1. COSE MAI VISTE! IL PACCO ALITALIA RIFILATO ANCORA UNA VOLTA AI CONTRIBUENTI. LETTA IMPONE L’INTERVENTO DELLE POSTE E SARMI SI GUADAGNA LA POLTRONA DELLA TELECOM! 2. CON LA SCUSA DEL CRAC (SE NE SONO ACCORTI OGGI?), PALAZZO CHIGI TORNA AZIONISTA DELLA COMPAGNIA E SI APPRESTA A DECIDERE I NUOVI VERTICI. I LETTIANI ALLA MAGLIANA! 3. NON BASTA IL FLOP DELLA MISTRAL AIR. LA MINUSCOLA COMPAGNIA AEREA DELLE POSTE PER IL TRASPORTO DELLA CORRISPONDENZA HA SOLO QUATTRO BOEING, MA È IN PASSIVO 4. TUTTI CONTRO LA RI-NAZIONALIZZAZIONE: DAL “FATTO” AL “GIORNALE”, DAL “CORRIERE” A “REPUBBLICA”, NESSUNO APPROVA IL NUOVO SALASSO PUBBLICO. E LA RENZIANA BONACCORSI APRE IL FRONTE POLITICO: “AL SALVATAGGIO DEVONO PENSARCI I SOCI!”

1. CAPITANI VERGOGNOSI
Alessandro De Nicola per "La Repubblica"


L'incredibile si è verificato. Se fino anche a ieri qualcuno avesse ipotizzato l'intervento di Poste Italiane per salvare Alitalia, sarebbe stato accolto da un moto di incredulità. E sì che nel nostro Paese siamo abituati a tutto. Ora sembra che all'ipotizzato aumento di capitale di 300 milioni, necessario (insieme ad un prestito bancario di 200 milioni) a mantenere operativa la linea aerea, parteciperanno anche le Poste.

Non vorrei essere nei panni di un consigliere di amministrazione di quest'ultima società: per trovare l'"interesse sociale" che giustifichi un investimento così importante in una società che macina perdite come un turbine e che non ha alcun tipo di sinergia con la consegna di plichi e raccomandate bisognerà ricorrere alla fantasia. Certo, c'è la "posta aerea", ma sembra un po' labile, no?

D'altronde nessuno vorrebbe essere nei panni di un consigliere di amministrazione di Ferrovie dello Stato, fino a 24 ore fa data come più probabile acquirente della ex compagnia di bandiera. Anche in quel caso non sarebbe stato facile giustificare un investimento che avrebbe comportato perdite sicure, sinergie tutte da verificare e battaglie con l'autorità Antitrust che sarebbe stata giustamente preoccupata del potere di mercato del moloch "aerei più treni" su rotte come la Milano-Roma e la Milano-Napoli.

Dove avrebbe potuto risiedere l'interesse sociale di Fs? Peggio si sarebbero sentiti gli amministratori di Cassa Depositi e Prestiti, salvatori nazionali invocati in ogni occasione. Finora Cdp è stata abbastanza oculata: ha comprato quote in società dove la sua presenza era discutibile, ma almeno senza mettere in pericolo mortale i risparmi dei libretti postali. Insomma, la saga di Alitalia sembra ormai diventata una maledizione.

Era già stata una disgrazia fino al 2008: le perdite accumulate all'epoca erano di 1,8 miliardi e la politica aveva sprecato un'occasione d'oro negando la fusione con l'olandese Kim. Da quella data in poi, quando la rocambolesca difesa dell' "italianità" di Silvio Berlusconi ha fatto sì che si perdesse l'opportunità di vendere la compagnia ad Air France per un prezzo oggi inimmaginabile (1,7 miliardi), le cose sono andate di male in peggio.

Il salvataggio di Alitalia è costato, secondo i calcoli degli economisti Ugo Arrigo e Andrea Giuricin, da 4 a 7 miliardi di euro al contribuente italiano e altre centinaia di milioni ai passeggeri, costretti a pagare prezzi di monopolio sulla tratta Milano-Roma a causa della fusione tra Airone e Alitalia e della sospensione della normativa antitrust imposta da una legge ad hoc: un caso inaudito!

Ma nemmeno la protezione della politica è servita. A onor del vero il nuovo management di Alitalia ha ridotto i costi e migliorato il servizio, ma tra la capitale politica e quella economica la concorrenza dell'Alta Velocità è stata spietata. L'arrivo di Italo e la fine del blocco per i concorrenti aerei ha dato il colpo di grazia. Il governo è ancora in tempo: si fermi. Non coinvolga, come fece Berlusconi, la Banca Intesa che fu di Corrado Passera (fin troppo "volenterosa").

