URNE D’EGITTO - AL CAIRO SI VA AL VOTO IN UN’ATMOSFERA PARADOSSALE: I MILITARI HANNO AVUTO LA MEGLIO SUI RIVOLUZIONARI PROPRIO USANDO LE ELEZIONI, DI FATTO PROGRAMMATE DAI GENERALI - A PIAZZA TAHRIR LA DELUSIONE DEI GIOVANI - I FRATELLI MUSULMANI SONO I FAVORITI ED EVITANO DI CAVALCARE LA PROTESTA, MENTRE I LAICI CONSAPEVOLI CHE SI TRATTA DI “ELEZIONI SENZA LEGITTIMITÀ”, CORRONO ALLE URNE CONVINTI CHE L´ESERCITO, PER TRADIZIONE LAICO, FERMERÀ L´AVANZATA DEI RELIGIOSI…

Bernardo Valli per "la Repubblica"

Il cronista impietoso è costretto a riconoscere che, ieri, in piazza Tahrir, l´epicentro della protesta, i sorrisi erano rari. Non c´era un´atmosfera di disfatta. Questo no. Una via di mezzo. Una dignità frustrata. Il trionfalismo sarebbe stato fuori luogo. La depressione eccessiva. Una battaglia perduta, quale è il successo del voto organizzato dai militari, non segna la fine di una rivoluzione destinata a durare. Il suo avvenire immediato da ieri si annuncia tuttavia più difficile. Meno luminoso.

Il modesto numero degli irriducibili, contrari a una democrazia militare, presenti sulla piazza, roccaforte di una vera democrazia, era eloquente. Soltanto alcune centinaia di giovani scandivano slogan contro il maresciallo Tantawi, il capo della giunta dei generali, mentre centinaia di migliaia di egiziani facevano la coda davanti ai seggi elettorali presidiati da soldati e poliziotti, nella capitale, e ad Alessandria, a Porto Said, ad Assiut.

Insomma nelle sette province (su ventisette) chiamate a votare al turno iniziale, che riguarda quindici milioni di egiziani. Piazza Tahrir non era disertata ma, perlomeno in quelle ore, sembrava spenta. La partecipazione si è rivelata consistente, inattesa, e senza seri incidenti, già dalle prime ore. I seggi che dovevano restare aperti fino alle diciannove lo sono rimasti fino alle ventuno. Stasera, alla chiusura, avremo qualche cifra ufficiale cui affidarci. E diffidare. La manovra elettorale dei generali, destinata a durare sei mesi, ha debuttato bene. Poi si vedrà.

Sono previste almeno altre quattordici consultazioni e le incognite sono numerose. Piazza Tahrir può riempirsi di nuovo, come è accaduto dopo le puntuali repressioni, con la partecipazione degli stessi cittadini che hanno fatto e fanno la coda davanti ai seggi. Amr Mussa, ex ministro degli Esteri e ed ex capo della Lega Araba, apprezzato dai giovani rivoluzionari, ha detto di avere votato per disciplina e ha aggiunto che questo non gli impedirà di andare in piazza Tahrir.

Dunque il voto non esclude la rivoluzione; e ancor meno la rinuncia a chiedere la dimissione dei generali. Nonostante siano stati lanciati inviti individuali, non ci sono stati ordini perentori ad astenersi. Non si voleva privare gli egiziani di gustare la democrazia, anche se studiata nelle caserme; e al tempo stesso non si voleva correre il rischio di una disubbidienza di massa.

A questo punto va sottolineata la situazione un po´ paradossale. Il potere autoritario, incarnato dai militari, ha avuto la meglio sulle forze innovatrici usando lo strumento democratico del voto. Assomiglia a uno scippo. In fondo lo è. Quelle masse assiepate davanti alle urne hanno demoralizzato coloro che denunciavano e denunciano l´elezione programmata dai generali, ritenendo che sia destinata a soffocare, ad affogare l´insurrezione, e a garantire il potere "super costituzionale" dei militari.

Non è un sospetto, non è un´accusa infondata. Il maresciallo Tantawi ha tenuto a precisarlo domenica, poco prima del voto: «La posizione delle forze armate rimarrà quella che è, e non può essere complicata da nessuna nuova Costituzione».

