MICA SCEME LE RAGAZZE - LE PUSSY RIOT REGISTRANO IL LORO MARCHIO PER LA PRODUZIONE E VENDITA DI MERCHANDISING - LA POLIZIA RUSSA CERCA LE ALTRE DUE COMPONENTI DELLA BAND (IL GRUPPO È FORMATO DA CIRCA 10 MEMBRI ANONIMI) – DOPO L’ATTACCO DEGLI HACKER AL SITO DEL TRIBUNALE DI MOSCA, PER LA PRIMA VOLTA DA HELSINKI IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO, SERGHEI LAVROV, RISPONDE ALLE PROTESTE DEI GOVERNI OCCIDENTALI…

1- LE PUSSY RIOT REGISTRANO IL LORO MARCHIO PER LA PRODUZIONE E VENDITA DI MERCHANDISING
Corriere.it

Stando ai critici musicali non sono un granché come punk band. Le Pussy Riot, il gruppo di dissidenti russe finite in carcere per avere chiesto alla Madonna di cacciare Putin (in una manifestazione nella Cattedrale di Mosca, con condanna per teppismo motivato da odio religioso) ci prova con il merchandising.

COSE DA STAR - Ecco che diventeranno un marchio. Così come ha annunciato Mark Feigin, avvocato delle tre musiciste in carcere. Il legale ha precisato che l'iter di registrazione del marchio è stato avviato lo scorso aprile per evitare l'uso del nome del gruppo in varie azioni e progetti. Le componenti della band si aspettano di ricevere i documenti di registrazione nei prossimi mesi.

LA CARRIERA - Prima i concerti nelle strade, gli album (in realtà solo sei brani urlati e arrabbiati), poi le azioni di protesta nella cattedrale di Mosca. E da lì il mondo della musica, Madonna in testa, che si muove e le difende a spada tratta. Anche la carta ammiccante e patinata di Play Boy pare buttare un occhio oltreoceano: rumors dicono che la nota rivista sta pensando di immortalare in copertina la bella Nadia, la leader del trio punk.

T-SHIRT - In circolazione a Mosca e non, per ora magliette ispirate al movimento anti Putin. La notizia, però, ha fatto già parlare alcuni quotidiani russi di «capitalizzazione» della pena - grazie alla quale la popolarità di Nadia, Masha e Katia è salita alle stelle. Il quotidiano russo, Nezavisimaja Gazeta, ricorda le parole del marito di Nadia - Pietr Verzilov, anche lui attivista in prima linea - il quale aveva avvertito di recente che d'ora in poi, per produrre e commercializzare gadget e souvenir con il nome delle Pussy bisogna avere un'autorizzazione, pena la violazione del copyright.

PAURA PER L'ORDINE PUBBLICO - Il merchandising delle Pussy, però, è già iniziato. Sono numerose le iniziative che su internet vendono t-shirt di ogni fattezza e colore con la scritta "Pussy Riot libere" e le tre ragazze incappucciate con gli inconfondibili passamontagna colorati. Il clima in Russia intorno a quello che si e' trasformato nel processo dell'anno, e' pero' ancora molto teso. A Mosca girare con una maglietta inneggiante alle Pussy potrebbe causare non pochi problemi.

2- PUSSY RIOT, ATTACCO HACKER AL TRIBUNALE 
DI MOSCA DOPO LA CONDANNA
Il Messaggero

Attacco degli hacker al sito del tribunale Khamovniceski di Mosca dopo la condanna a due anni di reclusione a tre giovani musiciste della punk band Pussy Riot per una preghiera anti Putin nella cattedrale della capitale. La homepage della corte è stata sostituita da slogan per la libertà della artiste e da un video musicale di carattere omosessuale di un cantante bulgaro.

Non si ferma intanto la caccia alle altre Pussy Riot, nonostante le critiche internazionali alla condanna a due anni di prigione per Nadia Tolokonnikova, Maria Aliokhina e Ekaterina Samutsevich. La polizia russa ora cerca le altre due componenti della band, che col volto coperto da passamontagna colorati avevano partecipato alla «preghiera punk anti Putin» nella Cattedrale di Mosca il 21 febbraio, sfuggite finora all'arresto.

L'annuncio è giunto ieri da un portavoce del ministero dell'interno, che non ha tuttavia precisato i nomi delle ricercate né se anche loro siano accusate di teppismo e istigazione all'odio religioso come le tre compagne: in effetti le altre componenti della band non risultano ancora formalmente identificate, malgrado l'inchiesta penale avviata su di loro.

Una vaghezza che secondo Mark Feigin, avvocato difensore di Nadia, Katya e Masha, è un messaggio intimidatorio al resto del gruppo e ai sostenitori: «Se metti delle persone non identificate sulla lista dei ricercati, puoi arrestare chiunque indossi un passamontagna», ha denunciato, aggiungendo che a suo avviso la polizia conosce in realtà perfettamente i nomi delle «latitanti».

Il gruppo, che è formato circa 10 membri anonimi, dopo la sentenza ha intanto lanciato un nuovo singolo su internet dal titolo «Putin accende i fuochi della rivoluzione» e ha promesso nuove azioni. La sensazione è d'altronde che il Cremlino non intenda allentare la morsa sugli oppositori.

ieri Garri Kasparov, 49, l'ex campione di scacchi divenuto strenuo detrattore di Putin, è stato interrogato dal Comitato Investigativo russo con l'accusa di aver morso la mano di un poliziotto venerdì, nei tafferugli seguiti a una manifestazione a sostegno delle Pussy Riot che aveva visto 100 fermi. In teoria, rischia fino a 5 anni di carcere. Lui si dichiara innocente e ha presentato un filmato amatoriale, definito il video della «menzogna», a sostegno delle sua versione rispetto a «un'accusa
delirante».

Frattanto, per la prima volta da Helsinki il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, risponde alle proteste dei governi occidentali sul caso delle tre ragazze finite in carcere. Ricorda che la sentenza «non è definitiva» (gli avvocati preparano l'appello) e per questo non è il caso di lasciarsi andare a «conclusioni precipitose» né di «cadere nell'isteria».

Ma la condanna del trio continua a suscitare polemiche e perplessità. Ieri a Mosca il filosofo sloveno Slavoj Zizek, vicino al movimento globale degli indignati, in tour in Russia in questi giorni, ha notato come il caso Pussy Riot dimostri la «immensa fragilità» del potere russo e ha paragonato il trio ai poeti dissidenti sotto Stalin: «Il grande apprezzamento per la poesia all'epoca era che potevano ucciderti per una poesia».

Anche nei ranghi della Chiesa, che inizialmente aveva preso una dura posizione contro le autrici della scandalosa preghiera, si vedono le prime defezioni: padre Serghei Baranov, diacono di Tambov (Russia sud-occidentale) ha deciso di rinunciare alla tonaca in polemica col verdetto, spiegandone le ragioni in una lettera al Patriarca Kirill su Facebook: le ragazze, ha scritto, non hanno compiuto alcun crimine, e anzi portato alla luce le «numerose piaghe» della Chiesa russa; perché la Santa Ortodossia «si sta trasformando in fondamentalismo Ortodosso».

 

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