CHIAGNE E FOTTE – FATTO UN PAPOCCHIO ISTITUZIONALE, BELLA NAPOLI FA PURE LA VITTIMA: “I PARTITI MI HANNO LASCIATO SOLO”

Marzio Breda per "Corriere.it"

«Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente...».
Giorgio Napolitano riflette sulla sua amarissima Pasqua, «il momento peggiore del settennato», nella quale si è scoperto bersaglio di una marea montante di polemiche.

La sua idea di far decantare per un po' l'aria di impazzimento generale attraverso il lavoro di un doppio comitato di specialisti incaricati di «formulare precise proposte programmatiche» in grado di divenire «in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche», è stata travisata e criticata in modo ingiusto e insolente. Giornali ed esponenti di partito - da destra ma anche da sinistra - hanno parlato di «commissariamento delle Camere», di «golpe», di «ritorno della monarchia», di «oligarchia alla corte di re Giorgio con sapore di inciucio», di «anomalia», di «presidenzialismo di fatto», di «scelta incostituzionale», di «badanti della democrazia»...

Un bombardamento per il quale il capo dello Stato oggi recrimina di sentirsi «lasciato solo dai partiti», senza che si sia voluto tenere conto di ciò che aveva spiegato davanti a cronisti e telecamere convocate al Quirinale sabato scorso, a chiusura del terzo (due compiuti da lui personalmente; un altro, più lungo, da Bersani) giro di infruttuose consultazioni per dar vita a un esecutivo.

Quel giorno - ecco la sua ricostruzione - ha pregato due gruppi di persone, diverse tra loro ma con alcune caratteristiche di competenza o istituzionali, di fare una specie di «quadro sinottico» di problemi da affrontare, tenendo conto delle posizioni che si sono espresse finora o aggiungendovi ciò che vorranno... Aveva in mente, insomma, un lavoro istruttorio che può facilitare il successivo compito per la formazione del governo.

Più d'uno ha rievocato, per diverse analogie, il famoso esempio dell'Olanda, dove nell'ottobre 2012 liberali e laburisti firmarono una pragmatica intesa, chiamata «Costruire ponti», per accordarsi su poche misure concrete, necessarie a traghettare il Paese al di là della crisi. Un'iniziativa condivisa tra forze antagoniste, «che però si parlano tra di loro, a differenza di quanto accade in Italia», e che hanno impiegato 44 giorni per raggiungere un'intesa. I comitati pensati dal presidente della Repubblica lavoreranno al massimo 8-10 giorni, e non c'è nulla di formalizzato per quanto li riguarda, nulla che consenta di dire che il Quirinale ha creato un nuovo Parlamento. In realtà, che c'entra il Parlamento, chi lo tocca?, si sfoga Napolitano.

Anche sulla controversa assenza delle donne tra i consulenti da lui messi insieme «con acrobatiche ricerche», va considerato che il capo dello Stato ha inserito i presidenti delle commissioni speciali che si sono costituite alla Camera e al Senato e che, sebbene certo gli dispiaccia che in quelle commissioni non vi sia una donna, non poteva farci niente. Anche qui, dal suo punto di vista, «si sfiora il ridicolo».

Quasi che lui avesse formato addirittura un governo senza metterci una donna. E, per di più, quasi che l'opera dei comitati possa proiettarsi su un orizzonte temporale indefinito, mentre sono entrambi legati al suo mandato e oltre questo termine non possono chiaramente andare. Lui raccoglierà quel che i due gruppi avranno svolto di riflessione, di analisi, di rassegna, lo manderà ai presidenti dei gruppi parlamentari e lo farà avere, raccolto in una bella cartellina blu, al proprio successore. Tutto qui, semplicemente. Ciò che adesso rende incomprensibili, per Napolitano, certe reazioni di sospetto. Come se avesse voluto fare chissà che cosa.

A questo quadro confusissimo e al limite dell'isteria si è giunti al termine di una «giornataccia» nella quale il presidente si era reso conto d'essere completamente paralizzato. Aveva dato un pre-incarico a Bersani che, a chiusura delle sue consultazioni, gli è però andato a dire di non essere riuscito ad assicurarsi nessuna garanzia per una maggioranza al Senato: soltanto impegni aleatori del Movimento 5 Stelle e mezze promesse della Lega. Non ha chiesto di poter continuare, il segretario dei democratici.

Né di veder trasformato il pre-incarico in un mandato pieno per costituire il governo, il che avrebbe implicato una formalizzazione con il giuramento e con il successivo insediamento a Palazzo Chigi insieme a tutti i ministri, anche se fosse stato battuto in Aula. Cose che Napolitano, quando ha incontrato il Pdl, aveva riferito, spiegando la propria scelta e ricevendo giudizi di apprezzamento per la correttezza dimostrata.

A questo punto è emerso, chiaramente e drammaticamente, lo stallo: 1) l'incarico a Bersani non poteva essere dato, pena un evidente rischio di fallimento; 2) la lista Monti si era dichiarata favorevole a far nascere un governo, ma solo se avesse avuto l'appoggio di entrambi i partiti maggiori; 3) il Pdl accettava unicamente un governo di larghe intese; 4) il Movimento 5 Stelle, al quale il presidente si era rivolto in modo serio e non polemico, era di fatto fuori gioco, perché quale governo si potrebbe mai formare sulla base di un 25 per cento?

Uno scenario bloccato - ragiona Napolitano - di fronte al quale sarà il nuovo presidente a prendere iniziative. Può formare il governo che crede opportuno e dare l'incarico e poi mettere il sigillo sulla lista dei ministri con il giuramento e mandarlo alle Camere... avendo comunque a disposizione già in partenza il potere di scioglimento a lui precluso. E potrà avvalersi pure dell'«istruttoria» compilata dai due gruppi di «facilitatori» (persone del tutto disinteressate o che sono già state coinvolte in commissioni analoghe in cui si era concordato qualcosa, anche se non è mai andato in porto), che il capo dello Stato insedierà stamane con la raccomandazione di verificare le distanze politiche.

