LADY MATACENA SARA’ CONSEGNATA MARTEDÌ ALLA FRONTIERA. POI DUE IPOTESI: GENOVA O REGGIO - FIN DAL 2012 SCAJOLA LAVORAVA PER PORTARE MATACENA IN LIBANO - NON SOLO PER SALVARE UN AMICO, MA ANCHE PER TUTELARE LE VARIE “COINTERESSENZE” ECONOMICHE CHE L’EX MINISTRO AVEVA CON L’ARMATORE

1. LADY MATACENA SARA' CONSEGNATA MARTEDÌ ALLA FRONTIERA. POI DUE IPOTESI: GENOVA O REGGIO
Giuseppe Filetto per La Repubblica

Nessun trattamento di riguardo per la "Coppa di Champagne", come chiamano Chiara Rizzo a Montecarlo. Martedì prossimo, alle 11,30, sarà estradata dalla Francia ed affidata alla polizia di frontiera italiana. La consegna è prevista a Ponte San Luigi, come è stato fatto lo scorso gennaio per il serial killer Bartolomeo Gagliano.

Nessuno sconto. La Cour d'Appel di Aix en Provence aveva detto agli avvocati che l'estradizione sarebbe stata entro 10 giorni. Nel carcere delle Baumettes di Marsiglia, dove è rinchiusa in una cella con altre 3 donne nordafricane, lady Matacena rimarrà fino all'ultima ora stabilita dalle legge francese. Poi sarà tradotta con un furgone della Gendarmerie.

Mercoledì scorso, in udienza, Chiara Rizzo ha lamentato di soffrire di claustrofobia e di crisi respiratorie. Ma dovrà adattarsi, ha fatto capire il giudice Nicole Besson.
Secondo i programmi, la bionda che ha messo nei guai l'ex ministro Scajola, dopo il passaggio alle autorità italiane sarà affidata agli uomini della Dia. Una procedura inusuale.

Solitamente è la polizia penitenziaria a prendere in consegna gli estradati e trasferirli in carcere. La procura di Reggio Calabria vuole evitare troppi contatti.
La destinazione è il carcere femminile di Genova-Pontedecimo, ma alla Dia dicono che all'ultimo momento potrebbe esserci un cambio di programma. Trapela che la donna, accusata di «riciclaggio e di appartenere ad una associazione che ha aiutato la latitanza del marito a Dubai», teste fondamentale dell'inchiesta, potrebbe essere imbarcata su un aereo a Genova e spedita direttamente a Reggio Calabria.

2. FIN DAL 2012 SCAJOLA LAVORAVA PER PORTARE MATACENA IN LIBANO
di Enrico Fierro e Lucio Musolino


Scajola e Matacena. L'armatore alla ricerca di un approdo libanese per la sua latitanza e il politico ossessionato dal ritorno in Parlamento. Sono i personaggi principali della brutta storia di potere e mafia che si dipana tra Reggio Calabria, Milano, Montecarlo e gli Emirati Arabi.

Nell'interrogatorio di due giorni fa, l'ex ministro dell'Interno ha parlato dei suoi rapporti con Amedeo Matacena, un legame antico che risale, come lo stesso armatore riparato a Dubai ha ammesso ieri all'agenzia Ansa, al 1994, gli albori del berlusconismo e di Forza Italia.

Per questa ragione Scajola cerca in modo ossessivo e con tutti i mezzi di aiutare Matacena a trasferirsi in Libano. E quando viene a sapere che proprio in Calabria c'è un giovane che ha messo radici a Beirut e dintorni, lo chiama. È Vincenzo Speziali, imprenditore che rifiuta l'etichetta di faccendiere, uno che ha sposato una parente del leader dei cristiano maroniti Amin Gemayel.

"Io sono programmato per non sbagliare", dice di sé il rampante Speziali, che organizza incontri con le autorità libanesi di altissimo livello. Lo stesso Gemayel si muove, fa varie visite in Calabria dove viene ricevuto dal senatore Speziali, zio e omonimo del giovane imprenditore con basi in Libano, e Franco Talarico, presidente del Consiglio regionale.

Scajola ha ammesso che già nel settembre-ottobre del 2012 Speziali parlò a Gemayel dell'affaire Matacena. C'è anche una lettera rinvenuta in una delle residenze dell'ex ministro dell'Interno, probabilmente con la data di quello stesso anno. Un lavoro frenetico da parte di Scajola, non solo per salvare un amico, ma anche per tutelare le varie "cointeressenze" economiche che l'ex ministro aveva con l'armatore Matacena.

Speziali, che in una intervista al Fatto si è detto completamente "estraneo alle vicende Matacena e Dell'Utri", è attivissimo, ma qualcosa nel rapporto con Scajola non ha funzionato, tanto che ad un certo punto i legami tra i due diventano complicati. Scajola è ossessionato dalla politica, prova a rilanciarsi con una candidatura all'Europarlamento, ma viene stoppato dal cerchio magico di Berlusconi. Minaccia "casini" e rivelazioni, ma alla fine fa un passo indietro per farne due avanti, il ritorno alla Camera o al Senato alle prossime elezioni. I sogni di nuova gloria politica muoiono con l'arresto.

Intanto Amedeo Matacena si fa vivo con una intervista all'Ansa dal suo rifugio di Dubai. Si dichiara un perseguitato, vittima di "un complotto-vendetta. Tutti coloro che mi hanno colpito (i magistrati, ndr) hanno avuto delle gratifiche e avanzamenti di carriera". Parla delle sue denunce da parlamentare contro quello che definisce "il palazzo dei veleni", la procura di Reggio Calabria.

"Ci sono state delle cose strane nella mia condanna - aggiunge - tenendo conto che precedentemente c'erano state due assoluzioni nel merito". Insomma, per l'ex parlamentare berlusconiano, oggi dimenticato da Silvio e dall'intera Forza Italia, il verdetto della Cassazione fu viziato: "I miei avvocati videro un magistrato a me ben noto che era nell'ufficio del presidente della Cassazione che mi avrebbe giudicato".

Quella di Matacena è una ricostruzione parziale del clima che in quei primi anni Novanta si viveva in riva allo Stretto con il primo maxi-processo contro le cosche e i loro referenti massonici e politici. "Operazione Olimpia", si chiamava, e impegnava magistrati del calibro di Salvatore Boemi e Vincenzo Macrì.

Proprio contro quest'ultimo, Matacena produsse una mole impressionante di interrogazioni parlamentari, una cinquantina, fino a chiedere al ministero di Giustizia di sottoporre il pm a visite psichiatriche. Secondo fonti della Cassazione, quelle di Matacena sono "farneticazioni di una persona disperata". L'ex parlamentare è un "latitante a tutti gli effetti".

 

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