LA MERKEL USA IL BASTONE E LA CAROTA CON OBAMA: PRIMA SI INCAZZA PER LO SPIONAGGIO, POI AMMORBIDISCE I TONI (NESSUNO E’ INNOCENTE)

Paolo Mastrolilli per "la Stampa"

La cancelliera tedesca Angela Merkel abbassa i toni della polemica sullo spionaggio americano, alla vigilia dell'incontro di domani a Berlino col presidente Obama, ma intanto la Cina alza la voce, e da Hong Kong il delatore Edward Snowden torna a sfidare Washington: «Non possono fermare la verità, anche se mi uccidessero».

Secondo i dati forniti dall'ex tecnico al servizio della National Security Agency, la Germania è il paese più spiato in Europa, molto più dell'Italia. Nei giorni scorsi questo fatto aveva provocato una reazione dura da parte dei tedeschi. La Merkel aveva chiesto spiegazioni a Obama, e il ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger aveva inviato una dura lettera al collega americano Eric Holder, in cui manifestava «grande preoccupazione. Questo potrebbe costituire un massiccio accesso ai dati delle telecomunicazioni senza permesso, su scala enorme».

Ieri la cancelliera ha confermato le preoccupazioni e la richiesta di chiarezza, ma ha pure ammorbidito la linea, riconoscendo il ruolo insostituibile dell'intelligence americana per evitare attentati. Parlando con l'emittente «Rtl», la Merkel ha detto che il programma di sorveglianza «mi ha sorpreso, in una certa misura. D'altra parte - ha aggiunto - riconosciamo che gli Usa hanno affrontato con forza la lotta al terrorismo».

La cancelliera, ad esempio, ha ricordato che senza l'aiuto dell'intelligence americana sarebbe stato impossibile sventare un attentato che gli estremisti islamici volevano condurre in Germania nel 2007. Un riconoscimento finalizzato ad allentare le tensioni, in vista della visita che Obama compirà domani a Berlino, mentre si scopre che la stessa Merkel ha varato un investimento per oltre cento milioni di euro per rafforzare l'apparato tedesco di sorveglianza.

Le spiegazioni di Obama sono già in viaggio. Il presidente in un'intervista alla «Pbs» ha definito il programma di raccolta dati «trasparente e legittimo». Se la tensione scende con la Germania, sale con la Cina, che ieri ha preso per la prima volta posizione ufficiale sul «datagate».

Lo ha fatto con il portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying: «Noi crediamo che gli Usa debbano prestare attenzione alle preoccupazioni e alle richieste della comunità internazionale, e dare le necessarie spiegazioni». Lo scandalo è esploso mentre Obama si preparava ad incontrare il collega cinese Xi, e protestare per lo spionaggio digitale di Pechino. Ma Hua ha risposto alle accuse che la stessa Repubblica popolare avrebbe manovrato Edward Snowden, bocciandole come «dichiarazioni senza senso».

L'ex tecnico però si nasconde ancora ad Hong Kong, e ieri ha partecipato ad una chat organizzata dal giornalista Glenn Greenwald sul sito del «Guardian», per rispondere ai lettori. Snowden ha smentito di essere una spia cinese: «Se lo fossi, perché non sarei scappato direttamente a Pechino? Ora potrei vivere in un palazzo».

Edward ha detto di aver scelto Hong Kong invece dell'Islanda «perché aveva bisogno di un posto dove potessi lavorare senza essere arrestato». Quindi ha aggiunto che «il governo Usa non riuscirà a nascondere queste cose, incarcerandomi o uccidendomi. La verità sta arrivando e non può essere fermata».

Proprio ieri il «Washington Post» ha rivelato che le polizie di oltre trenta stati hanno raccolto una banca dati con le facce di 120 milioni di americani: serviva contro le frodi sulle patenti di guida, è diventata uno strumento usato per qualsiasi inchiesta. Questo programma non è collegato a quello della Nsa, ma rilancia la polemica sulla diffusione e la capillarità dei controlli sui cittadini.

 

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