
“IL GOVERNO MELONI? PIU’ IMMOBILE DI QUELLO DI MARIANO RUMOR” – LA PERFIDA BATTUTA DI D’ALEMA FOTOGRAFA L’ESECUTIVO DELLA DUCETTA CHE OGGI SUPERANDO CRAXI SALE SUL PODIO DEI GOVERNI PIÙ LONGEVI – "LA STAMPA": “MELONI AVEVA PROMESSO LA RIVOLUZIONE CONTRO L'EUROPA MATRIGNA, I DIKTAT DEI MERCATI E I MITICI POTERI FORTI, INVECE HA VARATO 4 MANOVRE CHE SEMBRANO SCRITTE DA UN RAGIONIERE BRUSSELLESE. DELLE RIFORME PROMESSE NON C'È TRACCIA. DOVREBBE ACCENDERE UN CERO AI SANTI DI UN'OPPOSIZIONE CHE RINUNCIA A SFIDARLA SUI FONDAMENTALI, DALL'ECONOMIA A UN'IDEA DI NUOVO ORDINE MONDIALE – IL SUO CONSENSO NON REGISTRA SCOSSE PERCHE’…”
Estratti da ilfoglio.it
giorgia meloni discorso alla niaf 2
(…) Massimo D'Alema, l'ex premier e storico leader della sinistra parla alla Festa del Foglio, intervistato da Luciano Capone.
E della premier cosa pensa? "E' vero che la Meloni non perde, ma Meloni è immobilismo assoluto, a volte ha intemperanze verbali ma nell'azione" rispetto a lei "Rumor fu sconvolgente.
E' un governo che non si riesce a far malvolere" perché "lei non fa nulla. Noi nel bene e nel male abbiamo governato l'Italia".
MELONI
Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
Da oggi il governo Meloni sale sul podio dei governi più longevi della Repubblica: supera Craxi e si appresta, alla fine della legislatura, a sottrarre il primato a Berlusconi (di elezioni anticipate proprio non tira aria, vedrete). Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe arrivata a questo punto del film senza perdere un voto.
E chi l'avrebbe detto, rispetto alle premesse, che ci sarebbe arrivata così, praticamente senza nulla che lasci il segno.
Aveva promesso la rivoluzione contro l'Europa matrigna, i diktat dei mercati e i mitici poteri forti, invece ha varato quattro manovre che sembrano scritte da un ragioniere brussellese. L'unico vero risultato è di aver tenuto i conti in ordine (per fortuna). Per il resto è la cronaca di un ordinario galleggiamento su un Paese che, a sua volta, galleggia: né affonda né tantomeno va avanti, tra Pil ristagnante, agricoltura sofferente sui dazi e stipendi bassi. Delle riforme promesse non c'è traccia.
Al massimo una caterva di nuovi reati da dare in pasto alla curva, un centro in Albania che non funziona ma tiene alta la bandiera del cattivismo e la realizzazione del sogno di Berlusconi sulla giustizia.
Ecco, lo schema, sempre uguale a se stesso è: vicolo esterno fin dove necessario, misure e comiziacci identitari fin dove possibile anche per compensare, nel racconto, la rivoluzione tradita sull'economia. Che è poi lo stesso spartito seguito sulla politica internazionale.
Anche lì la premier ha tenuto (e non era scontato) il vincolo sull'Ucraina e, sia pur a bassa intensità, sull'Europa, allineandosi ove possibile sul resto a Trump, senza grandi sfracelli e senza grandi protagonismi. Dovrebbe accendere un cero ai santi di un'opposizione che si lascia trasportare dall'isteria sull'altrui racconto, senza sfidarla realmente sui fondamentali, dall'economia a un'idea di nuovo ordine mondiale. Così l'aiuta a sembrare, agli occhi della curva, un incrocio tra Trump e il Duce, anche se il governo è più immobile di Mariano Rumor.
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giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse
C'è da chiedersi perché, pur senza combinare un granché, il consenso non registri scosse. Magari la ragione è proprio che non combina un granché. In mancanza d'altro, appare tutto sommato tranquillizzante per un Paese che tira a campare, vuole il quieto vivere, simpatizza per Gaza ma fino a un certo punto, non rinuncia, come dice il proverbio, "alla via vecchia per la nuova perché sa quella che lascia, non sa quella che trova". Insomma, un Paese che teme il peggio ed è stanco di avventure, dopo un decennio sull'ottovolante che ha suscitato grandi entusiasmi e repentini tonfi.
Dopo tre anni, Renzi si era già cappottato, Salvini suicidato al Papeete, Conte logorato al terzo governo fatto.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
Il mood del Paese rispetto ad allora è cambiato: non è la rivolta, è l'astensione.
Lo è sin dalla vittoria, poco partecipata, di Giorgia Meloni. Lo è tutt'ora. È l'idea di una stabilità rassegnata e poco esigente.
In attesa che qualcuno sia in grado di risuscitare un entusiasmo non effimero, ci si accontenta di un governo che è specchio di questo umore.