1. NEL SEQUESTRO C’ERA UN SETTIMO UOMO CHE HA FATTO DA TALPA, FORSE DA MANDANTE 2. DI CHI E’ IL CELLULARE CON SCHEDA FALSA CHE SI È AGGANCIATO ALLA CELLA TELEFONICA CONNESSA AL CAPOGANG LEONE E AL BRACCIODESTRO MAIER CHE ERANO SOTTO GLI UFFICI DI SPINELLI MENTRE I DUE ALBANESI RAPIVANO IL POVERO RAGIONIERE E LA MOGLIE? 3. VOLEVANO 35 MILIONI DA SILVIO BERLUSCONI, MA IN MANO AVEVANO UN BEL NIENTE. ERA VUOTA LA “CHIAVETTA” USB CHE I SEQUESTRATORI, COME PRESUNTO “TESORO” DA SCAMBIARE CON L'EX PREMIER, SVENTOLARONO DAVANTI AL RAGIONIERE GIUSEPPE SPINELLI 4. PERCHE’ IL CAPOBANDA LEONE NON PARLA COL GIP MA SOLO CON LA BOCCASSINI? 5. INCURIOSISCE CHE SPINELLI, ANCHE QUANDO ORMAI NON CORREVA PIÙ PERICOLI, ABBIA INSISTITO AFFINCHÉ BERLUSCONI PAGASSE UNA CIFRA ENORME (5 MILIONI) PER AUDIO E VIDEO CHE LUI STESSO AI PM HA DETTO DI NEMMENO AVER POTUTO VERIFICARE

1- IL BLUFF DELLA CHIAVETTA: I "RAPITORI" DI SPINELLI NON AVEVANO NULLA IN MANO
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"

Volevano 35 milioni da Silvio Berlusconi, ma in mano avevano niente. Era vuota la «chiavetta» informatica che i banditi, come presunto «tesoro» da scambiare con l'ex premier, sventolarono davanti al ragioniere Giuseppe Spinelli nella notte tra il 15 e 16 ottobre in cui sequestrarono a casa sua fino alle 9 del mattino il contabile del Cavaliere.
In quel supporto informatico, emerge dagli interrogatori di ieri, c'era un bel niente.

Tantomeno le «7 ore e 41 minuti di registrazioni che avrebbero danneggiato Carlo De Benedetti» in relazione alla sentenza sul lodo Mondadori, o il filmato di «una cena» complottarda del presidente della Camera Gianfranco Fini «con i giudici» del processo: due assi che, a detta dei banditi, «servivano al presidente Berlusconi anche a livello mondiale», e che Spinelli dice gli erano stati evocati in un foglio sgualcito A4 mostratogli (ma non lasciatogli) affinché ne telefonasse i contenuti a Berlusconi alle 8 del mattino.

LA SCUSA DEL COMPUTER
Non tutti i banditi coinvolti nell'azione sarebbero stati consapevoli del vuoto nella «chiavetta», alcuni l'avrebbero anzi scoperto solo in casa di Spinelli, al punto da dover rifugiarsi, agli occhi dell'ostaggio, nella scusa di problemi tecnici: «Al mattino, quando siamo usciti dalla camera da letto - racconta infatti Spinelli ai pm -, ho visto che il computer era acceso e ho detto "Beh meno male, siamo in grado di vedere sia il contenuto della chiavetta che quello del dvd", ma loro mi hanno detto che il sistema del computer non era compatibile con il programma su cui era stato registrato il dvd e la chiavetta. Ho replicato che avevo due videoregistratori, sia HiFi sia mono», ma i banditi risposero che «anche in questo caso non erano compatibili».

MATTINO NO, POMERIGGIO SÌ
Che la chiavetta fosse vuota è la spiazzante novità di una vicenda sempre più singolare, per la quale ieri sono stati interrogati 3 dei 6 arrestati per il sequestro lampo di Spinelli.
Gli albanesi Marjus Anuta e Laurenc Tanko, difesi dagli avvocati Maria Pia Licata e Monica Borsa, hanno risposto alla gip Paola Di Lorenzo, di fronte alla quale in mattinata nel carcere di Opera il presunto capobanda Francesco Leone si è invece avvalso della facoltà di non rispondere, come Pierluigi Tranquilli e Alessio Maier: salvo però di pomeriggio essere convocato in Procura dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari, cambiare rotta e cominciare con l'avvocato Antonio Pirolazzi a rispondere a un interrogatorio che, in attesa di essere ripreso in altra data, è stato intanto «secretato» dagli inquirenti.

«È VERO, C'ERAVAMO NOI»
I due albanesi hanno ammesso di essere quelli fisicamente entrati in casa Spinelli prima di Leone. Anuta, accreditando per sé un ruolo marginale, ha spiegato che pensava di dover solo aspettare un complice, ha giurato che l'accordo iniziale tra i banditi era che a nessuno dovesse essere fatto del male, e ha rimarcato di aver trattato bene la coppia, come in effetti aveva già raccontato la moglie di Spinelli a proposito del bandito che raccolse gli occhiali rotti del marito, rimboccò una coperta e rassicurò «stia tranquilla, signora, anch'io ho una mamma». Tanko ha invece aggiunto che a proporgli il «lavoro» era stato Leone, conosciuto in carcere dove l'albanese scontava 13 anni.

