
CON LE BOMBE SUL QATAR, NETANYAHU E' DIVENTATO IL NEMICO NUMERO UNO DELLE MONARCHIE DEL GOLFO - DOPO QUASI DUE ANNI DI GUERRA A GAZA, SAUDITI, QATARINI E EMIRATINI REAGISCONO (PER ORA SOLO A PAROLE) ALL'ATTACCO ISRAELIANO SU DOHA -- IL BOMBARDAMENTO DI "BIBI" TUMULA GLI ACCORDI DI ABRAMO (CON BUONA PACE DEGLI EMIRATI DA SEMPRE PIÙ VICINI A TEL AVIV) - L'IPOTESI DI UNA "NATO" DELLE NAZIONI ARABE PER RISPONDERE ALLE FUTURE AGGRESSIONI...
Estratto dell'articolo di Alessia Melcangi per "la Stampa"
Un discorso diretto, coraggioso e per nulla reticente nel condannare quanto sta avvenendo in Israele tanto quanto l'attacco in Qatar, è quello tenuto da uno dei maggiori componenti della monarchia Saudita, il Principe Turki Al-Faisal, Presidente del King Faisal Center for Research and Islamic Studies, in occasione dell'evento "Palermo, crocevia del Mediterraneo" organizzato da Med-Or Italian Foundation nella, mediterranea appunto, cornice palermitana.
È sembrato abbastanza chiaro fin da subito che il bombardamento militare israeliano in Qatar di qualche giorno fa, oltre a cercare di eliminare i leader di Hamas seduti al tavolo delle trattative per un cessate il fuoco, voleva nei fatti compromettere definitivamente la stessa possibilità di tregua.
L'operazione Carri di Gedeone 2, così chiamata dal governo israeliano, che prevede l'occupazione della città di Gaza, non può essere bloccata in corsa, come ha fatto capire con i fatti non soltanto il Primo ministro israeliano Netanyahu, ma soprattutto la coalizione di estrema destra massimalista e messianica guidata dal ministro delle finanze Smotrich e da quello della sicurezza nazionale Ben-Gvir.
Infatti, i carri armati israeliani hanno continuato a procedere, senza sosta, nella loro marcia funesta continuando a distruggere e a uccidere ciò che rimane ancora della Striscia di Gaza e dei suoi abitanti. Al contrario, meno prevedibile era la reazione dei paesi arabi, per lo più silenti e intrappolati nell'inazione, all'aggressione di Doha.
La levata di scudi richiesta dal Qatar e la chiamata in causa di tutto il mondo arabo e musulmano a reagire contro Tel Aviv ha dimostrato che gli Stati arabi e musulmani non solo non abbiano digerito l'offensiva israeliana, ma che siano pronti, almeno a parole, a ritrovare quella unità di intenti e quella cooperazione via via persa a sostegno di Gaza e dei palestinesi.
Colpire Doha, uno dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, impegnato in una difficilissima mediazione grazie al canale aperto con Hamas, violando lo spazio aereo di un paese sovrano, è stato, al di là di ogni altra considerazione, un enorme passo falso da parte di Israele.
donald trump benjamin netanyahu
Il quale ha provocato il seppellimento, probabilmente definitivo, degli Accordi di Abramo, con buona pace degli Emirati da sempre più vicini a Tel Aviv, e, soprattutto la percezione che sia in atto un pericoloso cambiamento sistemico a livello internazionale e regionale guidato dal rovinoso duetto Trump-Netanyahu.
Nessuna garanzia esterna di protezione: lo storico alleato da Washington annuisce, pur non sempre contento, a ogni decisione presa da Tel Aviv; nessuna garanzia di essere esclusi dal mirino di Israele: il Golfo ne era convinto fino al giorno di Doha; nessuna possibilità di frenare il progetto violento di Netanyahu: l'azione israeliana procede senza tener conto di vecchie, nuove e possibili alleanze e si predispone a creare un nuovo ordine regionale secondo le regole da loro stabilite; nessuno stato di Palestina, nessun futuro per i palestinesi.
DONALD TRUMP E BENJAMIN NETANYAHU ALLA CASA BIANCA
Ed ecco che ritorna la questione palestinese: ciò che non sono riusciti a fare decenni di tensioni e conflitti tra Israele e Hamas – che hanno visto piuttosto il dileguarsi progressivo di ogni tipo di intervento e attenzione degli stati regionali – è riuscito a realizzare Israele stesso, spingendo contemporaneamente quanto più vicino attori anche ideologicamente e politicamente distanti tra loro, e quanto più lontano la normalizzazione con Israele.
Cosa fare adesso? Suona inaspettato che siano le parole del Principe Al-Faisal a ricordarci l'importanza del ruolo dell'Europa per promuovere la pace globale, nonostante l'Occidente abbia sempre mostrato di favorire «due pesi e due misure», soprattutto quando si tratta delle questioni del Medio Oriente. [...]