mughini

LA VERSIONE DI MUGHINI - TWITTER È UN MORBO DELLA VANITÀ E DELL'AUTOPROMOZIONE, MA FEDEZ E LE MIGLIAIA DI BRAVE PERSONE CHE HANNO SFILATO, HANNO FATTO DA "SCUDI UMANI" AGLI INCAPPUCCIATI VENUTI PER "FARE BORDELLO". COME NEL '77 A ROMA

Lettera a Giampiero Mughini per Dagospia

 

fedez per i noexpofedez per i noexpo

Caro Dago, vedo che quasi ogni giorno dai un gran rilievo alla spettacolarizzazione che in tanti fanno della loro vanità e autopromozione. Quel morbo che ha nome tweet. 140 battute di ciascuno contro ciascuno. Guarda che il più bello e intelligente del reame sono io. Ma no guarda che sono io, non lo vedi quanto sono bello. Guarda che hai detto una gran puttanata a scrivere che alle origini dell’orrore urbano a Milano – il primo del mese di maggio – c’è il “pensiero” di Fedez il canterino. Ma no, guarda che mi accusi di questo perché non sono venuto alla tua trasmissione, che pure aveva un gran bisogno del mio talento.

 

fedez 5fedez 5

Un circo quanto di più plateale del dir bene di se stessi e male del proprio interlocutore. Caro Dago, i nomi che leggo sulle tue pagine sono sempre gli stessi. A giudicare da come usano il loro tempo dubito che abbiano il problema di portare a spasso il proprio cane, di riempire moduli F24 come alcuni di noi fanno ogni giorno, di leggere qualcosa che sia stata scritta più a lungo che in 140 battute. E del resto per quel pochissimo che vado in giro e incontro “gente”, ne conosco pochi che leggano più a lungo di 140 battute. Va bene così? Evidentemente sì se il morbo è talmente diffuso, talmente onnipresente. Dimmi che cosa twitti e ti dirò chi sei.

giampiero mughinigiampiero mughini

 

E così via cantando, ciascuno a vantare i propri libri, il proprio clan politico-editoriale, magari a dir male del suo amante o della sua amante di un tempo, magari a fare nomi e raccontare particolari scabrosi. Il silenzio, l’autoironia, lo sprezzo detto con un sorriso, l’eleganza della finta e dell’affondo nel giostrare il fioretto, la galanteria verso le donne, la cavalleria verso i rivali che pure competono per la conquista del tuo pezzo di pane. Parole scartate via dal dizionario del costume italiano, ossia dall’uso quotidiano del web.

 

Ma certo, e ci mancherebbe altro, che le quattro sciocchezze pronunciate da Fedez non hanno alcuna responsabilità di quello che è stato fracassato e devastato a Milano, sia pure “in misura ridotta e circoscritta” come è stato autorevolmente precisato. I delinquenti di strada e i quaquaraquà del nulla – tipo i pochi arrestati, probabilmente i più stupidotti della congrega – sono una cosa. Il “pensiero” di un Fedez che distingue tra la (assolutamente legittima) opposizione al che e al come dell’Expo e la violenza stradale sfrenata è tutt’altra cosa.

 

arresti tra i black blocarresti tra i black bloc

Solo che non è così. La verità del 1° maggio milanese è che le bravissime persone sfilate in corteo a dire tutto il male che pensano dell’Expo (il più delle volte, a dire il vero, delle fesserie imbarazzanti) hanno fatto da “scudi umani” dei 300 o 500 incappucciati venuti da tutta Europa a “fare bordello”. Le dieci o ventimila brave persone contavano nulla quel giorno, esattamente come contavano nulla i 20 o 25mila bravi ragazzi che stavano per mettersi in marcia il sabato 12 marzo 1977 a Roma, e non ricordo nemmeno più per quale o buonissima causa.

 

expo  milano messa a ferro e fuoco 8expo milano messa a ferro e fuoco 8

Contava il fatto che si fossero infilati fra loro 500 apprendisti terroristi “rossi” muniti di revolver, che cominciarono a sparare dopo un’oretta di corteo, appena giunti innanzi alla sede della Democrazia Cristiana. E per tutta Roma furono quattro ore di scempi, di molotov, di colpi di revolver, di assalti alle armerie in cui portavano via maglioni invernali e canne da pesca, e fu un miracolo che quel sabato di quarant’anni fa nessuno ci lasciasse la pelle.

 

Quanto al venerdì 1° maggio 2015, credo che i reparti di polizia presenti per le strade di Milano avessero l’ordine tassativo di non caricare, di non piombare addosso ai manifestanti e magari di calpestare qualche donna caduta per terra, di non avvicinarsi nemmeno di un metro a quella soglia di tensione da cui ci può scappare un morto (Carlo Giuliani). Li hanno lasciati fare, sì. La ragazzetta col rolex al polso che copriva di vernice una vetrina. I tre o quattro delinquenti piombati addosso a un poliziotto isolati. I quaquaraquà che spingevano per strada a rovesciarlo un cassonetto della monezza.

 

expo  milano messa a ferro e fuoco 3expo milano messa a ferro e fuoco 3

Gli unici e veri attori di quel giorno di vergogna che costerà ai contribuenti italiani un milione e mezzo di euro. Gli unici e veri attori della storia attuale e reale del nostro Paese, non gli esibizionisti e vanitosi che twittano e digrignano i denti per ogni dove.

 

E a Fedez, dato che motivi generazionali sono uno che in fatto di cortei e manifestazioni potrei fare una lectio magistralis in qualsiasi università, vorrei ricordare un ultimo particolare. Eravamo a Parigi, un giorno di maggio e per strada saremo stati non meno di 30-40mila. Non una vetrina infranta, non un arbusto ferito, non un urlo a voce strozzata. Avevamo vent’anni. A un certo punto uno di noi salì con i piedi su un’auto parcheggiata a vedere quanto fosse lungo il corteo. Tutt’attorno gli gridarono da scendere subito da quell’auto che avrebbe potuto rovinare. Era il 1968. Un millennio fa.

 

 

GIAMPIERO MUGHINI

 

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