IL MINISTRO OMBRA SI ALLUNGA SUI BENI CULTURALI - L’ASCESA DI ROBERTO CECCHI, SOTTOSEGRETARIO CHE SOTTO SOTTO VUOLE FARE LE SCARPE AL MINISTRO ORNAGHI - NULLA LO PUO’ FERMARE, NEMMENO DUE INDAGINI DELLA PROCURA DI ROMA PER LA “SVENDITA” DEL COLOSSEO A DELLA VALLE E ABUSO D’UFFICIO PER AVER FATTO TOGLIERE IL VINCOLO A UN PREZIOSO MOBILE SETTECENTESCO) - UN EX COMUNISTA DURO E PURO PASSATO AL PDL, OGGI IN SCAMBIO DI AMOROSI SENSI CON IL PD, SUO PRINCIPALE SPONSOR NEL GOVERNO MONTI…

Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Titolo: "I beni culturali". Autore il sottosegretario in tema del governo Monti, Cecchi Roberto. Editore, nel 2006 per la casa editrice Spirali, l'amico Armando Verdiglione. Il filosofo accusato nel 1985 di bancarotta, tentata estorsione e circonvenzione d'incapace per poi arrivare, 7 anni dopo, a patteggiare una condanna a 16 mesi. Amante delle dimore di lusso, Verdiglione ospitò Cecchi in occasione della presentazione del suo libro.

Preconizzandogli con lungimiranza un futuro da ministro e ricoprendolo di elogi come in altre analoghe occasioni: "Ho capito che su questa materia è l'unico che potesse fare il volume, assumere l'esperienza dei beni culturali e stabilire elementi, ipotesi, direttive per quanto riguarda l'avvenire in questo settore".

Cecchi, allora direttore generale per i beni architettonici e paesaggistici ringraziò e iniziò a pensarci. Distraendosi. Nella cornice di Villa San Carlo Borromeo, dieci ettari a circondare una meraviglia del XIV secolo, tra quadri e arazzi e lampadari di Murano, Cecchi dimenticò di accendere la luce sul fatto che la stessa fosse stata restaurata grazie ai fondi del Mibac.

L'attuale sottosegretario ai Beni Culturali del governo Monti si interessò personalmente al caso, con una lettera del febbraio del 2006 inviata alla Direzione generale della Lombardia e alla società che gestiva l'immobile. Nella missiva, Cecchi non disperava sulla concessione di fondi utili alla causa nell'ottica "delle risorse disponibili".

Anni dopo, mentre Verdiglione combatte a Milano per l'emissione di fatture false per decine di milioni di euro in riferimento a lavori edili sovvenzionati con denaro pubblico, l'architetto Cecchi prosegue nel sentiero tracciato allora. Dopo aver deciso per il silenzio, l'altero toscano a cui il ministro Ornaghi si rifiuta di concedere le deleghe, ha deciso di mettere in naso fuori dal guscio.

I detrattori insinuano che non abbia l'ironia nel dna e alzi poco la voce, ma non si azzardano a dire che non sia loquace. Sette, il magazine del Corriere della Sera lo ha lungo intervistato. Facendo le domande giuste sul caso Colosseo e ricevendo risposte, per così dire, interlocutorie. Al centro di due delicate indagini (apertura di un fascicolo a Piazzale Clodio per la concessione dei lavori di restauro del monumento romano a Diego Della Valle e abuso d'ufficio per aver fatto togliere il vincolo a un prezioso mobile settecentesco in una complicata storia di imprudenze formali intricata come un romanzo) Cecchi non si piega.

Scrolla le spalle anche di fronte all'interesse della Corte dei Conti per l'acquisto a oltre tre milioni di euro di un Cristo michelangiolesco di incerta attribuzione. Nell'attesa, prova a togliersi dall' angolo. Per farlo, ha sacrificato gli amici di un tempo. Dicono che Cristiano Brughitta, ex portavoce del sottosegretario ai Beni Culturali, ad esempio, non sia dell'umore migliore.

Dopo dieci anni di onorato servizio a "casa" Cecchi, è stato messo alla porta per far spazio a Silvio Di Francia, ex assessore alla cultura di Veltroni al Campidoglio. La sensazione che la nomina di Di Francia non dispiacesse a Walter, è più di un'impressione.

Se chiedi delucidazioni a Di Francia, lui nega, con trasporto: "Prendo 2.400 euro al mese, non rubo e non sono un addetto stampa. Offro una consulenza sulla comunicazione a un signore che credo non provenga dalla politica".

Licenziato il giorno di Natale, per Brughitta, il predecessore di Di Francia, solo qualche scatolone di ricordi e una stretta di mano perché per Cecchi, dietro la barba bianca, non è più tempo di sentimentalismi né di epifanie. L'uomo che doveva diventare ministro e si ritrovò vice di un signore, Ornaghi, con cui ancora non è passato al "tu", deve accelerare. Uscire dal fortino del Collegio Romano.

Far sapere che esiste, anche al di là di una proverbiale riservatezza. Il professor Cecchi, architetto, gode di disegni celesti, apprezza l'instancabile lavorio dietro le quinte e conosce l'arte della mimèsi. Ex comunista duro e puro a cavallo tra i '70 e gli '80, sodale del ministro Giuliano Urbani ai tempi del suo dicastero (sognava di diventare Capo dipartimento, ma la Corte dei Conti seppellì l'ambizione con inusitata durezza) stella polare di Francesco Giro all'epoca in cui il Pdl romano propugnò e ottenne nel 2010 la sua nomina a Segretario Generale del Ministero.

E oggi, con mirabile giravolta, dopo aver valutato il contesto, in scambio di amorosi sensi con il Pd suo principale sponsor nel governo Monti (in una buona e trasversale compagnia, dall'area montezemoliana al parere decisivo del professor Carandini, ottimo amico del presidente Napolitano), Cecchi mette nel mirino la tappa successiva. L'ex presidente della scorsa edizione del Campiello, scrittore, è anche un buon lettore. Arriva fino in fondo al libro. A patto di leggerlo prima degli altri.

 

ROBERTO CECCHI ROBERTO CECCHILORENZO ORNAGHI GIANNI ALEMANNO E DIEGO DELLA VALLE AL COLOSSEO WALTER VELTRONI Giuliano Urbani - Copyright PizziFRANCESCO GIRO ECCITATO

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