giorgia meloni elly schlein

SE IL PD NON MANDA ELLY SCHLEIN AI GIARDINETTI, DEVE RASSEGNARSI AD ALTRE SCOPPOLE (ANCHE ALLE POLITICHE 2027) - “LA STAMPA”: “LA BATOSTA PER IL CAMPO LARGO VA OLTRE LE MARCHE. LA RAGIONE SI CHIAMA VOCAZIONE MINORITARIA. È LA STESSA VOCAZIONE ESPRESSA SULLA FLOTILLA. LÌ SI È SCELTA LA POSIZIONE PIÙ MINORITARIA NELL'AMBITO DI UNA BATTAGLIA PUR GIUSTA SULLA PALESTINA. ANCHE PER QUESTO NON È SCATTATO UN "EFFETTO GAZA". MAGGIORITARIO SEMMAI, COL SUO MESSAGGIO, È STATO SERGIO MATTARELLA, NON IL PARTITO CHE LO HA ESPRESSO” – MASSIMO FRANCO: LA STRATEGIA DELLA SCHLEIN ESCE RIDIMENSIONATA DAL VOTO DI IERI. A BREVE TERMINE, MELONI DEVE TEMERE SOLO SE STESSA E I PROPRI ALLEATI…”

1 - PER SCHLEIN LA SCONFITTA VA OLTRE LE MARCHE 

Alessandro De Angelis per “la Stampa” - Estratti

 

matteo ricci elly schlein

La sconfitta è più grande delle Marche per Elly Schlein e il famoso campo largo. Lo è per dimensioni. Otto punti già sono una batosta, in una regione che fu rossa e democratica fino a sei anni fa, mica Colle Oppio (nel 2008 Veltroni prese il doppio dei voti dell'attuale Pd). 

 

La batosta è amplificata dal peso politico attribuito nel "racconto" all'appuntamento. In verità, anche un po' sproporzionato, con quel che accade nel mondo. L'idea cioè che la vittoria potesse rappresentare l'inizio della volata verso le politiche, in questo Midterm a tappe di sei regioni al voto. 

 

Ed è più grande delle Marche, di conseguenza, per quel che implica sulla strategia della segretaria del Pd, molto egoriferita: perseguo l'unità "testardamente" ovunque, anche ricorrendo a una logica spartitoria (Ricci a me, Fico a te, eccetera); strappo una regione alla destra. A quel punto è fatta: l'anti-Meloni sono io.

ELLY SCHLEIN ALLA CAMERA TRA I CARTELLI DEL PD CONTRO GIORGIA MELONI

 

Da oggi è più difficile se, come prevedibile, in questa lunga tornata ognuno manterrà ciò che già governa. Per carità, nessuno aprirà una discussione franca e schietta sulle ragioni di fondo della sconfitta.

 

(...)

C'è poco da fare, il voto racconta che l'unità, senza un ubi consistam politico oltre l'essere "contro", non basta. E non basta a maggior ragione se imprimi all'appuntamento una politicizzazione che va oltre la dimensione amministrativa. Se si vota su Giorgia Meloni, che si è caricata sulle spalle il grigio Acquaroli, il centrosinistra perde. È già accaduto tutte le volte in cui ha dato un carattere nazionale alla partita. Dato piuttosto rilevante dopo tre anni di governo il cui immobilismo, in termini di politiche concrete e riforme, è pari solo al furore ideologico con cui viene compensato. 

 

matteo ricci elly schlein

Ecco, la fotografia elettorale è sostanzialmente ferma al 2022. Non era mai successo nei lunghi cicli di opposizione, ad esempio ai tempi di Silvio Berlusconi. La ragione è semplice, e queste elezioni ne sono una rappresentazione icastica. Si chiama: vocazione minoritaria.

 

Incapacità di mobilitare e conquistare alle proprie ragioni il popolo, oltre a ciò che già hai. È quella espressa, qualche giorno prima del voto, da qualche solone secondo cui la bassa affluenza avrebbe favorito il centrosinistra. Tesi piuttosto bizzarra: non si è mai sentito che i progressisti vincono se il popolo diserta la democrazia. È la stessa vocazione espressa sulla Flotilla. Lì si è scelta la posizione più minoritaria nell'ambito di una battaglia pur giusta su Gaza, vicenda che suscita una grande (e sacrosanta indignazione) popolare.

 

ELLY SCHLEIN GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE

Anche per questo non è scattato un "effetto Gaza". Maggioritario semmai, col suo messaggio, è stato Sergio Mattarella, non il partito che lo ha espresso. 

Il tema resta il popolo. E questa reiterata attitudine a parlare alla curva, nonostante lo stadio sia sempre più vuoto. Per carità, si potrebbe nominare un nuovo popolo, perché l'attuale non ha capito il Comitato Centrale, come diceva Bertold Brecht. È una linea. Però difficilmente praticabile. 