È dunque immaginabile che sia Leone l'unico in grado di spiegare se l'azione sia stata sin dall'inizio un tentativo di estorsione giocato con un colossale bluff ai confini della truffa (e però allora anche del buon senso, visto che il sequestro può costare 20 anni di galera); e perché nei giorni successivi i banditi parlassero di «8 milioni di euro» o di «valigia di soldi».

UN RITARDO SEMPRE PIÙ STRANO
A fronte di rapitori che non mostrano l'asso vantato, che al mattino in cambio di niente liberano ugualmente i due ostaggi accontentandosi che Spinelli riparli con Berlusconi, e che di pomeriggio si accontentano di un'altra risposta evasiva del contabile, stupisce dunque sempre di più che Spinelli, l'ex premier e l'avvocato Ghedini abbiano deciso di denunciare solo alle 16.20 del 17 ottobre, con 31 ore di ritardo, il sequestro-lampo finito già alle 9 del 16 ottobre.

Secondo Ghedini, Spinelli per paura avrebbe rivelato il sequestro solo il 17 ottobre, mentre a mezzogiorno del 16, pur ormai libero con la moglie, «non fece cenno al sequestro, limitandosi a dire che le persone con cui aveva parlato erano state pressanti»; e «aggiunse che, a suo parere, si potevano avere i documenti versando una prima tranche di 5 milioni».

L'iniziale reticenza appare tuttavia poco conciliabile con l'idea che il collaboratore di Berlusconi da una vita, una delle persone a lui più sinceramente fedeli, riservato ufficiale pagatore delle sue spese personali (come i soldi a Ruby e alle ragazze del bunga-bunga), anche da libero abbia tenuto nascosto al premier e al suo legale un fatto delicatissimo come il sequestro-lampo. E incuriosisce che Spinelli, anche quando ormai non correva più pericoli, abbia insistito affinché Berlusconi pagasse una cifra enorme (5 milioni) per audio e video che lui stesso ai pm ha detto di nemmeno aver potuto verificare.

2. L'ANELLO MANCANTE - NEL SEQUESTRO SPINELLI C'ERA UN SETTIMO UOMO (O UNA DONNA?) CHE HA FATTO DA TALPA, FORSE DA MANDANTE - UN TELEFONO CON SCHEDA FALSA SI È AGGANCIATO ALLA CELLA INSIEME AL "GUASTATO" E ALLO ZANZA, CHE ERANO SOTTO GLI UFFICI DI SPINELLI MENTRE I DUE ALBANESI RAPIVANO IL RAGIONIERE E LA MOGLIE -
Paolo Colonnello per "la Stampa"

Come in tutti sequestri di persona che si rispettino, anche in questo scombiccherato rapimento del ragionier Spinelli, esiste sicuramente una «talpa», un «basista». Forse, addirittura un - o una - mandante che spunta dalle indagini.

E questo spiegherebbe perché ieri mattina e ieri pomeriggio gli interrogatori di Francesco Leone e Alessio Maier, i protagonisti principali di questa vicenda, sono andati a vuoto, nel senso che entrambi gli arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, non solo davanti al gip, ma anche nell'interrogatorio successivo davanti al pm Paolo Storari: un incontro durato poco meno di un'ora che comunque, anche solo per coprire le domande dell'inquirente, è stato secretato. L'inchiesta insomma potrebbe rivelare ancora delle sorprese. «Non c'è nulla di chiaro in questa storia, non scartiamo nessuna ipotesi», dice il Procuratore Bruti Liberati.

Manca dunque un anello fondamentale per chiudere il cerchio di questa storia: il «basista», una persona cioè vicina all'entourage di Berlusconi - e quando si dice «entourage» bisogna intenderlo nell'accezione più ampia del termine, comprendendo anche e soprattutto le allegre brigate delle «cene eleganti» di Arcore che, come da una famosa intercettazione di Nicole Minetti, potevano comprendere «di tutto... la disperacion più totale...» - che in qualche modo ha pensato di tradire e ricattare il Cavaliere, mettendo insieme un piano complesso e al tempo stesso bislacco, risoltosi, a quanto pare, in un nulla di fatto.

Qualcuno che doveva anche conoscere bene le monotone abitudini del contabile di Berlusconi, i suoi orari, la sua riservatezza, la sua vulnerabilità. Perché un sequestro del genere non si organizza da Bari o da Como solo sulla base della lettura dei giornali.

È vero: Spinelli negli ultimi mesi aveva assunto una certa notorietà, ma era anche l'unico che aveva a che fare con quel giro del «bunga bunga» che a lui si rivolgeva per paghette e affitti. Un sottobosco di personaggi non sempre raccomandabili. L'esistenza di questo «settimo uomo» lo si deduce dagli spostamenti della sera di lunedì 15 ottobre scorso dei due principali protagonisti della banda, ovvero «o 'uastat» Francesco Leone e lo «zanza» Alessio Maier, monitorati a posteriori attraverso le celle telefoniche delle loro schede.

