTE FOTO LAPRESSE ERNEST VON FREYBERG

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…

silvia toffanin francesca fialdini giorgia cardinaletti tommaso zorzi alessandro giuli pietro tatafiore barbara castorina

A LUME DI CANDELA - TOMMASINO ZORZI NON SARÀ OPINIONISTA AL “GRANDE FRATELLO”: NONOSTANTE LE SPINTE DI CASCHETTO, IL SUO NOME È STATO BOCCIATO – CI MANCAVA IL MINISTRO GIULI-VO IN VERSIONE OFFICIANTE: HA CELEBRATO IL MATRIMONIO DEL SUO CAPO UFFICIO STAMPA, PIERO TATAFIORE, CON BARBARA CASTORINA, TITOLARE DELL'AGENZIA VISVERBI CHE HA ASSISTITO IN PASSATO PROFESSIONALMENTE GIULI (AVRÀ RIFILATO UN ALTRO PIPPOZZO SUL “PENSIERO SOLARE”?) - BIANCA BERLINGUER E ILARIA D'AMICO (CHE LASCIA CASCHETTO) NELL'AGENZIA DI PRESTA - GIORGIA CARDINALETTI AL POSTO DI FRANCESCA FIALDINI - DOPO LA CHIUSURA DI TANGO, COSTAMAGNA OSPITE SU RETE 4 (NEL PROGRAMMA DOVE LAVORA IL SUO COMPAGNO) - LUI È UN POLITICO DI PRIMO PIANO, LEI È UNA BELLA GIORNALISTA. I DUE SONO STATI AMANTI E LUI HA FAVORITO LA SUA ASCESA. DURANTE UNA RECENTE INTERVISTA HANNO FATTO FINTA DI NON CONOSCERSI DANDOSI DEL LEI. DI CHI STIAMO PARLANDO?

luca zaia matteo salvini francesco acquaroli conte bonelli schlein fratoianni matteo ricci

DAGOREPORT - DALLA RIFORMA ELETTORALE AL RIMPASTO DI GOVERNO, IL FUTURO DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È APPESO COME UN CACIOCAVALLO AL SUO PRIMO TEST CRUCIALE: LE REGIONALI – SCATENEREBBE UNO SCONQUASSO NELLA LITIGIOSA COALIZIONE DI GOVERNO SE FRATELLI D'ITALIA DOVESSE PERDERE LE MARCHE, DOVE LA RICONFERMA DEL MELONIANO ACQUAROLI E' INCERTA - A QUEL PUNTO, A NOVEMBRE, LA MELONA VORRÀ ASSOLUTAMENTE IMPORRE UN CANDIDATO ALLA FIAMMA NEL VENETO LEGHISTA - LA DUCETTA HA BEN RAGIONE DI PRETENDERLO: MALGRADO IL SUO 28-29%, ATTUALMENTE FDI GOVERNA SOLO IN TRE REGIONI: MARCHE, ABRUZZO E LAZIO - PER FARCELA, LA DUCETTA DOVRA' CONVINCERE LUCA ZAIA AD APPOGGIARE, COL 40% DI CONSENSI DI CUI GODE LA SUA LISTA, IL SUO CANDIDATO ALLA PRESIDENZA - NEL CASO IN CUI IL "DOGE" NON ACCETTI LA PROPOSTA, A QUEL PUNTO, GIÀ TAGLIATO FUORI DA SALVINI, LE AMBIZIONI DI ZAIA DI RICOPRIRE UN DOMANI LA PRESIDENZA DELL'ENI O MAGARI LA CARICA DI MINISTRO DOVRA' RIPORLE NEL CASSETTO DEI SOGNI...

stefano belingardi clusoni belen rodriguez

DAGOREPORT - LA ''FARFALLINA'' DI BELEN È TORNATA A BATTERE. DOPO UN’ESTATE TURBOLENTA DI SCAZZI E POLEMICHE, PER LA "SCIO-GIRL" ARGENTINA È ARRIVATO UN NUOVO E AITANTE  BELLIMBUSTO - LUI È STEFANO BELINGARDI CLUSONI, ARCHITETTO MILANESE CHE, CON IL SUO STUDIO "BE.ST", NEGLI ULTIMI ANNI HA RIDISEGNATO LO SKYLINE DELLA CITTÀ MENEGHINA - GALEOTTO UN LOCALE IN SARDEGNA, DOVE I DUE SONO STATI PIZZICATI A BACIARSI CON PASSIONE, INCURANTI DEGLI SGUARDI INDISCRETI - A CONFERMARE LA LIASON È LA STESSA BELEN CON UN CAROSELLO DI FOTO SU INSTAGRAM SULLE SUE "HERMOSAS VACACIONES” -DALLO SCAZZO CON IL BENZINAIO ALLE PATATINE LANCIATE IN UN LOCALE: L’ESTATE IRREQUIETA DELL'EX DI CORONA E DE MARTINO - VIDEO

stefano de martino striscia la notizia antonio ricci gerry scotti la ruota della fortuna pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - PIER SILVIO, QUESTA VOLTA, HA VINTO. PIAZZARE LA “RUOTA DELLA FORTUNA” NEL VUOTO PNEUMATICO DELLA PROGRAMMAZIONE ESTIVA, È STATA UNA MOSSA SCALTRA ALL’INSEGNA DI UN SOLO IMPERATIVO: FIDELIZZARE IL PUBBLICO DEI TELE-MORENTI - L’OPERAZIONE È RIUSCITA, IL PAZIENTE È ANCORA IN VITA, MA È SOLO IL PRIMO ROUND DI UNA GUERRA ANCORA MOLTO LUNGA: GIÀ IN SOVRAPPOSIZIONE, IERI SERA, “AFFARI TUOI” ERA LEGGERMENTE IN VANTAGGIO SUL PROGRAMMA DI GERRY SCOTTI, E LA SCELTA DI FAR RIPARTIRE LA TRASMISSIONE DI DE MARTINO DI MARTEDÌ, ANZICHE' DI LUNEDI', HA LASCIATO INTERDETTI GLI ADDETTI AI PALINSESTI - COMUNQUE VADA IL DUELLO NEI PROSSIMI DUE MESI, “PIER DUDI”, ALLA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, ERA STATO CATEGORICO: "'STRISCIA LA NOTIZIA' INIZIERÀ A NOVEMBRE. ANCHE SE CIÒ CHE VA IN ONDA, E NON SARÀ COSÌ, DOVESSE FARE UN TRILIONE DI ASCOLTI" - GLI ESORDI CON MARIA DE FILIPPI, IL FLOP ALL'''ISOLA DEI FAMOSI'' CONDOTTA DALLA MARCUZZI, PRESTA CHE LO SBOLOGNA E LA RISCOSSA CON CASCHETTO (E TANTI ''PACCHI'' A MO' DI CULO): L'IRRESISTIBILE ASCESA DI STEFANO DE MARTINO, ALFIERE DI RAI-MELONI, CHE SOGNA IL FESTIVAL DI SANREMO - VIDEO