LEGA D’AFRICA – BELSITO GOSSIP! BOSSI AVEVA UN CONTO IN TANZANIA PER FINANZIARE LA “SUA” LEGA POST-SCISSIONE DA MARONI - BOBO INVECE FACEVA AFFARI IN LIBIA CON FINMECCANICA

Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi per "Il Sole 24 Ore"

È un Francesco Belsito spaventatissimo, o almeno così lascia intendere, quello che il 14 marzo si siede di fronte a Giuseppe Lombardo, pm della Procura di Reggio Calabria, che da un anno sta cercando di capire cosa passasse dai conti dell'ex tesoriere della Lega Nord arrestato poi il 24 aprile a seguito di un altro filone di indagine dei pm di Milano.

Belsito parla di tutto a partire dal fondo in un conto in una banca della Tanzania che sarebbe servito a Umberto Bossi per affrontare l'eventuale scissione nella Lega Nord e finanziare la campagna elettorale ma, come spiega a Lombardo, la paura è tanta: «... perché mi sono arrivate anche minacce del tipo... attraversi la strada e ti mettiamo sotto con la macchina. Cosa faccio io... ho tre bambini».

L'interrogatorio è viziato da questo spettro tanto che il pm sbotta: «Guardi ...guardi ...lei sa bene in che posizione si trova. Quindi, se lei ritiene di farlo il nome, lo faccia. Non è detto che noi questo nome non ce l'abbiamo già...». Il riferimento di Lombardo era a quel nome sospeso da ore nell'aria dopo che Belsito aveva persino chiesto una breve interruzione dell'interrogatorio per consultarsi con i suoi avvocati prima di raccontare la sua verità.

E allora, finalmente, disegna una traiettoria attraverso la quale passa il progetto di distruggere lui per distruggere la Lega Nord: «L'unico obiettivo politico ...che ho potuto immaginare e capire cosa possa essere successo è distruggere la Lega Nord e Umberto Bossi attraverso me. Questo penso...».

Una traiettoria nella quale inserisce, con mille paure, anche il nome di quell'uomo per lui legatissimo ai servizi segreti, dei quali alcuni pezzi avrebbero partecipato a questo disegno per spaccare la Lega. «L'ammiraglio vero» è Amerigo Alunno dirà Belsito, con riferimento al soprannome di Romolo Girardelli, anch'esso arrestato nel blitz della Gdf di Milano e tra i nomi che Belsito fa, unitamente a quello di Stefano Lombardelli, come altri "pupari" del l'operazione alla quale parteciperanno, secondo lui, anche giornali e giornalisti.

Alunno però, il cui nome era già trapelato un anno fa, negò e dunque negherà anche ora ogni addebito visto che la sua conoscenza con Belsito, dichiarò ai giornali liguri a fine aprile 2012, si interruppe almeno dieci anni fa. Belsito questo lo sa e nonostante tutto rifà quel nome ma poi si lancia in retromarcia dicendo che non sa «se questa persona possa essere un millantatore o no».

Insomma, Belsito dice, non dice, fa un passo avanti e uno indietro come quando contraddirà il notaio Ermanno Pleba sull'origine delle sue conoscenze con Girardelli o come quando difenderà a spada tratta gli investimenti fatti all'estero, dai quali la Lega Nord ci avrebbe solo guadagnato.

Rivolgendosi a Lombardo Belsito dice: «Avrà visto la storiella del l'oro, dei brillanti? Io sono il Tesoriere e come tale sono il custode dei beni. Nel momento che non ho più l'incarico, ho chiamato i miei legali, di ...naturalmente restituire ciò che ho comprato per conto della Lega. A cui loro in prima battuta avevano risposto ...che non riconoscono questi investimenti, perché non sanno neanche che cosa sono e non si sa chi ha fatto questi investimenti. Quando i miei avvocati allora hanno risposto a Milano ed hanno detto benissimo, allora se questi investimenti non sono della Lega, dateceli indietro. E sono andati a prenderseli ...».

Ecco che, proprio legandosi a questo discorso, Belsito tira fuori qualcosa di inaspettato: il fondo in Tanzania - che sarebbe passato attraverso i conti di un altro arrestato, Stefano Bonet, ma mai andato in porto - sarebbe servito per finanziare l'eventuale a campagna elettorale del l'"altra" Lega, quella di Bossi.