Una ricostruzione dei loro percorsi rivela infatti che alle 22, mentre i due «manovali» albanesi Marius Anuta («il buono») e Ilirjan Tanko («il duro») facevano irruzione nell'appartamento a Bresso di Spinelli e consorte, Leone e Maier arrivavano in un posto molto particolare: sotto il palazzo Bernini di Segrate a Milano Due, ovvero davanti agli uffici del ragioniere dove ogni lunedì si svolgeva la «questua» delle Olgettine. I due balordi si fermano davanti agli uffici di Spinelli per oltre un'ora.

Per quale motivo? Scrive il gip nella sua ordinanza che il giorno del sequestro: «Leone... alle ore 21,11 si ferma a Lainate dove potrebbe avere incontrato l'utilizzatore dell'utenza intestata a Canahuire Huaman Juan Carlos (peruviano, nome di fantasia cui fa capo la sim card, ndr) che aggancia la medesima cella; dalle 22,11 alle 23,14 si ferma a Segrate, agganciando continuativamente una cella compatibile con lo studio di Spinelli; verosimilmente si trova in compagnia di Alessio Meier, la cui utenza aggancia la medesima cella dalle ore 22,10 alle 23,12; si trova verosimilmente altresì in compagnia dell'utilizzatore dell'utenza intestata a Canahuire Huaman Juan Carlos che, alle 23,14 aggancia la medesima cella. In questa fascia oraria vi sono contatti, a partire dalle 21.42 (ora d'ingresso dei sequestratori nella casa di Spinelli) con l'utenza intestata a Tanko Ilirjan, che si trova sempre a Bresso».

Riassumendo: Leone e Meier, la sera del 15 ottobre invece di andare subito a casa Spinelli, se ne stanno un'ora davanti agli uffici del «ragiunat» a Milano Due e s'incontrano con un misterioso personaggio che evidentemente conosce bene quel posto. Perché? Per raccontargli probabilmente che l'operazione Spinelli era cominciata, una certezza di cui quel «qualcuno» ha bisogno, forse prima di consegnare a Leone il «materiale», ovvero chiavetta usb e dvd, con cui mettere in atto il ricatto al Cavaliere.

E in effetti, riavvolgendo la pellicola del film raccontato dai coniugi Spinelli, la vera stranezza della modalità di questo sequestro, al di là delle preghiere col rosario e del bandito buono che rimbocca le coperte alla signora Anna, è che i due rapitori albanesi obbligano i coniugi a starsene seduti sul divano di casa per oltre 4 ore, in attesa «dell'arrivo di un personaggio molto importante», ovvero Leone, il capo.

Che si palesa solo alle due del mattino con in mano l'unica vera arma di tutta questa storia: «il filmato» di «7 ore e 41 minuti» che però, racconta Spinelli, nessuno quella sera sarebbe riuscito a vedere. E di cui forse nemmeno Leone conosce il reale contenuto non avendolo mai potuto visionare prima. Di che filmato si tratta? Che il ricatto si basasse su documenti relativi al Lodo Mondadori, sembra sempre più improbabile: tra sentenze penali e civili in giudicato, più che una cena tra magistrati e Carlo De Benedetti per cambiare «il corso del Lodo Mondadori», ci sarebbe voluta una bomba atomica.

E poi c'è quello strano riferimento al «dottor Forno», che sembra legare il ricatto più ai risvolti pecorecci dell'inchiesta Ruby che a quelli finanziari-corruttivi del Lodo. Di certo l'ultimo contatto dei rapitori con il misterioso personaggio della scheda peruviana avviene la mattina del 16 ottobre, a Bresso, un'ora dopo che gli Spinelli sono stati «liberati», come se il materiale dovesse essere riconsegnato. Poi i monitoraggi non riveleranno mai più la sua presenza. Così come non si ritroveranno più i documenti da vendere, per 35 milioni di euro, a Berlusconi.

 

 

Giuseppe Spinelli contabile di fiducia di Silvio Berlusconi article la banda che ha sequestrato spinelli PIERLUIGI TRANQUILLIGli inquirenti che indagano sul caso Spinelli SILVIO BERLUSCONI CARLO DE BENEDETTIfini e berlusconiNiccolo GhediniBerlusconi e Ghedini FRANCESCO LEONE CAPO DELLA BAND CHE HA RAPITO SPINELLI ALESSIO MAIER E FRANCESCO LEONE ALLO STADIO FOTO POLIZIA DI STATO edmondo_bruti_liberatiNICCOLO GHEDINI PARLA CON ILDA BOCCASSINI jpegILDA BOCCASSINI IN VERSIONE TOTAL ORANGE Laurenc Tanko INGRESSO DI CASA SPINELLI A BRESSO Marjus Anuta ALESSIO MAIER E FRANCESCO LEONE ALLO STADIO FOTO POLIZIA DI STATO CASA SPINELLI A BRESSO

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