
“DIETRO L’IMMAGINE DELL’UNDERDOG DI GIORGIA MELONI C’E’ UN BAGAGLIO DI IDEOLOGIE E DI RITUALITÀ ELABORATE DAL MOVIMENTISMO NEOFASCISTA ITALIANO” - MIRELLA SERRI INDAGA IN UN LIBRO (“NERO INDELEBILE”) LE FONTI DEL PENSIERO MELONIANO E DEMOLISCE LE NUOVE DESTRE “CHE SI APPROPRIANO DI PERSONAGGI CHE NULLA HANNO A CHE VEDERE CON IL LORO PROGETTO POLITICO” – “MARINE LE PEN SI È APPROPRIATA DI SIMONE DE BEAUVOIR ED ÉLISABETH BADINTER E MELONI, NEL SUO DISCORSO DI INSEDIAMENTO, HA EVOCATO NILDE IOTTI, TINA ANSELMI E RITA LEVI-MONTALCINI…”
Pier Luigi Vercesi per il “Corriere della Sera” - Estratti
giorgia meloni al senato foto lapresse
Se presero un abbaglio Gramsci e Croce liquidando il fascismo degli albori come una breve «parentesi senza fondamenti culturali e ideologici», immaginate in quali errori di interpretazione possono incorrere gli intellettuali di sinistra di oggi quando sostengono che «gli esponenti di questa destra di destra insediata a Palazzo Chigi sono solo una rozza espressione del sovranismo e del populismo».
Così Mirella Serri, che in molti dei suoi libri ha scandagliato i rapporti tra fascismo e cultura, torna in libreria con un saggio sferzante nel quale sostiene che l’immagine dell’«underdog» tenuto sempre a distanza (che poi si dimostra più bravo degli altri) è solo una narrazione dietro alla quale «esiste un consistente bagaglio di ideologie e di ritualità elaborate per decenni dal movimentismo neofascista italiano».
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Testo sacro della nuova destra sarebbe la monumentale Storia del fascismo in sei volumi, firmata da Pino Rauti e Rutilio Sermonti, dove tutto ruota intorno al «sentimento dell’onore».
Secondo Mirella Serri, Rauti diventa «il burattinaio del pensiero di destra più radicale» quando la sua visione del mondo si salda con quella dei «cattivi maestri» della Nouvelle Droite Française.
Locchi «allevò» Alain de Benoist, infondendogli la parola d’ordine: «Il mondo non sarà salvato da studiosi stanchi, ma da chi ha fatto, da sempre, leva sull’aspetto essenziale del pensiero che si fa azione».
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Negli anni Ottanta, de Benoist frequentò l’Italia proponendo una «strategia metropolitana», seguendo le indicazioni di Gramsci, per la conquista dell’egemonia culturale. Insieme all’altro «cattivo maestro» francese Guillaume Faye, teorizzò la «convergenza delle due catastrofi»: da un lato la colonizzazione da parte dei popoli del Sud del mondo e dei Paesi islamici; dall’altro il declino economico a causa dell’invecchiamento della popolazione continentale e della denatalità.
Unica strategia per salvarsi è sviluppare una «filosofia dell’identità», una critica radicale al multiculturalismo, al politicamente corretto, alla tendenza all’autocolpevolizzazione e alla retorica dell’alterità. Secondo Serri, quando la destra in Italia si è insediata al governo de Benoist è diventato l’astro del nuovo corso meloniano.
In anni più recenti, a Colle Oppio, fucina di elaborazione del pensiero di destra, la biblioteca si è arricchita di libri da cui attingere a piene mani citazioni a dir poco eclettiche.
Così Jünger viene fatto convivere con Gramsci, il conservatore Roger Scruton con Bertolt Brecht e Pier Paolo Pasolini, Yukio Mishima con i Cantos di Pound e Saint-Exupéry con il Signore degli Anelli di Tolkien.
Infine i campi Hobbit. Fu sempre Rauti a ideare il primo, perché «la gioventù ha bisogno di idee-forza». E da lì Atreju, nome derivato dal «figlio di tutti» ne La storia infinita di Michael Ende, anche se Ende era un convinto antifascista costretto ad arruolarsi nella Gioventù hitleriana che disertò per raggiungere i gruppi di resistenza bavarese.
Ma appropriarsi di personaggi che nulla hanno a che vedere con il loro progetto politico sembra lo sport prediletto delle nuove destre, sostiene Serri: Marine Le Pen si è appropriata di Olympe de Gouges, Simone de Beauvoir ed Élisabeth Badinter e Meloni, nel suo discorso di insediamento, ha evocato Nilde Iotti, Tina Anselmi e Rita Levi-Montalcini.
giorgia meloni al senato foto lapresse
giorgia meloni alla camera
meloni le pen