Quando il pm accenna alla fronda interna al partito che si stava creando, Belsito risponde infatti così: «...la preoccupazione di Bossi era quella ...se rompiamo dobbiamo essere in grado di fare campagna elettorale ...Ed ecco lì il motivo del Fondo ...Lo spostamento del Fondo viene costituito perché lui voleva ...voleva un tesoretto per affrontare ...disponibile ...quindi ...iscritto a bilancio». E del resto anche in questo interrogatorio Belsito ribadisce che lui non si muoveva senza che il capo sapesse: «Le uniche operazioni che ho fatto, ho chiesto le autorizzazioni a lui ...direttamente a Bossi».

La guerra interna alla Lega in quel periodo non conosce mezze misure se è vero che Belsito accenna al fatto che dietro Girardelli e Lombardelli ci sarebbe Roberto Maroni. «Qualcuno, dietro di loro, di più forte ...perché le voci genovesi han detto ...gli hanno promesso ...e loro lo dicono nelle intercettazioni!

"Ci riempirà il nano di lavoro!" Il Nano, Maroni. Io così ho letto ...tanto è vero che lui si vantava ...», dice Belsito ancora con la tattica del dire e non dire («Io così ho letto»), tanto che il pm risponde sorpreso: «Effettivamente il nano noi a Maroni non l'abbiamo abbinato subito. Sinceramente ne abbiamo altri nani ...» e perfino gli avvocati sembrano sorpresi: «Tu questo l'hai interpretato così?» e Belsito: «Eh! Prendi le intercettazioni». Una lotta intestina alla Lega, della quale Bossi sembra volersi accorgere fino a un certo punto nonostante i fortissimi dissidi con Maroni, tanto che è lo stesso Belsito a raccontare ai pm di un presunta tangente da 54 milioni per una commessa in realtà mai andata in porto.

«Io avevo scoperto in Libia, voci ...vere o no, io non lo so - fa mettere a verbale Belsito con la solita tecnica del dico-non dico - che uomini appartenenti al ministero della Difesa, avevano detto che praticamente qualcuno della Lega, e non io ...perché fisicamente son così, quindi voglio dire, non potevo essere io, girava la voce che aveva preso su degli apparati radar, sulle apparecchiature legate al mondo Finmeccanica, aveva preso dei soldi».

I pm vogliono sapere la reazione di Bossi quando gli comunica questa notizia: «Subito mi manda a quel paese ...Mi dice ...Fanculo, non m'interessa! Ed io gli dico, ma scusami, questo qua, viene qua da noi, e ci racconta che lui è perfetto e tutto e poi è il primo ...?».

Lui è Roberto Maroni? gli chiede Lombardo e Belsito, candido: «Sì. E lui mi risponde che non gli interessa». Pochi minuti prima Belsito aveva raccontato al pm anche le modalità della presunta tangente: «Vado da Bossi e gli dico "ma scusami, il buon Roberto fa sempre delle prediche, poi dicono ...dicono ...voci...». Maroni?, chiede il pm. E Belsito: «Il Maroni... "che in questo aereo ...che in questo aereo, dove ci sarebbe stato il trasferimento di denaro, c'era l'Ambasciatore Gadur (l'ex ambasciatore libico a Roma Hafed Gaddur, ndr), lui e qualcuno dei servizi"».

Queste, naturalmente, sono affermazioni prive di riscontro. Prima della rivoluzione che ha sancito il cambio di regime, Finmeccanica aveva tre contratti in corso con la Libia stipulati tra il 2009 e il 2010 ma tutti attualmente in sospeso: un contratto da 541 milioni di euro e uno da 247 per sistemi di segnalamento ferroviario, e un accordo da 300 milioni per la realizzazione di un sistema di protezione dei confini meridionali della Libia.

Quest'ultimo accordo faceva parte di un protocollo di attuazione dell'intesa italo-libica per contrastare l'immigrazione clandestina, firmato a Tripoli dall'ex ministro dell'Interno Maroni il 4 febbraio 2009.

 

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