“LO VOGLIO VIVO”. S’È VISTO! - GLI ERRORI NEL BLITZ DI TOLOSA: PERCHÉ NON USARE I LACRIMOGENI? (IL TERRORISTA SAREBBE RIMASTO INTOSSICATO IN QUEL BUCO DI CASA) - PERCHÉ “BUSSARE” ALLA PORTA CON L’ARIETE (FACENDOSI SGAMARE) INVECE DI FARLA SALTARE CON L’ESPLOSIVO? - BASTAVA UN AGENTE TRAVESTITO DA POSTINO FUORI CASA PER AMMANETTARLO - COME HA FATTO L’ALGERINO A PROCURARSI UN ARSENALE DA FAR INVIDIA A RAMBO? - A CHI HA TRASMESSO LE IMMAGINI DEGLI OMICIDI?...

1- I REPARTI LE GRANATE L'«ARIETE»: TUTTI GLI INTERROGATIVI SUL BLITZ COME MAI NON SONO RIUSCITI A PRENDERE VIVO UN UOMO SOLO?
Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"

«Se capisco bene, il Raid non è capace in 30 ore di andare a prendere un individuo solo in un appartamento?». La frase, espressa con perfido candore, è di Jean-Jacques Urvoas, deputato socialista nell'entourage del candidato all'Eliseo François Hollande. Sono seguite un diluvio di proteste, richiami all'«unità repubblicana», accuse di approfittare di una tragedia finché Urvoas, che punta a un posto di ministro, si è pubblicamente scusato. Ma la sua domanda è quella che si fanno tutti. Nicolas Sarkozy aveva dichiarato «lo voglio vivo»: per questo l'assedio al terrorista è durato oltre 30 ore. E comunque, alla fine, Mohamed Merah è morto.

RAID CONTRO GIGN
Una storica rivalità come tra polizia e carabinieri in Italia. Il Raid (Recherche, assistance, intervention, dissuasion) è il corpo d'élite della polizia, il Gign (Groupe d'intervention de la Gendarmerie nationale) della gendarmeria. Il Raid dipende dal ministero dell'Interno, il Gign dalla Difesa. Ogni volta che le autorità scelgono uno dei due reparti per condurre un'operazione di sicurezza, partono le polemiche perché - secondo gli esclusi - qualcosa poteva essere fatto meglio. Ecco alcune delle critiche più serie rivolte all'azione di Tolosa.

GRANATE INVECE DI LACRIMOGENI
Christian Prouteau è il fondatore del Gign, e non si dà pace: «È incomprensibile come non siano riusciti a prenderlo subito, e vivo». Secondo l'ex comandante bisognava riempire l'appartamento di gas lacrimogeno. «È una casa piccola (neanche 40 metri quadrati, ndr), l'aria si sarebbe saturata in fretta e Merah non avrebbe resistito cinque minuti. Invece hanno continuato a lanciare granate. Il risultato è che hanno eccitato l'assassino, lo hanno messo in uno stato psicologico tale da fargli continuare la sua guerra fino all'ultimo».

IN CASA INVECE CHE IN STRADA
L'esperto militare Jean Dominique Merchet su Marianne passa in rassegna tutti i punti deboli dell'azione. Prima di tutto, perché scegliere il campo preferito dell'avversario, cioè casa sua? Le autorità sapevano che sarebbe uscito per commettere altre uccisioni, come poi ha confermato lui stesso. Perché non aspettarlo all'uscita di casa? I vicini avrebbero corso rischi, ma li hanno corsi comunque per tutta la notte, prima di essere finalmente evacuati, alle 11 del mattino.

L'ARIETE INVECE DELL'ESPLOSIVO
Quando hanno cominciato il primo assalto, alle 3 e 5 della notte tra martedì e mercoledì, gli uomini del Raid hanno usato un «ariete» per sfondare la porta. Non ci sono riusciti, perché Merah aveva organizzato l'appartamento per difendersi piazzando il frigorifero dietro la porta di ingresso. L'effetto sorpresa - fondamentale in casi come questo - è svanito, e dal quel momento in poi il vantaggio tattico della polizia è svanito. Merah ha fatto in tempo ha sparare contro gli agenti, ferendone tre, e a organizzare la resistenza. Invece che provare a sfondare la porta con la forza bruta sarebbe stato meglio farla saltare con delle cariche esplosive di precisione. Ma questa tecnica, piuttosto complessa, è nel repertorio del Gign, e non del Raid.