Oppure azionisti come Ligresti. L'una e gli altri sembravano più pagare debiti politici che essere mossi da slanci patriottici. Si commissari Alitalia (bloccare tutto e lasciare gli aerei a terra distruggerebbe il valore residuo della società) e attraverso il ricorso a procedure concorsuali apposite si faccia, come ha suggerito Carlo Stagnaro, ciò che è stato attuato con Swissair: una vendita, in blocco o anche a pezzetti, a chiunque sia interessato e a qualsiasi prezzo. Si accettano scommesse: la gente continuerà a volare da, verso o in Italia e fino a quel momento ci saranno compagnie aeree disposte a prestare il servizio.

2. ALLE POSTE IL PACCO ALITALIA: NON BASTA IL FLOP MISTRAL AIR
Stefano Feltri per "Il Fatto Quotidiano"

Nessuno voleva la decotta Alitalia privata, quindi Enrico Letta la rifila alle Poste Italiane, cioè allo Stato, visto che la società del servizio postale è controllata al cento per cento dal Tesoro. Lo conferma una nota di Palazzo Chigi: "Il governo esprime soddisfazione per la volontà di Poste spa di partecipare, come importante partner industriale, all'aumento di capitale di Alitalia". Il presidente dell'Ente nazionale aviazione civile, Vito Riggio, dice che se Alitalia non ottiene un aumento di capitale da 300 milioni e prestiti bancari da 200 entro domani gli aerei resteranno a terra.

Le Poste dovrebbero mettere almeno 75 dei 300 milioni necessari, quasi un contributo a fondo perduto, visto che l'aumento di capitale serve solo a guadagnare qualche mese. Che c'entra il servizio postale con il trasporto aereo? Le Poste guidate da Massimo Sarmi hanno già una loro compagnia aerea: si chiama Mistral Air, l'ha fondata nel 1981 Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, ed è al cento per cento delle Poste Italiane dal 2005.

A vedere i bilanci, le Poste non sembrano l'azionista giusto per Alitalia, visto come hanno gestito Mistral, quattro Boeing 737-300 a doppio uso, di notte trasporto merci (lettere e non solo), di giorno voli charter per passeggeri. Gli ultimi tre bilanci sono stati chiusi tutti in rosso dall'amministratore delegato di Mistral Riccardo Sciolti: fatturato di 104 milioni di curo e perdite per 8,2 milioni nel 2012 (2,2 nel 2011, 1,5 nel 2010).

Risultati che hanno spinto le Poste a mettere in vendita il cento per cento della sfortunata compagnia. E ora, invece di liberarsene, il dinamico Sarmi (che è in corsa sia per la riconferma alle Poste che per la presidenza di Telecom Italia) usa Mistral Air come gancio per investire in Alitalia.

Nella pomposa prosa del governo: "Le sinergie industriali tra Alitalia e Poste, anche attraverso la compagnia aerea controllata Mistral Air, includono i settori del trasporto passeggeri e cargo - in coerenza con 
la strategia di sviluppo dell'e-commerce -, della fidelizzazione clienti nonché la condivisione delle infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo".

Nella nota Palazzo Chigi avverte: "Il governo si aspetta che i soci si assumano appieno le loro responsabilità". Affermazione misteriosa, visto che i soci non hanno alcuna intenzione di rischiare altri soldi: pochi mesi fa hanno prestato soldi all'azienda, invece che metterli nel capitale sociale, sapendo quanto era rischioso. Tutto questo avviene mentre il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni (l'azionista unico delle Poste Italiane) è lontano dal dossier, a Washington per l'assemblea del Fondo monetario internazionale. Al ministero la pratica è stata lasciata nelle mani del capo di gabinetto Daniele Cabras.

Esulta il ministro Maurizio Lupi, Pdl: " Ce l'abbiamo fatta". Il Pd invece è in imbarazzo, a cominciare dal segretario Guglielmo Epifani che ieri sera a Otto e mezzo su La7 si limita a dire: "Nel 2008 preferivo Lufthansa, si tirò indietro". Poi però si oppose alla fusione di Air France.

E quando Lilli Gruber gli chiede che pensa dell'arrivo delle Poste, ammette di non essere neppure informato della nota di palazzo Chigi: "Non sappiamo ancora se è vero, non sto seguendo questa vertenza". I parlamentari Pd vicini a Matteo Renzi cominciano a scaldarsi. Lorenza Bonaccorsi, deputata Pd della commissione Trasporti, avverte: "Il salvataggio di un' azienda completamente privata, quale è Alitalia ormai da cinque anni, compete ai soci e a chi ha ricevuto dallo Stato un'azienda libera da debiti. I contribuenti hanno già pagato a caro prezzo". Troppo tardi.

 

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