renzi pd

MANICOMIO NAZARENO – MARTINA ELETTO REGGENTE: COSI' “NORMALE” E NOIOSO CHE LATORRE S’APPISOLA – GARA DI TACCO 12 FRA LA BOSCHI E LE NUOVE EMERGENTI – IL TERRORE DELLE URNE BIS SPINGE I DEM A CERCARE UN PRETESTO PER DARE IL VOTO AL CENTRODESTRA: DISPOSTI A TUTTO PUR DI EVITARE UN GOVERNO A CINQUE STELLE – IL FANTASMA DEL DUCETTO

 

Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera

 

MAURIZIO MARTINA ALLA DIREZIONE DEL PD

L' atmosfera ricorda quella nell' ufficio di Fantozzi, dopo la morte per rosolia a 106 anni del direttore naturale duca conte Vignardelli Bava: corone funebri firmate «i dipendenti sconvolti» e «gli uscieri straziati», dopo che i suddetti dipendenti avevano commissionato messe cantate («vuole una messa pro o contro qualcuno? Contro? Contro costa il triplo») per la dipartita del capo. Renzi ha affidato a Orfini la lettera di dimissioni, e il sollievo per essersi liberati di un leader ingombrante è diffuso.

 

Il più sincero è Emiliano, uscito alla scoperto per tempo: «Non poteva che finire così. Oggi si gira pagina». Certo passare da Renzi a Martina è come scendere dall' ottovolante per salire sulle macchinine degli autoscontri per bambini. La relazione del reggente, detto senza offesa, è breve ma noiosissima. «Massimo della collegialità», «delicati passaggi interni e istituzionali», «pieno coinvolgimento di tutti», «luogo di coordinamento condiviso». Tutti coinvolti e felici.

 

MAURIZIO MARTINA ALLA DIREZIONE DEL PD

Intendiamoci: Maurizio Martina è sinceramente apprezzato dai compagni di partito. Perché è una persona normale; e di normalità il Pd ha bisogno. Ha radici popolari in quel Nord profondo dove la Lega ha stravinto: è nato in una cascina del Bergamasco, uno dei luoghi in cui Ermanno Olmi - venerato maestro a volte pure lui noiosetto - girò «L' albero degli zoccoli». È stato un buon ministro dell' Agricoltura. Ma quasi nessuno nella direzione Pd pensa che il reggente abbia le spalle abbastanza larghe per reggere la traversata del deserto - Renzi dice «maratona» - che attende ora il partito. Martina gestirà una liturgia di consultazioni, caminetti, assemblee; ma dovrà presto lasciare il posto, com' è accaduto a Franceschini e a Epifani prima di lui.

 

carlo calenda tessera pd con maurizio martina

I fedeli di Renzi occupano il retro del palchetto tipo pretoriani: spiccano Ernesto Carbone, non eletto nonostante o forse a causa del «ciaone» e degli aperitivi in centro, l' emergente Anna Ascani - tacco 12, pantalone stretto nero, microgiacca rossa - e l' infiltrata orlandiana Monica Cirinnà, più modestamente in jeans e polacchine. Gli iscritti a parlare sono 58, ma dicono tutti più o meno la stessa cosa: opposizione. «Seria, responsabile, costruttiva» proclama Delrio; ma pur sempre opposizione; tanto il governo lo faranno «i sovranisti», Lega e Cinque Stelle. Latorre giustamente sbadiglia. In realtà, tutti al Nazareno sanno benissimo che Salvini nuovo capo del centrodestra non ha alcun interesse ad andare a fare il vice di Di Maio, e che senza il Pd è impossibile qualsiasi maggioranza di governo.

 

renzi pd

Accanto al fantasma di Renzi aleggia sulla direzione lo spirito di Mattarella: se il presidente della Repubblica chiamerà, i non renziani risponderanno. In teoria l' ex segretario ha scelto di persona quasi tutti i parlamentari; ma l' aveva fatto pure Bersani, e dopo poco erano passati quasi tutti con il vincitore. Il «senso di responsabilità» molto citato, unito al terrore sottaciuto di nuove elezioni e all' umano desiderio di aggrapparsi ai pochi scranni rimasti, potrebbe indurre alla lunga il Pd a sostenere un governo, pur senza entrarvi. Ma quale?

 

Intellettuali e artisti da Scalfari a Pif, in sintonia con una parte della base, vorrebbero l' alleanza con i Cinque Stelle. Ma nella cultura politica dei democratici c' è piuttosto il dialogo con Berlusconi, che già fece nascere i governi Monti (novembre 2011) e Letta (aprile 2013). Inoltre per far nascere un governo grillino il Pd dovrebbe votare la fiducia: e i deputati dovrebbero sfilare sotto l' ex mezzobusto Carelli o chiunque sarà il presidente della Camera a dire sì ad alta voce a un governo Di Maio; un' umiliazione che manco le forche caudine. Per lasciar partire un governo di centrodestra basterebbe invece astenersi o uscire dall' Aula, come a dire: fate voi.

 

poletti e delrio

Il problema è Salvini: accetterebbe di farsi da parte? Al governo «tutti dentro» non crede nessuno: i Cinque Stelle non accetterebbero mai l' ammucchiata con i vecchi partiti. Certo non è trascurabile, per capire quale sarà la scelta del Pd, sapere chi sarà il segretario. «Renzi non si processa!» dice l' eroico Nardella, come Moro diceva della Dc. La Boschi quasi commossa applaude in prima fila, una sedia vuota la separa da Gentiloni; il premier e la sua sottosegretaria non si scambiano una parola.

 

gentiloni alla festa per i dieci anni del pd

Del vecchio padrone però ormai parlano male quasi tutti, compreso il suo maestro di tennis Stefano Cobolli («Matteo ha poca pazienza, vuol forzare i colpi e poi sbaglia, è un po' nervosetto»). Ma dopo cinque anni di dittatura, la ritrovata libertà può provocare prima euforia poi sbandamento. Le relazioni sono lunghe, quasi congressuali. Vincenzo De Luca filosofeggia tipo intellettuale della Magna Grecia: «Il Pd si è estraniato rispetto al sistema dell' essere umano...». Latorre inevitabilmente quasi si assopisce. Tra Gentiloni e Boschi si siede come forza di interposizione il mite Enzo Bianco sindaco sempiterno di Catania.

 

matteo renzi tennis

«Non possiamo fare a meno di quel che ha rappresentato Renzi - concede Orlando -, ma non possiamo nemmeno pensare che mentre qui cerchiamo di riorganizzarci c' è chi da fuori spara sul partito, secondo una tecnica inaugurata da Mao Zedong» e perfezionata dal suddetto Renzi. Il «maratoneta» vorrebbe lasciare il partito a un uomo a lui vicino, un po' come aveva fatto con il governo affidato a Gentiloni, con cui i rapporti ora sono al minimo storico.

 

Nicola e Luca Zingaretti - Copyright Pizzi

Il prescelto sarebbe Delrio; che potrebbe anche farcela, se oltre a Zingaretti, il fratello del commissario Montalbano, si candidassero altri a spartirsi il voto antirenziano. C' è tempo; prima si deve discutere anzi litigare sui capigruppo di Camera e Senato. Relazione di Martina approvata in tempo per andare a cena, tutti tranne Filippo Sensi che facendo il portavoce di Renzi e Gentiloni ha perso venti chili. La Serracchiani per non essere da meno si dimette pure lei.

Ultimi Dagoreport

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…