LETTA FA IL “VIRTUOSO” CON I SOLDI DEGLI ITALIANI

Fabio Martini per "La Stampa"

Enrico Letta ne è convinto dal primo giorno che è entrato a palazzo Chigi, la partita decisiva del governo si gioca più in Europa che a Roma e per questo motivo il presidente del Consiglio ha detto a Varsavia ciò che non aveva mai detto con altrettanta chiarezza:

«Le nostre scelte verranno fatte dentro il perimetro dei conti pubblici, non faremo nuovi debiti, l'Italia mantiene la disciplina di bilancio». Apparentemente una specificazione di concetti già espressi in passato.

In realtà, esplicitando la volontà di non fare nuovi debiti, Letta comincia a far trapelare la strategia decisa assieme al ministro Fabrizio Saccomanni e che i due stanno spiegando nei loro incontri con i leader europei.

Una strategia per strappare "sconti" ma dentro le regole europee ed è opposta a quella dei "cugini" mediterranei: mentre la Francia e la Spagna hanno chiesto ed ottenuto una proroga, rispettivamente di uno e di due anni per far scendere il deficit sul Pil al 3%, l'Italia non vuole rinvii, non vuole sfondare il tetto neppure per pochi mesi. E punta invece ad ottenere un atteggiamento flessibile dall'Europa in due tappe.

La prima è fissata al 29 maggio, con la chiusura della procedura europea per deficit eccessivo; la seconda non ha date prefissate, ma consiste nell'ottenere dalla Commissione il via libera a sfruttare tutti i margini previsti dai trattati per chi non ha pendenze con Bruxelles e al tempo stesso, senza sfondare il 3%, rallentare quel rientro a tappe forzate che, per esempio, prevede per il prossimo anno un obiettivo (troppo ambizioso) dell'1,8%.

Il combinato disposto di questi due "sconti" potrebbe consentire di recuperare circa 12-14 miliardi, con i quali finanziare investimenti, ma anche sgravi fiscali per l'occupazione giovanile.

Certo, in Europa tutto è complicato dalle instabilità, di diversa natura, che minano i due Paesi-guida: la Germania, attesa a settembre dalle elezioni, la Francia che oramai ha scoperto di essere in crisi. Francia, che pur essendo sotto procedura per deficit eccessivo dal 2009 , è riuscita ad ottenere dall'Ue la proroga sul rientro dal deficit: un trattamento di "favore" che l'Italia farà valere per strappare quella interpretazione favorevole che potrebbe darle la boccata d'ossigeno necessaria per rimettersi in piedi.

Il biglietto da visita del nuovo governo italiano è il rispetto del deficit sotto il 3% nell'anno in corso e anche nei prossimi due. Un consumato diplomatico come il ministro Enzo Moavero Milanesi, ministro per gli Affari europei, lo dice con chiarezza: «E' importante dimostrarsi affidabili almeno sul parametro del deficit, anche perché restando sotto il 3% avremo più margini per gli investimenti e il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni».

E d'altra parte quella «duttilità nell'applicare le regole è un'apertura per cui l'Italia si è battuta», fermi restando i vincoli di bilancio che il governo non intende toccare. Non li intende toccare anche perché un eventuale sfondamento del 3% comporterebbe problemi seri: controlli più rigidi e un debito pubblico sempre più insostenibile.

Ecco perché si è scelto di tenere l'obiettivo di un bilancio prossimo all'equilibrio, al netto del ciclo fino al 2015, ma nel frattempo ottenere dalla Commissione di riutilizzare la differenza tra il tetto del 3% e gli obiettivi indicati per ogni anno.

In altre parole, per il 2014 l'Italia si è impegnata ad arrivare all'1,8% nel rapporto deficit Pil, ma con la fine della procedura di infrazione potrebbe ottenere dalla Commissione di salire ad un legale 2,9%, con una differenza dell'1,1% dagli impegni iniziali, un differenziale che potrebbe essere utilizzato per far riprendere fiato all'economia reale.

 

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