
GIORGIA MELONI E’ ENTRATA IN MODALITA’ CAMPAGNA ELETTORALE - VOTANDO CON LE NORME ATTUALI, IL SENATO SAREBBE INGOVERNABILE E SICCOME NELLA PROSSIMA LEGISLATURA LA “POSTA IN GIOCO” NON È SOLO IL GOVERNO, MA L'ELEZIONE DEL SUCCESSORE DI MATTARELLA, LA STATISTA DELLA GARBATELLA PENSA A UNA RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE (CON INDICAZIONE DEL CANDIDATO PREMIER E PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE). PER FARLA DIGERIRE ALLA LEGA, LA SORA GIORGIA PENSA A UNO SCAMBIO CON IL VENETO...
Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
È piuttosto evidente che Giorgia Meloni è entrata in modalità «elettorale»: ridotti i viaggi all'estero, messaggi ultra-identitari, un vigoroso ritorno sulla scena.
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E ANTONIO TAJANI A GENOVA
C'entrano le Marche ma, più in generale, c'entra il lungo cammino che porterà alle politiche nella primavera del 2027. Il finale che immagina è questo: approvazione del premierato, «madre di tutte le riforme», fissata come ultimo atto (per posticipare il referendum a dopo il voto). Contestualmente: legge elettorale «funzionale» sia ad esso che al voto.
Prevede due cose: «l'indicazione del candidato premier» sulla scheda, norma costituzionalmente possibile perché, appunto, è una indicazione e non un voto diretto. E un premio di maggioranza alla coalizione, secondo le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale sull'Italicum. Tradotto: chi prende il 40 per cento dei voti, prende il 55 dei seggi. Insomma, un gran finale da «donna sola al comando».
L'argomento «legge elettorale» non è una questione di arzigogoli tecnici per iniziati, ma una grande questione politica. Decisiva per il «chi vince» e per la dinamica che innesca. E' tornato nelle priorità, di cui si parla nei Palazzi, perché proprio le regioni al voto raccontano che il centrosinistra, diversamente dalla volta scorsa, troverà il modo per stare unito. Magari sarà un'ammucchiata, modello Unione di Romano Prodi, ma con legge attuale basata sui collegi, diventa competitiva al Sud.
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Con tutta l'approssimazione del caso, il tema è che col Rosatellum si balla nei numeri al Senato, in una legislatura (la prossima) dove la «posta in gioco» non è solo il governo, ma l'elezione del successore di Sergio Mattarella. Per il centrodestra: la casamatta da espugnare dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro. Per l'opposizione, l'ultimo baluardo di garanzia.
giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse.
Dunque, la riforma per Giorgia Meloni è cruciale per tornare a palazzo Chigi. Uno scenario di pareggio al Senato avrebbe invece come effetto quello di cercare un nome in grado di avere una maggioranza larga. E chi la conosce bene spiffera che, piuttosto che il governissimo, punterebbe sul ritorno al voto.
(…) Servono anche altre compensazioni, qui ed ora. E' il motivo per cui Giorgia Meloni non ha ancora dato il via libera ad Alberto Stefani, il candidato della Lega in Veneto. Prima – pagare moneta, vedere cammello - vuole un altro via libera: quello di Salvini sulla legge elettorale. Lo scambio con la Lombardia è un falso problema, perché la sua intenzione è di posticipare il voto lì a dopo le politiche e gestirla da una posizione di forza.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
Senza un patto blindato di maggioranza, è difficile far passare la riforma. Alla Camera – non è un dettaglio - è possibile chiedere il voto segreto sulla legge elettorale. Per evitarlo c'è un solo modo: porre il voto di fiducia.
Non sarebbe un unicum perché è quel che fece il centrosinistra in due occasioni: Renzi sull'Italicum e Gentiloni sulla legge attuale. I più raffinati, a conferma di quanto ci stiano mettendo la testa sul dossier, citano anche Alcide De Gasperi che la mise sulla cosiddetta legge truffa. Ma, appunto, per porre la fiducia serve un accordo a monte. Lo troveranno: non è gratis, ma in definitiva conviene.
LUCA ZAIA E ALBERTO STEFANI
salvini meloni
ANTONIO TAJANI - GIORGIA MELONI - JD VANCE - MATTEO SALVINI