RAI, DI TUTTO DI PUS! - BERSANI IN UNA RAI MORENTE NON VUOLE METTERCI LA FACCIA E SPIAZZA BELLA NAPOLI, RIGOR MONTIS E MEZZO PD: NESSUN ACCORDO SE NON VIENE STRACCIATA LA LEGGE GASPARRI - NEL PDL MONTA LA RIVOLTA CONTRO GIANNI LETTA CHE, PREVIA CONSULTAZIONE CON IL BANANA, HA DATO IL VIA LIBERA A GUBITOSI - QUANDO ARRIVERA’ IL GIORNO CHE CAPIRANNO CHE LO STATO NON PUO’ PERMETTERSI TRE RETI?…

Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

Sulla Rai Pier Luigi Bersani non arretra. «Noi non indicheremo nessuno, non faremo proprio niente»: continuava a ripetere ancora ieri il segretario del Pd. E anche di fronte alle richieste informali di fare i nomi di due tecnici di area, il Partito democratico ha opposto un rifiuto.

Del resto, i ragionamenti che il leader del Pd va facendo in questi giorni con i suoi sono questi: «Finché non c'è la riforma della governance al vertice della Rai potrebbe esserci anche Einstein e non cambierebbe nulla». Eppure le pressioni cui è sottoposto il segretario sono molte. Una parte del Pd ritiene che con la linea della fermezza il segretario si sia cacciato in un vicolo cieco. Lui però non la pensa così: «Se noi lanciamo questa sfida, voglio vedere che fa il Pdl. Si nomina il consiglio d'amministrazione da solo? Bene, ci offre un argomento in più nella campagna elettorale».

I sondaggi rivelano che l'atteggiamento del leader del Partito democratico non dispiace all'elettorato di centrosinistra. E questo è un motivo in più per spingere Bersani ad andare avanti. Ma riuscirà a portare avanti la sua battaglia fino in fondo? Raccontano che Giorgio Napolitano non gradisca un comportamento che potrebbe portare alla paralisi della Rai. Il presidente della Repubblica se ne è lamentato con lo stesso Bersani. E anche Mario Monti è perplesso: «Non capisco l'atteggiamento del segretario del Pd».

Però, quando il capo del governo, l'altro giorno, aveva preannunciato ai leader della sua maggioranza le nomine che aveva deciso di fare, Bersani lo aveva avvertito: al massimo il suo partito poteva consentire l'elezione della presidente del cda per non bloccare tutto, ma niente di più.

Per questa ragione, per smuovere Bersani dalla sua posizione, ieri si è tentata una manovra a tenaglia da parte dell'Udc e di quella fetta del Pd che non approva la scelta del segretario. Al leader è stata offerta una soluzione che gli avrebbe consentito di rientrare in gioco senza avere l'aria di dare il «contrordine compagni». Prima Beppe Fioroni ha proposto che sia il governo a procedere a tutte le nomine del cda Rai: «Giustamente hanno voluto commissariare la tv di Stato e allora a questo punto vadano fino in fondo, scelgano anche gli altri sette consiglieri».

Poi è stata la volta di Pier Ferdinando Casini che ha avanzato la stessa proposta, dopo aver dato atto che le resistenze di Bersani nascono da «motivazioni alte e nobili». D'altra parte, il leader del Partito democratico ieri ha detto di sentirsi «garantito dal governo», quindi perché non accettare questa soluzione?

Quelle parole di Bersani hanno fatto sperare i sostenitori dell'accordo: il governo indica dei nomi che vanno bene sia al Partito democratico che al Pdl e con questo compromesso all'italiana si esce dal guado della Rai. Quanto alla riforma della «governance» se ne discuterà nella prossima legislatura, quando, probabilmente, i numeri saranno più favorevoli al centrosinistra.

Ma Matteo Orfini, responsabile del Pd per il settore Rai non sembra aprire uno spiraglio nemmeno di fronte a questa soluzione: «Anche in questo caso non voteremmo lo stesso. Possono metterci pure Bill Gates, ma senza cambiare governance è inutile». Già, però gli azionisti su proposta del ministro dell'Economia dovrebbero modificare i poteri di presidente e direttore generale. Basterebbe? Sarebbe un «segnale», dicono a Largo del Nazareno. Non sufficiente, però, sottolinea Orfini: «I cambiamenti dello statuto non possono comunque confliggere con la legge Gasparri, quindi o si cambia quella o è tutto inutile, com'è inutile avere un consiglio d'amministrazione così congegnato».

Orfini, che è in continuo contatto con il segretario, non recede dalla linea dura. Ma, come si diceva, il pressing nei confronti di Bersani è fortissimo. Dentro il partito è in corso una discussione accesa. C'è chi accusa il leader di lasciare tutto in mano al Pdl, c'è chi è d'accordo con le scelte di Monti. Ai veltroniani, per esempio, non dispiacciono le nomine fatte dal presidente del Consiglio. Paolo Gentiloni si dice «soddisfatto perché finalmente c'è una svolta».

Veltroni ricorda che fu proprio lui a ipotizzare «una Rai modello Bankitalia». Il suo braccio destro e sinistro Walter Verini avanza una nuova ipotesi per cercare di convincere il segretario ad ammorbidire la linea: «Perché il Pd non lancia una sfida in costruttivo alle altre forze politiche, proponendo di nominare tutti insieme sette personaggi di straordinario livello culturale, slegati dai partiti? Questo per superare l'attuale impasse, poi riformeremo la governance».

Ma questa è una partita che il Pd non gioca da solo. Nel Pdl monta la rivolta contro Gianni Letta che, previa consultazione con Silvio Berlusconi, ha dato il via libera a Gubitosi. Perciò al Partito democratico devono tenere conto anche delle possibili mosse del centrodestra, che potrebbe avere tutto l'interesse a lasciare le cose così come sono.

 

MARIO MONTI E IL BRACCIO ALZATO PIER LUIGI BERSANI E MARIO MONTI BERSANI GIUSEPPE FIORONI PIER FERDINANDO CASINI Matteo OrfiniPAOLO GENTILONI Walter Veltronigianniletta

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