IL “MOVIMENTISMO” DI RENZI SULLA LEGGE ELETTORALE È UN APRIRE A TUTTI PER CHIUDERE CON NESSUNO: SERVE SOLO A TENERE SOTTO SCHIAFFO IL GOVERNO

Francesco Verderami per ‘Il Corriere della Sera'

Si è condannato al movimentismo, perché convinto che sia l'unico modo per non finire logorato da quei due «vecchi democristiani» seduti a palazzo Chigi. Perciò ieri Renzi ha aperto formalmente il confronto con gli altri partiti sulla legge elettorale.

Ma il rischio che corre il leader del Pd è di rimanere vittima delle sue stesse manovre, finendo incastrato nel gioco dei veti incrociati. Se l'abbia messo nel conto o più semplicemente si senta costretto a farlo non è chiaro, di sicuro è consapevole del pericolo, e con lui i suoi più fidati consiglieri.

L'accelerazione impressa sulla riforma del Porcellum è un modo per tenere fede alla promessa sottoscritta alle primarie: il punto è che da questo momento il segretario democratico diventa il regista dell'operazione e non potrà scaricare su altri un eventuale fallimento.

Perciò Letta e Alfano lo attendono al varco, certi che alla fine l'intesa sul nuovo sistema di voto dovrà partire - come sostiene il leader del Nuovo centrodestra - «dall'alveo della maggioranza», per essere poi «allargata a Forza Italia». L'abbrivio sembra questo, e questi almeno sono i calcoli dei vertici di governo, disposti ad assecondare il timing dettato Renzi.

È una convergenza di cui c'è traccia nei colloqui di ieri tra i rappresentanti dell'esecutivo e il capo democrat, è una tesi caldeggiata dal ministro Franceschini con il premier e il vicepremier, e che solo all'apparenza è paradossale: «Se la legge elettorale non venisse approvata rapidamente, allora sì che il fallimento farebbe saltare la legislatura, non viceversa».

D'altronde, se per un verso lo schema di Renzi delle tre proposte - che sono altrettante offerte distinte ad Alfano, Berlusconi e Grillo - spettacolarizza la sfida, dall'altro lascia intuire come la «rosa» presentata ai suoi interlocutori sia destinata a perdere ben presto due petali. Il primo è già caduto, e non tanto perché il «comico» ha già risposto con il solito «vaffa», ma perché in realtà il sindaco di Firenze più che a un'intesa con i Cinquestelle mira a quella cassaforte di consensi.

È un progetto ambizioso, che nella strategia renziana garantirebbe la vittoria del Pd alle Politiche. Le avances a Berlusconi hanno invece un diverso obiettivo. Siccome il segretario democratico non si fida di Letta e Alfano, e teme un loro gioco di sponda, intende presentarsi al tavolo della trattativa minacciando l'asse con il Cavaliere, così da togliere al leader di Ncd la facoltà di porre veti.

Di qui l'apertura di Renzi al modello spagnolo, caro a un pezzo di Forza Italia, e a cui il Cavaliere ha subito risposto mostrandosi disponibile all'intesa. L'ex premier è desideroso di partecipare alla sfida, «sono pronto a incontrare Renzi e ad accordarmi con lui», ha infatti detto, «ma a patto di ottenere le elezioni anticipate», accorpando a maggio Politiche ed Europee.

Ecco le avvisaglie dei rischi che corre il leader democrat, semmai iniziasse il gioco del cerino sulla legge elettorale: il movimentismo di cui è protagonista oggi, gli si potrebbe ritorcere contro domani. Perché un conto sono i desiderata di Renzi, che se potesse andrebbe alle urne anche domani, un conto sono gli spazi di manovra. E il voto anticipato non è nelle sue disponibilità.

Non a caso lo stato maggiore del Pd ieri ha subito frenato dinnanzi alle richieste del leader forzista, che a sua volta si tiene le mani libere, e lascia i suoi dirigenti dividersi sul sistema di voto. Se Brunetta è favorevole al Mattarellum e Verdini propende per lo spagnolo, c'è chi - come il capogruppo al Senato Romani - sottolinea come «noi siamo fermi sulla difesa del bipolarismo, sapendo però che in Italia non c'è il bipartitismo». Traduzione: va privilegiata la logica di coalizione, e dunque un sistema che non uccida gli alleati ma li riunisca.

È un ponte verso Alfano che Berlusconi non ha mai fatto saltare, anzi. E c'è un motivo se il vicepremier intende tenerlo solido, se ribadendo la linea di un'intesa preventiva nella maggioranza, parla esplicitamente di un successivo «allargamento a Forza Italia».

Dal ginepraio di mosse e contromosse, emerge il fatto che nella «rosa» delle proposte già una raccoglie il consenso dell'area di governo: il modello del «sindaco d'Italia», che è stato offerto da Renzi nel pacchetto, che non è inviso agli azzurri - visto come la Gelmini ieri ha evidenziato la «nostra disponibilità a discutere su qualsiasi sistema» - e che è stato preso al volo dal leader del Nuovo centrodestra: «Noi siamo pronti, e siamo pronti a fare in fretta».

A fronte della mano tesa da Alfano, come potrebbe il leader del Pd ritrarre la propria? Anche perché, se davvero vorrà portare a casa «entro gennaio» il primo voto della Camera sulla riforma, non ha molto tempo a disposizione. Il presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Sisto, ha spiegato ai dirigenti del Pd che è possibile stare nei tempi, «a patto però che ci sia un accordo su un testo». Appunto.

 

letta RENZI E LETTAMATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA BILD GRILLO E BERLUSCONI ACCUSATI DI ESSERE POLITICI CLOWN IN GRADO DI DISTRUGGERE LEURO

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