giorgia meloni donald trump

“GIORGIA MELONI RISCHIA IL SUO CAPITALE POLITICO IN EUROPA E IN PATRIA PER UN INCONTRO DAI POSSIBILI ESITI NEGATIVI CON TRUMP” – IL “BENVENUTO” DEI MEDIA AMERICANI ALLA STATISTA DELLA GARBATELLA CHE ALLE 18 ORA ITALIANA SARA’ RICEVUTA ALLA CASA BIANCA – PER LA SORA GIORGIA C'E' UNA NECESSITA’ POLITICA: EVITARE INCIDENTI DAVANTI A EVENTUALI SGARBI DEL TRUMPONE E SPINGERLO AD APRIRE UN CONFRONTO CON URSULA (CHE E' TALMENTE SCETTICA SU UN ACCORDO CON IL TYCOON DA PREPARARE UN VIAGGIO IN CINA PER IL PROSSIMO LUGLIO) – LE PROVE DELLA MELONI CON LO STAFF PER EVITARE LE INSIDIE E LA SPERANZA DI AVERE ANCHE L’AMICO MUSK AL BILATERALE NELLO STUDIO OVALE - DALL’UCRAINA ALLA CINA FINO ALLE SPESE MILITARI, TUTTE LE INCOGNITE E LE INSIDIE DELL’INCONTRO - DAGOREPORT

UN NUOVO PATTO PER KIEV

Tommaso Ciriaco per repubblica.it - Estratti

 

DONALD TRUMP GIORGIA MELONI

Alle 14.36 il volo 9002 dell’aeronautica militare atterra a Camp Spring. Sorvolando l’Atlantico, Giorgia Meloni ha avuto modo di rileggere i report sconvolgenti arrivati da Bruxelles. In uno, si dà conto dell’incontro tra il commissario al commercio Maros Sefcovic e il suo omologo dell’amministrazione americana. Mentre l’europeo parlava, l’altro si limitava a prendere appunti. L’unica frase pronunciata, al termine del colloquio: «Devo riferire al presidente, vi faremo sapere».

 

Ecco, proprio di questo la premier ha discusso con Ursula von der Leyen, prima di imbarcarsi per Washington Dc. E questo nodo porterà oggi nello Studio ovale, parlando con Donald Trump: «Dobbiamo aprire un tavolo tra Stati Uniti ed Europa – dirà – e l’unico modo per farlo è favorire un formato di massimo livello». Significa: devi trattare con Ursula.

 

DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI MEME

Trump, si sa, neanche rivolge la parola alla presidente della Commissione. Semplicemente, non la considera un’interlocutrice. Non la riconosce per indebolire l’Europa. Del problema, Meloni ha ragionato due sere fa con i due vicepremier a Palazzo Chigi. Riconoscendo lo stallo del momento, in questi termini: Washington sostiene che tratta solo con Bruxelles, Bruxelles che vuole mediare con Washington, ma questo dialogo non decolla. Ecco perché la presidente del Consiglio ha assicurato a von der Leyen che con Trump fisserà un paletto chiarissimo: non vengo qui con un mandato europeo a chiudere accordi, ma sono impegnata a favorire un tavolo di massimo livello tra Commissione e Casa Bianca sulle barriere doganali.

 

donald trump foto lapresse

È una rassicurazione fondamentale che la presidente del Consiglio ha offerto alla politica tedesca, allarmata dalla volontà del presidente Usa di escluderla dalle negoziazioni. Non sarà facile. Ne è consapevole la premier, lo sa benissimo anche Ursula, scettica sulla probabilità di un patto con Trump.

 

È la ragione per la quale Bruxelles ha praticamente pronto un secondo pacchetto di dazi. E perché sta limando un terzo blocco di misure contro gli Stati Uniti. Tra questi, misure durissime contro le big tech. Di più: von der Leyen sta preparando un viaggio in Cina per il prossimo luglio. E volerà anche a Singapore e in altri Paesi asiatici, in modo da aprire un canale con i mercati alternativi.

 

Su Pechino, invece, Meloni si mostrerà cauta. Ritiene pericoloso lo scenario in cui i cinesi – a causa dei dazi americani - riversano molte delle merci destinate agli Stati Uniti verso l’Europa. L’Italia vuole dunque capire cosa chiede l’amministrazione Usa. E se ha in mente di arruolare Bruxelles nella battaglia doganale contro Xi Jinping. Si farà portavoce di un’area di libero scambio transatlantico, ma potrebbe invece non andare oltre l’opzione di fissare un prezzo minimo sui prodotti che arrivano dal Dragone.

giorgia meloni - meme by vukic

 

Che i dazi allarmino lo si intuisce anche dalla strategia mediatica adottata nelle ultime ore dalla premier. Quando è già in volo per gli Stati Uniti, l’ufficio stampa diffonde due video-messaggi. Il primo è rivolto al consorzio per la tutela del Grana Padano. «La nostra priorità è sempre stata quella di facilitare l’accesso dei produttori ai mercati, riducendo le barriere».

