MA E’ UN FILM DEI VANZINA? – DA CARMINATI E SOCI I CARABINIERI CERCANO PISTOLE E MITRAGLIETTE, MA PER ORA SI DEVONO ACCONTENTARE DI UN COLTELLO DA PESCE, DI UN TIRAPUGNI DA BULLETTO E DI UNA KATANA DA ESPOSIZIONE

1. LA KATANA E IL TIRAPUGNI: LA PASSIONE PER LE ARMI DEL SAMURAI CARMINATI

Sebastiano Messina per “la Repubblica

MASSIMO CARMINATI MASSIMO CARMINATI

 

La spada dei samurai, il tirapugni dei picchiatori, il coltello degli scannatori. Sono queste tre armi – e quella vaschetta di zinco sotto le tegole, nascondiglio rudimentale inventato da una mente semplice – a raccontarci la psicologia criminale della banda di Carminati, a rivelarci cosa passava per la testa al boss - «er Cecato» - e al suo braccio armato, quel Riccardo Brugia che una rivista di gossip, senza immaginarne la vera attività, descrisse una volta come «una montagna di muscoli, due metri e passa e una faccia truce che più truce non si può».

 

Cominciamo dall’alto, dalla vaschetta che Brugia aveva murato sotto le tegole della sua casa di Sacrofano. Per nascondervi, sospettano i magistrati, qualcosa che non doveva essere trovato nella non improbabile eventualità di una perquisizione. Delle pistole, per esempio. O delle mazzette fruscianti di denaro “sporco”. Un nascondiglio che secondo l’ex rapinatore ed ex terrorista dei Nar doveva essere ancora più sicuro del tombino di plastica murato nel pavimento del giardino, sigillato da una botola che i carabinieri hanno trovato subito.

KATANA CARMINATIKATANA CARMINATI

 

Ripostigli grossolani, non certo all’altezza delle raffinatezze di Duilio Poggiolini, il direttore del servizio farmaceutico nazionale che oltre ai 15 miliardi imboscati nei conti della moglie nascondeva pacchi di banconote e rubli d’oro dello zar Nicola II nei cuscini dei divani e perfino in un pouf , così che anche i suoi ospiti sedessero – senza accorgersene – sulle sue ricchezze clandestine.

 

Brugia è il braccio armato di Carminati. È a lui che “er Cecato” raccontava la teoria del «mondo di mezzo». Ed è con lui che si vanta di aver ordinato «esattamente per 25 mila euro» una Makarov 9, una pistola col silenziatore, «che tu non senti neanche il clack, e già si è allargata la macchia di sangue». Secondo i magistrati è l’armiere della banda, ma i Ros non gli trovano addosso neanche una pistola (dettaglio non decisivo, visto che persino Totò Riina e Bernardo Provenzano erano disarmati, quando furono catturati).

 

MASSIMO CARMINATI DA GIOVANEMASSIMO CARMINATI DA GIOVANE

Trovano invece, nella sua Jeep Wrangler, il coltello a serramanico e il tirapugni. Il primo era nascosto a destra del sedile del guidatore, il secondo era infilato nello sportello. Tutti e due pronti all’uso. Il coltello ha il manico d’osso e una lama lunga dieci centimetri, perfetto per scannare un porco o un cristiano, a seconda delle circostanze e delle necessità. Il tirapugni è passato dalle mani di un fabbro, è stato limato per ferire a sangue e ha un aspetto vissuto che fa purtroppo pensare a un uso non occasionale.

 

Ma è la spada giapponese che Carminati aveva appeso nella sua villa di Sacrofano, sopra il camino del salone, a rivelarci come lui vedeva se stesso. La Katana è la spada dei samurai. La spada che Uma Thurman impugna in Kill Bill. La spada con cui lo scrittore Yukio Mishima si suicidò, facendosi decapitare, dopo il fallimento della sua protesta armata contro la resa del Giappone alla modernità occidentale. La spada con cui il boss brasiliano Elias Pereira da Silva fece squartare il giornalista che aveva osato curiosare nel traffico di droga tra le favelas di Rio.

 

MASSIMO CARMINATI NEGLI ANNI OTTANTAMASSIMO CARMINATI NEGLI ANNI OTTANTA

Una spada che domina la simbologia militare del Sol Levante, al punto che per la sua pulitura è previsto un rituale rigidamente codificato, come la cerimonia del tè o l’arte degli ikebana: prima la lama va cosparsa con l’ uchiko, la polvere di pietra, poi si toglie la polvere con la carta di riso, muovendo la mano dalla punta verso l’impugnatura, e quindi si ripete lo stesso movimento per passare sul filo un panno imbevuto di choi abura , olio di garofano raffinato. Così facevano i samurai, così fanno ancora oggi i maestri d’armi giapponesi.