 

2 - NIENTE ALIBI 

Massimo Franco per il “Corriere della Sera” - Estratti

  

 

(...)

La strategia di Elly Schlein «testardamente unitaria» esce ridimensionata dal voto di ieri. 

  

Il «campo largo», o «progressista» che sia, c’è stato. Ha riprodotto l’asse col M5S di Giuseppe Conte e incluso la sinistra di Avs e l’appendice litigiosa dei centristi. Ma non ha convinto. Anzi, alla fine ha mostrato più i suoi limiti che le sue potenzialità espansive. 

crosetto meloni schlein

Difficile capire se ridarà fiato alla cosiddetta ala moderata del Pd, scettica sul rapporto coi Cinque Stelle e convinta che senza un’iniezione massiccia di riformismo l’alternativa al governo Meloni non spunterà mai. 

  

Il problema è che anche quello schema appare invecchiato, rispetto a uno schieramento politico e a un blocco sociale più compatti e coriacei di quanto appaia. 

  

A guardare bene, le opposizioni erano convinte che mettere insieme tutti bastasse a fare la forza; e che i risultati i chiaroscuro del governo di destra sul piano economico potessero aiutarle a vincere, sebbene i dati sui conti pubblici abbiano bilanciato la crescita economica stagnante. 

  

schlein salis conte

Ma non è bastato. Non è stato sufficiente nemmeno additare le incertezze di una coalizione che non è ancora riuscita a esprimere i suoi candidati per il Veneto e la Campania, irretita dalle tensioni interne sul terzo mandato dei governatori regionali e dalla difficoltà ormai storica di selezionare una classe dirigente adeguata. 

  

Ma tutto questo finisce per rendere ancora più vistoso il fallimento di chi addita i difetti della maggioranza e dell’esecutivo. 

  

Può darsi che nelle Marche le forze governative fossero così massicce da rendere la lotta impari, come sostengono adesso gli sconfitti; che gli investimenti promessi da Palazzo Chigi abbiano contribuito a fare la differenza. Ma il dubbio che alla fine sia un alibi per velare le contraddizioni rimane corposo. La sensazione è che i rapporti di forza rimangano di fatto congelati rispetto alle Politiche del 2022. 

  

elly schlein cernobbio forum ambrosetti

Gli spostamenti tra uno schieramento e l’altro sono minimi, e anche all’interno ci sono travasi di consensi ma non sconvolgimenti. FdI si conferma il partito-perno dell’alleanza di destra. Il Pd quello dell’opposizione. E ora Giorgia Meloni può anche lasciare il Veneto alla Lega, ma come concessione generosa a un alleato sempre più «minore». 

  

Anche perché a erodere i consensi leghisti c’è la crescita lieve ma costante di Forza Italia. Quanto alla sinistra, Schlein deve misurarsi con un M5S che perde consensi ma non fiacca le ambizioni presidenziali di Giuseppe Conte. 

schlein mattarella

  

Forse è vero che senza il «campo largo» non esiste partita con la destra. Non a caso la segretaria del Pd ha ripetuto più volte che «non farà più il piacere» alla maggioranza di presentarsi senza alleati, come nel 2022. In più, le prossime Regionali potrebbero bilanciare la sconfitta di ieri: almeno in Puglia, Campania e Toscana. 

  

Ma l’idea che questo prepari una rivincita alle Politiche, quando ci saranno, al momento appare velleitaria. Lo scenario è al massimo quello di un’onorevole, generosa sconfitta. Sempre che Elly Schlein non decida uno scarto a oggi impensabile; e proponga un nuovo schema di alleanze. 

  

Il tempo è troppo poco, e un equilibrio diverso troppo difficile non solo da costruire, ma da pensare. A breve termine, Meloni deve temere solo se stessa e i propri alleati. 

ELLY SCHLEIN - FORUM AMBROSETTI A CERNOBBIOANTONIO DECARO ELLY SCHLEIN paolo gentiloni elly schlein

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron giorgia meloni volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – MACRON E MELONI QUESTA VOLTA SONO ALLEATI: ENTRAMBI SI OPPONGONO ALL’USO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI IN EUROPA, MA PER RAGIONI DIVERSE. SE IL TOYBOY DELL’ELISEO NE FA UNA QUESTIONE DI DIRITTO (TEME LE RIPERCUSSIONI PER LE AZIENDE FRANCESI, IL CROLLO DELLA CREDIBILITÀ DEGLI INVESTIMENTI UE E IL RISCHIO DI SEQUESTRI FUTURI DI CAPITALI EUROPEI), PER LA DUCETTA È UNA QUESTIONE SOLO POLITICA. LA SORA GIORGIA NON VUOLE SCOPRIRSI A DESTRA, LASCIANDO CAMPO A SALVINI – CON LE REGIONALI TRA CINQUE GIORNI, IL TEMA UCRAINA NON DEVE DIVENTARE PRIORITARIO IN CAMPAGNA ELETTORALE: LA QUESTIONE ARMI VA RIMANDATA (PER QUESTO ZELENSKY NON VISITA ROMA, E CROSETTO NON È ANDATO A WASHINGTON)

