LIBIAMO! SUL MEMORANDUM ITALIA-LIBIA MELONI CONFERMA L'INTESA SIGLATA NEL 2017 DA GENTILONI (ALLORA LA DESTRA ERA PER I PORTI CHIUSI E I BLOCCHI NAVALI) – IL PARADOSSO E’ CHI ALLORA LO SOTTOSCRISSE, OVVERO IL PD, NE CHIEDE INVECE LA CANCELLAZIONE – "LA STAMPA" INFILZA SCHLEIN: “LA DAMNATIO MEMORIE DEL MEMORANDUM È CHIARA, LA LINEA SULL’IMMIGRAZIONE MENO: L’UNICA RISPOSTA ALLA DESTRA È LA DENUNCIA UMANITARIA E “L’ACCOGLIAMOLI TUTTI”. OVVERO: LA RINUNCIA AL GOVERNO DEL FENOMENO (E PURE ALLA LOTTA AI TRAFFICANTI) NELLA LIBIA DI OGGI COME ALTROVE, CHE È POI LA DIFFERENZA TRA UN PARTITO POLITICO E UNA ONG”
Da “Lo spigolo”, la newsletter di Alessandro de Angelis per www.lastampa.it
matteo salvini giorgia meloni foto lapresse
Detta così, sembra essere una storia buona per Pirandello. Si è svolta giovedì scorso alla Camera. La destra, che allora era per i blocchi navali e per i porti chiusi, conferma, in una sua mozione, il famoso Memorandum con la Libia siglato dal governo Gentiloni nel 2017.
Chi allora lo sottoscrisse, ovvero il Pd, ne chiede invece una cancellazione tout court, non un cambiamento, più o meno radicale, per renderlo più esigente e adeguato alle nuove condizioni dell’area.
La posizione più ragionevole, paradossalmente, è quella di chi allora era contro tutto e tutti, i Cinque stelle. Loro ne invocano una radicale revisione. La storia, che va al di là del singolo voto parlamentare, si presta a una lettura su più piani. Prima, però, capiamo di cosa stiamo parlando.
Quel memorandum fu sottoscritto il 2 febbraio del 2017 a Roma assieme a Fayez Al-Serraj, il premier libico del governo riconosciuto dalle Nazioni Unite. Poi fu fatto proprio dall’Ue nel vertice di Malta di due giorni dopo, con tanto di lodi sul “modello italiano”. La finalità: rafforzare le istituzioni libiche nel contrasto al traffico di esseri umani attraverso una serie di strumenti tra cui il sostegno alla guardia costiera.
Effettivamente quel governo, ha agito, con Marco Minniti al Viminale, un ruolo in Europa sul tema: 120mila arrivi in meno in un anno senza chiudere un porto o far scorrazzare le navi verso porti più lontani; corridoi umanitari anche in collaborazione con la Cei; 27mila i rimpatri volontari assistiti; il ritorno dell’Onu in Libia che, tra l’altro, gestì direttamente il primo centro di accoglienza a Tripoli; la stipula della pace di Roma tra le tribù del deserto in lotta tra loro; l’accordo con i sindaci dei 13 comuni più coinvolti nel traffico di esseri umani con l’idea: noi vi aiutiamo a costruire città migliori, voi rompete coi trafficanti.
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Dal 2017 ad oggi, sono passati otto anni, quattro dei quali il Pd li ha passati al governo, prima con Giuseppe Conte, poi con Mario Draghi. Durante questo periodo il Memorandum è stato sempre rinnovato così come era. Più volte si è manifestata, sempre a ridosso della scadenza, l’esigenza di cambiarlo, ma poi è stato rinnovato tale e quale:
“Il Memorandum – disse Nicola Zingaretti fresco di elezione a segretario – deve cambiare radicalmente, ma io non ho mai creduto al disimpegno unilaterale. La soluzione non è scappare dagli scenari di crisi”. Né qualcuno ha mai tratto le conseguenze di fronte al diniego della Libia. Neanche tra gli attuali sostenitori di Elly Schlein che hanno avuto incarichi di governo.
Si dice: con Elly Schlein cambia la musica anche se si andrà al governo. Mai più Memorandum. La vicenda, oltre a quesiti politici che riguardano il rapporto coi Cinque stelle e a quesiti esistenziali che riguardano il rapporto con la propria storia, pone un interrogativo di fondo di non poco conto.
La damnatio memorie è chiara, la linea sull’immigrazione meno: l’unica risposta alla destra è la denuncia umanitaria e “l’accogliamoli tutti”. Ovvero: la rinuncia al governo del fenomeno (e pure alla lotta ai trafficanti) nella Libia di oggi come altrove, che è poi la differenza tra un partito politico e un’Ong, tra la costruzione di una prospettiva e un nobile soccorso.
Se allarghiamo lo sguardo, registriamo, al tempo stesso, un unicum italiano e una crisi generale del progressismo sulla materia più sensibile in questo tornante della storia. In Italia, ove è all’opposizione, la sinistra è racchiusa solo nell’orizzonte umanitario. Dove invece è al governo, scimmiotta la destra nell’orizzonte securitario. Il modello Albania di Giorgia Meloni ha fatto scuola. Keir Starmer lo ha riproposto sul Kosovo. La Spd lo ha accettato con l’Afghanistan.
La premier danese e presidente di turno dell’Ue Mette Frederiksen sul Ruanda. Insomma, è diventato il paradigma condiviso, assieme all’uso della parola deportazioni destinato a diventare realtà entro la fine dell’anno. Morale della favola: la destra non è sfidata né dagli uni né dagli altri su un modello di governo che coniughi la sicurezza e diritti. Che era appunto la logica di quel governo del lontano 2017. Espiata la colpa, resta il problema: chi si occupa della Libia e dell’Africa?
ELLY SCHLEIN GIUSEPPE CONTE
schlein gentiloni
guardia costiera libica
gentiloni Fayez al Sarraj