Bastava un´occhiata al vistoso, imponente spettacolo degli egiziani all´assalto delle urne per accorgersi che il rito del voto esercitava una forte attrazione dopo i mesi agitati della rivolta. Mesi esaltanti per la promessa di una democrazia e tormentati dalle sempre più severe difficoltà economiche. E´ crollato il numero dei turisti, essenziale risorsa per l´Egitto, e cresce a dismisura il numero dei disoccupati, in una società in cui almeno un terzo della popolazione vive a un livello di sussistenza.

Ed è forte il timore di un disordine incontrollabile. Il primo voto dopo la cacciata di Hosni Mubarak, il vecchio raìs sacrificato dai suoi stessi generali, ha quasi scandito un´epoca, perché alcune libertà sono state nel frattempo conquistate. Senz´altro quella d´opinione, per la stampa e i partiti. Pur restando operante il fitto apparato poliziesco. Almeno dodicimila animatori della protesta sono in prigione.

In un quartiere popolare periferico i soldati hanno sparato per aria per frenare gli elettori che assaltavano un seggio, nel timore di non arrivare in tempo a votare. Era gente impaziente di esercitare un diritto democratico, con l´illusione che fosse infine rispettato? Oppure era un atto di obbedienza ai militari? Attraverso Facebook sono stati rivolti numerosi inviti a recarsi alle urne vestiti di nero, in segno di lutto per i quarantuno manifestanti di piazza Tahrir uccisi da soldati e poliziotti. Molti hanno ubbidito.

Alcuni professionisti, medici e avvocati, hanno rivolto una secca domanda provocatoria ai giudici che controllavano le operazioni di voto: «Il mio suffragio equivale a una legittimazione del potere militare?». E con i telefoni cellulari hanno fotografato e registrato le risposte immagino imbarazzate dei giudici. O i loro silenzi. Quelle testimonianze saranno rese pubbliche in piazza Tahrir. Nell´attesa di entrare nei seggi si sono accese discussioni, e non sono mancati coloro che all´ultimo minuto hanno girato le spalle alle urne e se ne sono andati senza votare. Chi ha assistito alla recente elezione in Tunisia non ha notato la stessa aria di festa tra la gente che al Cairo si dirigeva in massa verso i seggi.

Nonostante la proibizione, molti militanti di partiti laici e religiosi distribuivano volantini all´ingresso dei seggi. Quelli del Partito Libertà e Giustizia, braccio politico della confraternita dei Fratelli Musulmani, erano i più organizzati. In quasi tutti i quartieri, armati di computer, guidavano gli elettori smarriti verso le scuole in cui dovevano votare. Aiutavano le persone anziane. Insegnavano come riempire le schede, abbastanza complicate, perché per i circa trentacinque partiti (due terzi) si vota alla proporzionale; e per i candidati individuali (un terzo) col sistema uninominale.

I Fratelli musulmani sono i favoriti. Dovrebbero avere una robusta maggioranza relativa e per questo avrebbero rinunciato alle manifestazioni di protesta al fine di evitare che le elezioni fossero sospese o rinviate, e venisse cosi compromessa la loro vittoria. Molti giovani della confraternita hanno disubbidito e si sono schierati con i coetanei di piazza Tahrir, pur promettendo che avrebbero votato per Libertà e Giustizia, il loro partito.

Nelle code davanti ai seggi erano numerosi i partiti della "maggioranza silenziosa", tra i quali non mancano molti esponenti o nostalgici del regime di Mubarak, o coloro che si affidano ai militari, ritenuti i soli affidabili garanti dell´ordine. Ma c´erano anche molti "democratici illiberali", come vengono chiamati i laici che contano sull´esercito per contenere l´ondata islamica.

Anche se i Fratelli musulmani, virtuali vincitori delle elezioni, si sono prodigati e si prodigano per dimostrare la loro moderazione e il rispetto della democrazia. Uno psicanalista, che si è ben guardato dal votare, formula una diagnosi: «E´ un´elezione senza legittimità, ma molti, pur essendone consapevoli, corrono alle urne perché sono convinti che l´esercito, per tradizione laico, fermerà l´avanzata dei religiosi».

 

EGITTO UN MANIFESTANTE A PIAZZA TAHRIR LEGITTO AL VOTO NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR LEGITTO AL VOTO NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR mubarakLEGITTO AL VOTO NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR IL MARESCIALLO TANTAWILEGITTO AL VOTO LEGITTO AL VOTO NUOVE PROTESTE AL CAIRO PIAZZA TAHRIR

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)