giorgia meloni matteo salvini elly schlein luca zaia

DAGOREPORT - C’È UN ENORME NON DETTO INTORNO ALLE REGIONALI IN VENETO E CAMPANIA, E RIGUARDA LE AMBIZIONI DI ZAIA E DE LUCA DI...RIPRENDERSI LA GUIDA DELLE RISPETTIVE REGIONI! - NULLA VIETA AL “DOGE” E ALLO SCERIFFO DI SALERNO DI RICANDIDARSI, DOPO AVER “SALTATO” UN GIRO (GLI ERA VIETATO IL TERZO MANDATO CONSECUTIVO) – IN CAMPANIA PER DE LUCA SAREBBE UN GIOCO DA RAGAZZI: GLI BASTEREBBERO 5-6 CONSIGLIERI FEDELISSIMI PER TENERE PER LE PALLE FICO E POI FARLO CADERE PER RICANDIDARSI. IDEM PER IL "DOGE", CHE PERO' NON AVRA' DALLA SUA UNA LISTA DI "SUOI" CANDIDATI - A CONTARE SARANNO I VOTI RACCOLTI DAI SINGOLI PARTITI NECESSARI A "PESARSI" IN VISTA DELLE POLITICHE 2027: SE FRATELLI D’ITALIA SUPERASSE LA LEGA IN VENETO, CHE FINE FAREBBE SALVINI? E SE IN CAMPANIA, FORZA ITALIA OTTENESSE UN RISULTATO MIGLIORE DI QUELLO DI LEGA E FRATELLI D'ITALIA, COME CAMBIEREBBERO GLI EQUILIBRI ALL'INTERNO DELLA COALIZIONE DI MAGGIORANZA?

edmondo cirielli giovambattista fazzolari giorgia meloni

DAGOREPORT - C’È UN MISTERO NEL GOVERNO ITALIANO: CHE “FAZZO” FA FAZZOLARI? – IL SOTTOSEGRETARIO ALL’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA FA IL TUTTOLOGO, TRANNE OCCUPARSI DELL’UNICA COSA CHE GLI COMPETE, CIOE' L’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA - SI INDUSTRIA CON LE NOMINE, SI OCCUPA DI QUERELE TEMERARIE AI GIORNALISTI (NEL SENSO CHE LE FA), METTE IL NASO SULLE VICENDE RAI, MA NON FA NIENTE PER PLACARE GLI SCAZZI NEL CENTRODESTRA, DOVE SI LITIGA SU TUTTO, DALL'UCRAINA ALLA POLITICA ECONOMICA FINO ALLE REGIONALI – LO SHOW TRASH IN CAMPANIA E EDMONDO CIRIELLI IN VERSIONE ACHILLE LAURO: L’ULTIMA PROPOSTA? IL CONDONO…

trump epstein

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE DUE FOTOGRAFIE DI TRUMP CON IN BRACCIO RAGAZZE GIOVANISSIME A SENO NUDO? A WASHINGTON, FONTI BEN INFORMATE ASSICURANO CHE LE DUE FOTO HOT SIANO TRA LE MIGLIAIA DI FILE DI JEFFREY EPSTEIN, ANCORA DA PUBBLICARE - NEI PROSSIMI GIORNI, GRAZIE AL PASSAGGIO DI UNA PETIZIONE PARLAMENTARE FIRMATA DA 218 DEPUTATI DEMOCRATICI, MA AI QUALI SI SONO AGGIUNTI QUATTRO REPUBBLICANI, LA DIFFUSIONE COMPLETA DEI FILE DEL FINANZIERE PORCELLONE, VERRÀ SOTTOPOSTA AL VOTO DELLA CAMERA. E I VOTI REP POSSONO ESSERE DETERMINANTI PER IL SUCCESSO DELL’INIZIATIVA PARLAMENTARE DEM - SE DA UN LATO L’EVENTUALE DIVULGAZIONE DELLE DUE CALIENTI FOTOGRAFIE NON AGGIUNGEREBBE NIENTE DI NUOVO ALLA SUA FAMA DI PUTTANIERE, CHE SI VANTAVA DI POTER “PRENDERE LE DONNE PER LA FIGA” GRAZIE AL SUO STATUS DI CELEBRITÀ, DALL’ALTRO UN “PUSSY-GATE” DETERMINEREBBE UNO DURO SCOSSONE A CIÒ CHE RESTA DELLA SUA CREDIBILITÀ, IN VISTA ANCHE DEL DECISIVO VOTO DI METÀ MANDATO IN AGENDA IL PROSSIMO ANNO...