 

E ancora: «In questa fase tanto complessa è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza e pragmatismo. Tra le tante incertezze di questo tempo posso offrirvi questa certezza: l’unica cosa che abbiamo a cuore è fare l’interesse dell’Italia» e «siamo determinati a proteggere i nostri prodotti». Concetti simili a quelli consegnati a Federturismo.

GIORGIA MELONI VLADIMIR PUTIN DONALD TRUMP

 

(...) Meloni intende ottenere da Trump l’impegno a partecipare alla conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina che si terrà in estate in Italia. E porterà al tycoon un piano abbastanza dettagliato per offrire garanzie di sicurezza a Kiev. Il principio è quello già annunciato: una specie di articolo cinque, sul modello della Nato. Come? I paesi “volenterosi” che decidono di accettare il principio sigleranno patti bilaterali con l’Ucraina (per evitare una duplicazione dell’alleanza atlantica). Difesa reciproca, ovviamente, visto che l’esercito di Zelensky è tra i più forti d’Europa. La proposta spinge anche per includere gli Usa, almeno come garanzia ultima in caso di aggressione. In questo schema di gioco si inserisce anche la rassicurazione che fornirà su un immediato raggiungimento del 2% di spese militari per la Nato (quanto al 3,5%, potrà limitarsi a promettere progressività).

GIORGIA MELONI TRA DONALD TRUMP E URSULA VON DER LEYEN - VIGNETTA DI GIANNELLI

 

Infine, gli eventuali accordi bilaterali. L’Italia potrebbe incrementare gli acquisti di gas liquido dagli Stati Uniti ed è disponibile a favorire gli investimenti di Leonardo e Fincantieri negli Usa. Disponibile pure a valutare le forniture di F-35, da anni al centro di un lungo braccio di ferro politico.

 

TIMORI PER IL CICLONE DONALD E SCATTANO LE PROVE CON LO STAFF

Tommaso Ciriaco per repubblica.it - Estratti

Ha simulato e simulato ancora la scena nello Studio Ovale. Non davanti allo specchio, ma con il suo staff. Ne ha parlato anche durante il vertice con i ministri, l’altro ieri: come reagire, quanto tacere, in che modo dribblare gli ostacoli. Cosa può andare male? Ha perfino raccolto informazioni su come muoversi con Donald Trump, domandando a chi in passato ha trattato con il tycoon. A guidarla, una necessità politica: evitare incidenti. E un imperativo tattico: non mostrarsi deboli. Rispondendo a eventuali sgarbi. Ma soltanto se necessario e dosando l’intensità della reazione.

trump meloni borsa milano

 

Per Giorgia Meloni è una vigilia tesa. Lo scrivono anche il New York Times e il Washington Post, mentre lei consuma la vigilia ospite della Blair House presidenziale: la posta in gioco della missione «è molto alta», sostengono, e l’italiana «rischia il suo capitale politico in Europa e in patria per un incontro dai possibili esiti negativi». Certo, la possibile partecipazione di Elon Musk nella delegazione del bilaterale potrebbe comunque favorire il buon esito del confronto. Ma la chiacchierata nello Studio Ovale può comunque prendere direzioni imprevedibili.

 

A preoccupare è la porzione pubblica del faccia a faccia. Non tanto l’eventuale conferenza stampa, che anzi Palazzo Chigi non disdegnerebbe (Macron e Starmer hanno avuto l’onore, perché non replicare?), quanto le dichiarazioni che i due leader renderanno alle 18.15 italiane, seduti davanti ai giornalisti. È il cosiddetto “spray”, che di norma dura pochissimi minuti. Trump l’ha ormai trasformato in un comizio senza rete.

DONALD TRUMP - ELON MUSK - GIORGIA MELONI

 

È servito a umiliare Volodymyr Zelensky e a stuzzicare Emmanuel Macron (che ha ribattuto colpo su colpo). Meloni è pronta a reagire. Ancora spera che non sia interesse del presidente Usa metterla in imbarazzo, ma ha studiato ogni scenario. Ad esempio, risponderà nel caso in cui il repubblicano la attaccasse pubblicamente sulla web tax adottata dall’Italia, o sulla tassazione verso Big pharma.

 

Poi, a porte chiuse, intende trascinarlo sul terreno della politica. Per riportare alla ragione il tycoon, come ha spiegato due sere fa a Palazzo Chigi: conservatrice io, conservatore lui (entrambi nel Cpac), perché agire con politiche che mettono in difficoltà proprio i leader della destra? Un messaggio che potrebbe tradursi così: «Siamo con te, ma tu devi tenere unito l’Occidente, non dividerlo». Vale per i dazi, come per la Russia: se necessario, ribadirà il sostegno a Kiev e condannerà la strategia dilatoria di Putin.

(...)

GIORGIA MELONI - URSULA VON DER LEYEN

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