LA SCORIA SIAMO NOI - TRAVAGLIO REPLICA ALLA REPLICA DI MINOLI: “DIVERSAMENTE DA LUI NON CERCO RACCOMANDAZIONI CON GUBITOSI”

Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"

Qualche giorno fa abbiamo solidarizzato col dg Rai Gubitosi, che aveva descritto a Panorama le reiterate molestie, ai limiti dello stalking, di cui è oggetto dai politici raccomandatori di Giovanni Minoli. Motivo: il mancato rinnovo del suo contratto di consulente-pensionato che negli ultimi tre anni gli ha consentito di gestire 18 milioni di soldi pubblici per celebrare degnamente i 150 anni dell'Unità d'Italia, poi già che c'era i 151 e i 152 (e chissà, magari si sarebbe arrivati ai 200, se l'arido dg non avesse deciso che poteva bastare). Ieri il Minoli ha replicato con una struggente lettera a Panorama, in cui lacrima copiosamente sul "doloroso addio" e sull'ingratitudine del genere umano.

E, con l'eleganza che lo contraddistingue, cita tre giornalisti (Vespa, Angela e Donat-Cattin) che, pur in pensione, continuano a lavorare per la Rai "e Minoli no". Chissà che in Viale Mazzini, due anni dopo che il Fatto lo raccontò, non sia giunta eco dello scandalo di Agrodolce, la fiction coprodotta da Rai Educational, da Luca Josi e dalla Regione Sicilia di Totò Cuffaro per la modica cifra di 70 milioni e poi chiusa dopo una storiaccia di denunce, licenziamenti, sprechi, raccomandazioni di parenti, amici ma soprattutto amiche, e persino di amici degli amici.

Nel senso di personaggi in odor di mafia perché, dichiarò il braccio destro di Minoli, "quando le produzioni vanno in Sicilia, devi sottostare alle regole legate alle tradizioni dell'isola: non puoi sceglierti liberamente le comparse che vuoi, c'è qualcuno che te le porta".

Ma purtroppo - aggiunse - "Josi mi ha fatto una scenata incredibile, dicendo che lui rapporti con mafiosi non li voleva avere mai e poi mai". Ecco, la Rai era molto sensibile alle "tradizioni" locali, ma quel rompicoglioni di Josi no. Nella lettera, Minoli non smentisce di avere al seguito un esercito di raccomandatori, anzi lo rivendica "onorato". Solo che purtroppo non li conosce (lo raccomandano a sua insaputa) e chiede a Gubitosi di "fornirmi i nomi" per poterli "almeno ringraziare".

Poi parte in quarta contro "quel giornalista necrofilo che è Marco Travaglio che, invece di attaccarmi noiosamente, dovrebbe ringraziarmi per avergli dato la gratuita occasione di raccomandarsi al direttore generale della Rai (a La7 cambia tutto, chissà) solidarizzando così caldamente" con lui. Il pover'uomo pensa che siano tutti come lui, tutti a caccia di un contratto Rai, tutti in fila per farsi raccomandare (a propria insaputa, s'intende). Ma soprattutto ha saputo che "a La7 cambia tutto": chissà se gliel'ha confidato Urbano Cairo, alla cui porta si dice che Minoli abbia già bussato (sempre a sua insaputa).

Pare, invano. Sono tempi duri. È notizia di ieri la sua dipartita dal Museo d'arte contemporanea di Rivoli, il più importante d'Italia, che lui dirige dal 2009 in virtù della leggendaria somiglianza con Pablo Picasso (periodo garofano con Craxi, periodo azzurro con B., periodo rosa con Veltroni e Prodi, e così via con tutta la tavolozza). Anche lì, un'orrenda congiura di "nemici, ostilità, invidia per chi ha successo fuori dai confini sabaudi".

Si sa, "Torino è una città provinciale, con persone piccole piccole" e non poteva certo apprezzare un cotale gigante che - parola sua - ha "salvato il Museo" (ma perfino La Stampa ne sottolinea "il declino" e le numerose assenze del direttore multiuso dai Cda). Noi però non ci rassegnamo all'idea che la sua carriera finisca così.

Qualcosa la Rai deve inventarsi. Potrebbe affidargli le celebrazioni del 26° anniversario della sua celebre intervista-spot a Craxi dell'87 col garofano rosso all'occhiello. O un programma sulle gare di bocce per pensionati. O un corso Rai Educational per insegnare come mordere una mela senza lasciarci la dentiera. O una nuova struttura "Lo stalking siamo noi". Nell'attesa, dobbiamo confessare che ha ragione almeno su un punto: il nostro è "giornalismo necrofilo". Infatti ci occupiamo di lui.

 

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