A CHI L'INIZIATIVA?
L'assassino è stato più furbo degli agenti. Intorno alle 10 di ieri mattina la sensazione diffusa, confermata dal ministro dell'Interno Guéant, era che Mohamed Merah si fosse ucciso. Quindi i 15 uomini del Raid sono entrati per cercare un cadavere più che un combattente. A Merah è stato permesso di uscire dal bagno, e di comportarsi lui da assalitore, mettendo le forze speciali sulla difensiva. «Mai successo», come ha detto lo stesso capo del Raid.

LA DURATA
Le azioni delle forze speciali durano pochi minuti. Nel 1994, sull'aereo Air France dirottato all'aereoporto di Marsiglia, con quattro terroristi e 180 ostaggi - a Tolosa non ce n'era neanche uno - l'operazione non superò i 15 minuti. Ma a condurla furono i Gign.

2- LE ARMI, IL VIDEO, LA RETE TUTTI I MISTERI DI «YUSUF IL FRANCESE»
CHI HA FORNITO AL TERRORISTA IL NUTRITO ARSENALE? A CHI HA TRASMESSO LE IMMAGINI DEGLI OMICIDI?
da "il Giornale"

«Yusuf il francese», cavaliere dell'Islam. Così viene chiamato Mohammed Merah in una rivendicazione dei suoi attentati comparsa ieri sui siti jihadisti e firmata «Falange Tareq Bin Zayad -Brigata Jund al-Khilafa». Per gli esperti di intelligence, il messaggio è poco credibile, forse solo una «rivendicazione di opportunità», un modo per mettere il cappello su una vicenda clamorosa e mettersi in luce. Tuttavia sui legami di Merah con l'estremismo islamico o su eventuali complicità anche in Francia c'è ancora tanto da chiarire.

A partire dalla sua dotazione di armi: un arsenale tutt'altro che trascurabile, contro il quale le teste di cuoio francesi del Raid hanno usato armi altrettanto «pesanti». Nelle azioni criminali e nel blitz, secondo informazioni filtrate sui media francesi e non solo, sarebbe stato usato materiale di tipo bellico, armi ed equipaggiamento in uso a militari o ai corpi armati dello stato, di cui non è permessa la vendita ai civili.

Armi che del resto, dati i suoi precedenti penali, Merah non avrebbe comunque potuto acquisire legalmente. Si ritiene, quindi, che le armi del terrorista ucciso siano state comprate (da lui o da chi gliele ha fornite) attraverso un mercato clandestino fiorente tra i criminali di tutto il mondo e, in buona parte, di provenienza balcanica (i Paesi dell'ex Jugoslavia) o da quello che fu il blocco sovietico.

Prima dell'azione finale in cui è morto, il pluriomicida aveva usato due pistole: una calibro 9 e una .45, quest'ultima assai più potente alla corta distanza, dato che spara un proiettile calibro 11,43 millimetri, uno dei più pesanti in circolazione. Il numero, .45 preceduto dal punto, indica la larghezza dell'ogiva che esce dalla canna, espressa in centesimi di pollice. Il terrorista, inoltre, risulta essere stato in possesso di armi automatiche, tra le quali un fucile d'assalto Kalashnikov, di fabbricazione sovietica ma tuttora in uso in tutto il Terzo mondo, l'arma probabilmente più famosa della storia, la cui cartuccia ha un calibro di 7,62 millimetri e una lunghezza del bossolo di 39 mm.

L'altra arma automatica che sarebbe stata in possesso di Merah è una mitraglietta Uzi, di fabbricazione israeliana, pure immortalata in migliaia di film di guerra o d'azione, che esiste in varie versioni e in vari calibri, anche se il più diffuso è il 9 mm. Parabellum, ossia con un bossolo lungo 19 millimetri. Il terrorista, inoltre, possedeva esplosivo (quello trovato nell'auto del fratello e forse anche altro)e aveva una collezione di armi bianche, sciabole e «spade dell'Islam», esposti come una sinistra panoplia su un muro della sua abitazione.

Completava il suo equipaggiamento un giubbetto antiproiettile, probabilmente anche quello di tipo militare e quindi ad alta protezione. Per questo, probabilmente, le «teste di cuoio» francesi sono state costrette a sparare alla testa e non al «bersaglio grosso», come avrebbero voluto fare per catturarlo vivo.

 

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