 

Carminati forse non l’ha pulita mai, la sua Katana. Regalatagli, rivela un’intercettazione, da Lorenzo Cola, l’uomo dei fondi neri di Finmeccanica, neofascista con la passione per i cimeli del Terzo Reich. «Quel deficiente di Cola – racconta il commercialista di Carminati, Marco Iannilli, al telefono con Agostino Gaglianone – sai che ci sono delle leggende metropolitane a Roma… Vicende di un certo tempo fa… Carminati lo chiamavano “er Samurai”». Più che una leggenda, è un romanzo ( Suburra », di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo) il cui protagonista, «er Samurai » appunto, somiglia assai a Carminati. «Allora quel deficiente di Cola, che gli piace tanto ‘sta… gli ha regalato una Katana». È il segno che al boss piaceva, l’idea di essere chiamato «er Samurai». E si capisce: sempre meglio che «er Cecato».

 

 

2. LA KATANA DI CARMINATI: CON QUELLA SPADA FARÀ SPARIRE COLA

Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica - Roma

 

NE PARLANO continuamente per telefono. Non fanno mistero di avere un arsenale a disposizione. Oltre a una vera passione per le armi. Che, però, non sono state trovate: la caccia è ancora in corso. Risulta dagli atti depositati dalla procura al tribunale del Riesame che nel giorno degli arresti, i carabinieri del Ros hanno trovato i nascondigli. Ma vuoti. Lo ha detto anche ieri il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, durante la sua audizione in Commissione Antimafia: «Nelle intercettazioni telefoniche si parla di acquisto di armi e di un piccolo arsenale in possesso a Brugia, che ha una villa a Sacrofano. Al momento, è stato ritrovato il vano ma non le armi. Siamo convinti di avere le prove della disponibilità di armi ma non le abbiamo trovate».

 

Non a caso i carabinieri scrivono, negli atti depositati ai giudici della Libertà, che a casa di Brugia, braccio armato di Massimo Carminati, «tra il muro di cinta e il carrello carraio posteriore, dove la legnaia coperta da una tettoia, veniva rilevato, sotto alcuni pezzi di legname, un tombino di plastica di colore grigio posto in una base di cemento e chiuso nella parte superiore da un coperchio facilmente apribile ».

LORENZO COLALORENZO COLA

 

Per di più, sottolineano gli investigatori, il pozzetto non era collegato ad alcun impianto idrico o elettrico che ne potesse giustificare l’ubicazione. Non solo. I carabinieri hanno anche trovato un altro possibile nascondiglio «sotto a una delle tegole di copertura del forno: un contenitore di metallo, perfettamente integrato al massetto in cemento ». I pubblici ministeri Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli non hanno dubbi che quelli fossero due dei nascondigli. E a conferma di questa ipotesi ci sarebbe anche il ritrovamento di un kit di pulizia, custodito in un cassetto nel salone di casa Brugia, di un coltello a serramanico e di un tirapugni.

 

Poi ci sono le passioni. E senza dubbio Massimo Carminati l’aveva per le lame. Scrivono i militari che a casa sua, oltre a diverse armi bianche, hanno trovato sul camino una katana. La spada giapponese era stata oggetto di una lunga conversazione il 3 marzo scorso tra il commercialista Marco Iannilli e l’imprenditore Agostino Gaglianone. I due scimmiottano Carminati e parlano del suo credito verso Lorenzo Cola, braccio destro dell’ex presidente di Finmeccanica Guarguaglini arrestato nell’inchiesta su Enav.

ARRESTO CARMINATIARRESTO CARMINATI

 

Dice Iannilli: «Quel deficiente di Cola, ci sono delle leggende metropolitane su Roma, vicende de un certo tempo, lo chiamavano “Er Samurai”, lui c’ha pure un libro, allora il deficiente di Cola che gli piace tanto sta... gli ha regalato una katana (a Carminati, ndr), che non so se tu l’hai mai vista a casa... è lunga così... è affilatissima. A me m’ha detto: “ha sbagliato a regalarmela, ce so’ le impronte... io proprio con quella... «. Il riferimento è al “Cecato”, infuriato, stando al racconto, perché Cola non gli dava soldi che gli doveva. Gaglianone ride: «Eh sì perché quella non lascia manco una traccia, mica è un bossolo, quella».

 

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