Ossia di rispondere a qualche semplice domanda: davvero non ci sono posizioni convergenti su alcune priorità? Esistono dei punti di divergenza superabili? Sulle loro conclusioni i partiti si potranno fare le proprie valutazioni e magari decidere se potrà essere costruita un'alleanza, un qualche governo di coalizione su quelle basi.

E le dimissioni? Quanto ci si è arrovellato sopra, Napolitano? E perché non le ha date? La risposta, benché già riassunta nella nota che il presidente ha letto sabato al Quirinale, è la seguente: ha deciso di restare al suo posto per garantire un elemento di continuità, così come un elemento di certezza è per lui rappresentato dall'operatività del governo... Se si fosse limitato alle risultanze degli ultimi colloqui che aveva avuto, avrebbe dovuto riconoscere: «Sono conclusioni che fanno disperare della possibilità di governare questo Paese».

In definitiva, le sue dimissioni, che sarebbero state ampiamente motivate dalla paralisi nella quale si venuto a trovare (non poter dare alcun incarico, non poter formare alcun governo, non poter sciogliere) avrebbero contraddetto l'impegno di offrire un impulso di «tranquillità». Di dare la sensazione che «lo sforzo continua». Di confermare l'impianto del suo settennato, ispirato a «dare agli italiani un senso di comunità e di unità», come si è potuto vedere per il 150° anniversario della nostra Unità.

Giustamente il capo dello Stato ricorda quando, essendo uscita dalle urne una maggioranza, sia pur zoppicante come quella del 2006, per lui fu «uno scherzo» risolvere la crisi e formare un governo. Oppure quando si ebbe una maggioranza netta, come nel 2008, allo stesso modo non ci mise niente a insediare un esecutivo. O, infine, quando nel 2011 quella stessa maggioranza era franata, prima di dare l'incarico a Monti consultò i maggiori gruppi ed ebbe da loro la certezza che avrebbero dato la fiducia al premier tecnico, senza che lui lo mandasse al buio in Parlamento.

Se oggi qualcuno proponesse di affidare il mandato a un non-politico, si scatenerebbe l'iradiddio, tutti farebbero un fuoco di sbarramento perché ripetono che il governo dev'essere politico e basta... ed è su questi diktat che ogni chance si è impantanata. Quasi che non ci si renda conto, in una rincorsa di equivoci e ambiguità interessate, che il potere di nomina del capo dello Stato - come ha sottolineato il grande giurista Beniamino Caravita - «non è libero, illimitato, affidato alla sua insindacabile discrezione, bensì è un potere teleologicamente orientato: può e deve essere esercitato affinché il soggetto nominato abbia, secondo l'articolo 55 della Costituzione, «la fiducia delle due Camere».

Presto Napolitano avrà sul tavolo le conclusioni dei suoi consulenti (la parola «saggi», puntualizza, non l'ha mai pronunciata, anche perché può far credere a un percorso di lavoro di mesi, se non quasi permanente): dal 15 aprile saranno convocate le Camere che, se saranno già pronti i rappresentanti dei Consigli regionali, tra il 16 e il 18, cominceranno a votare per il nuovo presidente della Repubblica. Oltre non potrà andare. Ciò significa che, anche se il suo settennato costituzionalmente finisce il 15 maggio, molto probabilmente lascerà prima.

Per lui non è detto che il clima agitato di questi giorni si esasperi nel momento in cui i partiti dovranno eleggere il suo successore. Dopotutto, dice, il buon compromesso fa parte della politica. E rammenta quel che accadde nel 1999, nel contesto incandescente che registrava un centrodestra all'attacco e un centrosinistra profondamente vulnerato. Bene, in quel contesto, e senza che nessuno dei due fronti in competizione avesse minimamente disarmato, il Parlamento riuscì a mandare Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale con una larghissima maggioranza. Ricorda ancora il titolo dei giornali, Napolitano: «Accordo Berlusconi-D'Alema per eleggere Ciampi». Che è stato un ottimo presidente.

 

 

Giorgio Napolitano Giorgio Napolitano giorgio napolitano Giorgio Napolitano con la bandiera italiana dfa29 giorgio napolitanogiorgio napolitano GIORGIO NAPOLITANO Giorgio Napolitano bersani napolitanoNapolitano - BerlusconiMONTI NAPOLITANO

Ultimi Dagoreport

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO

donald trump

COME STA IN SALUTE DONALD TRUMP? DOPO LE FOTO HORROR DELLE CAVIGLIE FORMATO ZAMPOGNA DEL PRESIDENTE, ANCHE NEGLI STATES INIZIANO A FARSI DELLE DOMANDE - C’È UNA CORRENTE DEL PARTITO DEMOCRATICO, VICINA A BERNIE SANDERS, CONVINTA CHE LA SALUTE DI TRUMP SIA PIÙ TRABALLANTE DI QUANTO I MEDICI DELLA CASA BIANCA NON VOGLIANO AMMETTERE. I PUGNACI DEPUTATI DEM STAREBBERO VALUTANDO DI CHIEDERE L’ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE MEDICA INDIPENDENTE PER VALUTARE LE REALI CONDIZIONI DEL PRESIDENTE… - TRA INSUFFICIENZA CARDIACA E DEMENZA SENILE, SUI SOCIAL I COMPLOTTARI MORMORANO: "QUALUNQUE COSA NASCONDA, STA PEGGIORANDO"

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?